È il disco che nel 2005 fece diventare Sufjan Stevens, oggi quarantunenne, il cantautore più inventivo di questo millennio: e in effetti dopo se ne inventò molte altre, ma nessuna superò questa, con un barocchismo di arrangiamenti spericolato.
Una di quelle raccolte che sono un classico pur essendo delle raccolte, perché ci sono dentro solo capolavori e perché ha avuto un successo prolungato che l'ha fatta diventare il luogo di accesso di molti fans verso le cose di Simon e Garfunkel. Se volete, invece, potete prenderli dalla fine, quando si riunirono per il Concerto in Central Park, disco doppio.
Tra i molti dischi eccezionali degli Steely Dan - band che veniva definita di "jazz rock" per la sua inclinazione ad arrangiare in modo molto ricercato e ricco il proprio rock - questo ha una sua omogeneità particolare (sette canzoni, alcune piuttosto lunghe) e vinse un Grammy per la qualità del suono.
Lui ha vinto il Mercury Prize nel 2015, con questo disco di debutto e una voce e un modo di cantare particolarissimi, e una storia di cantante di strada.
Un classico del coté più cool/raffinato degli anni Ottanta, quello che aveva con sé gli Style Council, Carmel, gli Everything but the girl. Lei fece un successone, che poi non le riuscì più, anche se ci sono cose buone pure nei dischi successivi. Una gran serie di belle canzoni notturne ma con ritmo.
Il quarto disco dei Dire Straits, con cui presero una piega più ricercata e ardita: cinque canzoni, quattro delle quali oltre i sei minuti, per non dire della prima, "Telegraph road", che supera i quattordici (e a Sanremo dove la presentarono, "Private Investigations" sembrò piuttosto strana).
Furono una band di grande popolarità britannica grazie soprattutto a due canzoni che arrivarono anche da noi, "Come on Eileen" e "Geno": ma il loro disco migliore è questo, un flusso di coscienza, musica, borbottii e ritmi formidabili un po' blues e un po' irlandesi.
Uno dei momenti più country di Neil Young, ma sempre un momento Neil Young, quindi coi violini e le armoniche ma canzoni e testi mai banali, e passaggi rock imbattibili, come in "Alabama" e "Words".
Il disco dance di maggior successo dell'ultimo decennio, e di rara continuità per un disco del genere, con ogni pezzo una trovata, o anche molte trovate, e un tributo all'elettronica dei tempi della discomusic.
Il suo primo disco, "O", non è stato ancora ristampato in vinile, era quello che conteneva la memorabile "The blower's daughter". Ma anche il terzo, uscito nel 2014, è una meraviglia, forse con la sola eccezione della prima canzone, più debole.
La produzione discografica degli Smiths è sempre stata molto ricca ed eclettica, con singoli e lati B sparpagliati ed estranei agli LP o canzoni incluse in uno o in un altro disco. Il risultato è che, insieme al grande culto della band, questo è diventato un fattore di rarità e grande valore di molti loro dischi in vinile. Però diversi sono stati ristampati, come questo del 1986, che comprende tra le altre canzoni memorabili una che è forse la loro più amata, "There is a light that never goes out" (Una precedente versione di questo testo diceva erroneamente che si trattasse di una raccolta, confondendola con successivo "The world won't listen". Chiediamo scusa)
Il primo disco di una grande rockband americana degli anni Novanta, nel filone del rilancio del rock "duro e puro" di quel tempo: uscì nel 1993 ed ebbe un successo mondiale che non replicarono più in quella misura, anche grazie alla canzone "Mr. Jones".
Il secondo disco di Anita Baker, cantante soul anni Ottanta di voce profonda e dolce, che ebbe un successone mondiale. Uscì nel 1986 e vinse due premi Grammy per la canzone "Sweet love" e per la migliore interpretazione femminile "R&B"
Scelta banale quanto volete, ma dal 1973 continua a essere un disco perfetto, perfette le sue canzoni, perfetta la loro successione, perfetti i suoni, se non vi spiazza ogni volta quella festa di squilli di orologi.
L'ultimo disco di David Bowie, pubblicato il giorno del suo compleanno nel 2016 e due giorni prima della sua morte: non un disco esemplare di Bowie, che si inventò cose diverse fino all'ultimo, ma di eccellente omogeneità e in una confezione estetica molto cool.
Fu una grande invenzione stilistica e musicale di Donald Fagen, uno dei due della già inventiva band degli Steely Dan, che recuperò un'estetica da America anni Cinquanta e un suono moderno e antico insieme, buono per i sintetici ed estetici anni Ottanta.