Perché è così piacevole grattarsi
Sappiamo pochissime cose del prurito, salvo che ha qualcosa in comune col dolore e che la reazione che ci impone è una sorta di ricompensa
Uno degli innumerevoli corollari della legge di Murphy dice che “l’intensità del prurito è direttamente proporzionale alla formalità del contesto in cui ci si trova”, e in effetti prima o poi è capitato a tutti di avere un insostenibile prurito da qualche parte e non potere ricorrere a una liberatoria e plateale grattata. A volte è l’idea stessa del prurito a fare avvertire questa sensazione: non è escluso che vi sia venuta proprio in questo momento. Benché sia un’esperienza che ci accompagna da sempre, a oggi non ci sono definizioni e classificazioni soddisfacenti del prurito: i ricercatori sanno che ha molte cose in comune con le sensazioni di dolore, ma che porta a risposte comportamentali diverse.
Prurito e dolore
Come ricorda Jason G Goldman su BBC Future, la definizione di prurito più diffusa e accettata in ambito scientifico risale a tre secoli e mezzo fa, quando il medico tedesco Samuel Hafenreffer disse che il prurito “è una sensazione sgradevole che porta al desiderio o al riflesso di grattarsi”. Non è una definizione che brilla per originalità, eppure aiuta a isolare il problema: se ti sei grattato da qualche parte vuol dire che la causa era il prurito, e che va quindi indagato ciò che lo ha scatenato.
Secondo la maggior parte dei ricercatori, prurito e dolore sono parenti stretti. La pelle è disseminata di terminazioni di neuroni sensoriali che si chiamano nocicettori: hanno il compito di segnalare un danno al tessuto su cui si trovano e le sensazioni di dolore al cervello. Ce ne sono un’infinità, sono minuscoli e presenti in buona parte dei tessuti del corpo, fatta eccezione del cervello. Secondo la “teoria dell’intensità”, una loro attivazione lieve porta alla sensazione di prurito, mentre una più intensa fa percepire del dolore. La “teoria della specificità” ipotizza invece che ci siano set diversi di nocicettori per il prurito e per il dolore. Altri ancora ipotizzano che i neuroni sensoriali coinvolti siano gli stessi, ma che inviino segnali diversi a seconda delle circostanze.
Il piacere di grattarsi
Naturalmente prurito e dolore portano a sensazioni diverse tra loro e condizionano anche la nostra risposta. L’esempio classico è quello della mano sopra la fiamma di una candela: dopo alcuni secondi il bruciore diventa doloroso e viene istintivo allontanare la mano dalla fonte di calore. Il prurito in un certo senso funziona al contrario: porta l’attenzione verso un punto specifico del corpo e induce a raggiungerlo per mettere fine alla sensazione di fastidio. Da un punto di vista evolutivo questa reazione può essere stata un vantaggio: la sensazione di prurito induce a ispezionare l’area interessata e a grattarla, allontanando insetti, parassiti, piante e altre sostanze potenzialmente dannose per la salute. La sensazione di sollievo che si prova è tale da funzionare come una sorta di ricompensa, che rafforza il comportamento virtuoso.
Quindi perché ci grattiamo?
Nonostante siano state dedicate numerose ricerche per approfondire le cause del prurito, a oggi ci sono ancora moltissime cose ignote sul fenomeno e di conseguenza sul perché venga da grattarsi. Una decina di anni fa, un gruppo di ricercatori della Wake Forest University (North Carolina) eseguì test su 13 volontari in salute, sottoponendoli a una risonanza magnetica (RM) per osservare quali aree del cervello si attivano quando ci si gratta. Mentre i volontari si trovavano all’interno dello scanner per la RM, i ricercatori si misero a grattare le loro gambe a intervalli regolari ogni 30 secondi. Si è così scoperto che anche senza la sensazione di prurito, grattarsi stimola le aree del cervello che gestiscono i ricordi e il piacere, mentre reprime quelle legate alle sensazioni di dolore e alle emozioni.
I ricercatori notarono inoltre che grattarsi produce una sorta di compulsione a ripetere il gesto, proprio perché è in qualche modo legato al concetto di ricompensa: quindi, più lo si fa, più si sta meglio, sotto questo punto di vista. La scoperta sembra confermare l’ipotesi che grattarsi abbia costituito un vantaggio evolutivo: il riflesso che porta a farlo ha permesso di tenere alla larga insetti e altri agenti esterni pericolosi, favorendo la sopravvivenza. E questo non è valso solo per gli esseri umani, ma per una enorme schiera di animali, che rispondono al prurito grattandosi con le zampe: i cani lo fanno in risposta a stimoli di vario tipo, e li aiuta a sbarazzarsi delle zecche, per esempio.
Le prove raccolte da ricerche come quelle nel North Carolina hanno fornito qualche elemento in più per comprendere l’importanza di grattarsi, ma ci sono ancora molte cose da chiarire sulle cause, a partire dal prurito. Questa sensazione non coinvolge sempre direttamente il cervello ed è strettamente legata al midollo spinale, la parte del sistema nervoso centrale che si trova al di sotto del cranio e che si prolunga all’interno delle vertebre. Nel cervello non c’è infatti un’area che si occupa del prurito, la sensazione viene gestita più a valle e, in modi che non sono ancora chiari, il midollo sa quando grattarsi può essere utile e quando no.
Massaggi
C’è un altro comportamento simile al grattarsi che porta a qualche effetto positivo: massaggiarsi e frizionare una parte del corpo dopo che si è presa una botta. In generale, i nervi sono in continua attività e inviano di continuo segnali, che confluiscono nel midollo e nel resto del sistema nervoso centrale dove vengono interpretati: alcuni sono costantemente ignorati, altri si fanno sentire quando emerge una differenza che merita di essere considerata. Semplificando, possiamo immaginare che nel midollo spinale ci sia una sorta di cancello, che permette ai segnali di raggiungere il cervello: sbatti il mignolo del piede contro la gamba del letto, i nervi periferici si attivano, il segnale supera il cancello e abbiamo la consapevolezza di esserci fatti male.
Massaggiare il piede non aiuta a ridurre l’infiammazione, ma attiva comunque nervi più grandi, sensibili al tatto e alla pressione, che a loro volta inviano segnali al cervello passando per lo stesso cancello, facendo concorrenza a quelli del dolore. Il massaggio induce inoltre la produzione di endorfine, responsabili delle sensazioni piacevoli che aiutano ad alleviare la sensazione dolorosa. Dolore e prurito sono parenti stretti, così come massaggiarsi una parte del corpo e grattarsi, ipotizzano i ricercatori, che però non sono ancora riusciti a capire nel dettaglio perché grattandosi si disattivi la sensazione di prurito.
Cause psicologiche
La fase acuta in cui una parte del corpo prude molto è di solito associata alla puntura di un insetto, o a un’infezione della pelle di qualche tipo. In alcune persone il prurito diventa invece cronico a causa di problemi alla pelle, come un eczema o la psoriasi, o di malattie più gravi che non fanno funzionare a dovere il sistema nervoso, come l’AIDS, alcuni linfomi e disordini alla tiroide. A queste cause si affiancano quelle psicologiche, che portano ad avvertire una continua sensazione di prurito anche se non c’è nulla che l’abbia causata. Nel lungo periodo, un disturbo di questo tipo porta la pelle a danneggiarsi a causa del continuo grattarsi e di conseguenza produce ulteriori irritazioni, che fanno peggiorare il problema.
Come gli sbadigli, il prurito è una reazione contagiosa. Molti medici dicono di sentire prudere da qualche parte dopo che hanno visitato pazienti con malattie che causano quella sensazione. Per verificare la contagiosità del prurito, alla fine degli anni Novanta un gruppo di ricerca mise in scena una finta conferenza sul tema per verificare se inducesse i partecipanti tra il pubblico a grattarsi. Furono piazzate alcune telecamere nascoste e si notò che in effetti le persone si grattavano molto più di frequente rispetto a una seconda parte dell’incontro, dedicata a tutt’altro tema.