• Italia
  • Martedì 24 gennaio 2017

Come funziona un gruppo di “Controllo del vicinato”

A Treviolo, in provincia di Bergamo, ci sono 1.000 persone che tengono un occhio aperto, si scrivono su WhatsApp e, se serve, chiamano la polizia

(Ian Forsyth/Getty Images)
(Ian Forsyth/Getty Images)

Repubblica ha raccontato la storia di un numeroso gruppo di “Controllo del vicinato” in Italia, che si trova a Treviolo, in provincia di Bergamo. I gruppi di “Controllo del vicinato” sono organizzazioni informali di vigilanza locale, nate negli Stati Uniti negli anni Sessanta e che negli ultimi anni sono arrivate anche in Italia: sono gruppi di abitanti dello stesso quartiere o isolato che decidono di condividere informazioni e responsabilità per vigilare sulla “sicurezza” del posto dove abitano, e chiamare la polizia nel caso notino qualcosa di sospetto. Il gruppo di Treviolo è composto da circa 1.000 persone sui 10.000 abitanti (quindi non da “tutto il paese”, come dice invece il titolo dell’articolo), che comunicano tra di loro usando anche WhatsApp.

Eugenia Bonati ha 83 anni, qualche reumatismo e uno smartphone nuovo di zecca che usa soprattutto con «Ua-stàp, o come si dice». «WhatsApp, mamma». «Ua-zàp, ecco. Lo uso contro i ladri, come tutti qui a Treviolo». Eugenia è una delle sentinelle del paese, diecimila abitanti vicinissimi a Bergamo, quattro frazioni, quattro parrocchie, quattro campi sportivi, un teatro. E un gruppo di Controllo del vicinato di 1.001 persone, l’esempio più importante in Italia di questo sistema nato nel 2013 e diffuso più in provincia che in città, dove la gente forse se ne frega dei furti e delle truffe. Qui è il contrario, e a tutti importa se qualcuno ha subito un assalto in casa, o una truffa. La gente partecipa, si dispiace e soffre. La storia è cominciata il 15 dicembre 2015, quando Silvana Fregeni è tornata dopo la spesa «e mi avevano portato via tutto! L’oro, catenine, medagliette, gioielli. Telefoni, tv, computer, giubbotti, le maglie di mio marito. Un trauma. Allora Francesco e altri si sono dati da fare».

Francesco Ferrari aveva sentito parlare del Controllo del vicinato e ha cominciato a raccogliere idee e persone. «Poche regole, ma chiare. Non siamo una ronda, non siamo una chat, perciò niente chiacchiere inutili». E anche la parola “sentinelle” non gli piace granché, ma nella provincia ricca del Nord, Varese, Brescia, Bergamo, la Brianza, il Nordest, ci sono più soldi, da sempre, e i predoni scorrazzano. Quindi, autodifesa. «Prima regola: mai intervenire. Bisogna chiamare il 112». Forse l’unico che ha trasgredito la regola è stato proprio lui: «Un vicino ha notato un tizio che si stava arrampicando su una casa accanto alla mia. Mi ha chiamato. Sono uscito. Anzi, ho messo solo la testa fuori perché sono convinto che è meglio un coniglio vivo che un leone morto. L’ho visto. Ho urlato. Altri vicini sono usciti e hanno cominciato a gridare. Ho rischiato. Dopo mi son dato del pirla da solo».

(Continua a leggere sul sito di Repubblica)