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  • Venerdì 4 novembre 2016

Come procedono le indagini sulla morte di Tiziana Cantone

La procura di Napoli ha chiesto l'archiviazione nei confronti di quattro persone denunciate per la diffusione dei video online, mentre prosegue l'inchiesta per induzione al suicidio

Il funerale di Tiziana Cantone, 15 settembre 2016 (ANSA/ CIRO FUSCO)
Il funerale di Tiziana Cantone, 15 settembre 2016 (ANSA/ CIRO FUSCO)

La Procura di Napoli ha chiesto l’archiviazione nei confronti di quattro persone denunciate per diffamazione da Tiziana Catone, trentunenne che lo scorso 13 settembre si era suicidata apparentemente per via della diffusione online – iniziata nella primavera del 2015 – di alcuni video privati che aveva girato durante rapporti sessuali con un uomo.

Il fascicolo per cui è stata chiesta l’archiviazione riguarda quattro uomini indagati per diffamazione contro cui Cantone aveva presentato un esposto e a cui, secondo una prima versione della storia, la stessa Cantone, tra dicembre 2014 e gennaio 2015, aveva mandato via Whatsapp delle fotografie in cui appariva in costume da bagno o a seno nudo e dei video di atti sessuali. Anche se durante gli atti ripresi nei video Cantone era consenziente, non aveva acconsentito alla loro diffusione online. La richiesta di archiviazione per questa indagine è stata fatta dal pubblico ministero Alessandro Milita e dal procuratore aggiunto Fausto Zuccarelli secondo i quali non ci sono i presupposti per proseguire. Il giudice per le indagini preliminari potrà ora accogliere o respingere l’istanza della Procura.

Dopo la morte di Cantone diversi giornali avevano pubblicato estratti delle tre testimonianze date dalla donna ai magistrati. Nella prima, di aprile 2015, Cantone diceva di aver perso il suo iPhone e sosteneva che i video pornografici fossero stati messi su Internet da qualcuno che l’avevo ritrovato. Nella seconda, del 20 maggio 2015, Cantone aveva cambiato la sua versione, dicendo che pensava che fossero stati i quattro uomini a cui aveva mandato i video a diffonderli. Infine, a ottobre 2015, Cantone era tornata in Procura per dire che non voleva accusare quegli uomini: li aveva nominati solo perché potevano avere qualche informazione sui responsabili della diffusione dei video. La sezione reati informatici della Procura di Napoli aveva aperto comunque un fascicolo sul reato di diffamazione, ma non su quello di violazione della privacy perché i magistrati non ritennero dimostrabile che Cantone avesse detto ai quattro (o cinque) uomini di non diffondere video e fotografie.

Prosegue invece l’inchiesta sull’induzione al suicidio della Procura di Napoli Nord aperta contro ignoti il 14 settembre, dopo la morte di Cantone. L’indagine era cominciata con il sequestro di due telefoni cellulari, due tablet e una macchina fotografica di Sergio Di Palo, che al tempo dei video era il fidanzato di Cantone. I dispositivi saranno sottoposti a una perizia tecnica della Procura. Di Palo non è indagato per il momento, ma gli investigatori vogliono verificare che qualcuno dei video non fosse stato archiviato anche da lui e magari successivamente diffuso. Di Palo e Cantone si erano lasciati dopo che i video avevano iniziato a circolare, ma erano rimasti in contatto perché Di Palo aveva accompagnato Cantone da un avvocato per fare ricorso al Tribunale civile di Aversa per ottenere la rimozione delle sue immagini da siti internet e motori di ricerca.