Lo scandalo di BT in Italia
Secondo un'indagine interna, la divisione italiana del grande gruppo di telecomunicazione britannico per anni ha truccato i suoi conti
Secondo i principali giornali economici internazionali, Corrado Sciolla, il capo della divisione europea di BT – la più grande società di telecomunicazione britannica, già conosciuta come British Telecom – si dimetterà a breve in seguito a uno scandalo che ha coinvolto la divisione italiana della società. Secondo un’indagine interna, condotta con l’aiuto della società di revisione KPMG, BT Italia per anni ha truccato i conti per gonfiare i suoi guadagni. Lo scandalo ha costretto BT a tagliare di 530 milioni di sterline (circa 620 milioni di euro) il valore della sua divisione italiana.
Da ieri il titolo di BT, quotato alla borsa di Londra, ha perso circa il 20 per cento del suo valore. BT Italia ha circa 80 mila clienti nel nostro paese, soprattutto imprese, e nel giugno del 2016 ha vinto un importante appalto per fornire servizi internet alla pubblica amministrazione. I primi sospetti contro la divisione italiana erano emersi la scorsa estate e l’indagine interna è iniziata a ottobre. Da allora la società ha sospeso diversi manager che hanno poi lasciato l’azienda, tra gli altri l’ex CEO Gianluca Cimini e l’ex COO Stefania Truzzoli. Martedì la procura di Milano ha annunciato di aver aperto un’inchiesta sul caso.
In seguito allo scandalo, la società ha annunciato che non farà profitti per l’anno fiscale in corso e nemmeno per il prossimo, che terminerà a marzo 2018. Il crollo nel valore delle azioni e la mancanza di profitti sono una pessima notizia per chi possiede azioni della società, tra cui ci sono un milione di piccoli risparmiatori. BT è stata una delle prime società pubbliche a essere privatizzate dal governo britannico di Margaret Thatcher, all’inizio degli anni Ottanta. Moltissimi privati acquistarono le azioni della società e le hanno conservate nei loro portafogli di titoli fino a oggi.