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  • Venerdì 4 marzo 2016

Il giardino dei Finzi Contini per chi non l’ha ancora letto

Oggi è il centenario di Giorgio Bassani, autore di uno dei più amati romanzi italiani del Novecento: da cui venne un gran film che a lui però non piacque

Una scena di "Il giardino dei Finzi-Contini" di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani
Una scena di "Il giardino dei Finzi-Contini" di Vittorio De Sica, tratto dal romanzo di Giorgio Bassani

Oggi è il centenario della nascita di Giorgio Bassani, uno dei più importanti scrittori del Novecento, famosissimo soprattutto per un grande romanzo e per il legame con la sua città, Ferrara, ma autore di tanti libri, spesso legati o ambientati a quella città. Giorgio Bassani era infatti nato il 4 marzo 1916 a Bologna, ma passò a Ferrara l’infanzia e l’adolescenza. Il romanzo, quello che un tempo tutti conoscevano, e poi tutti conobbero il film, e oggi sta diventando molto meno letto e noto, è Il giardino dei Finzi-Contini, che fu pubblicato da Einaudi nel 1962. Nonostante oggi la sua notorietà si sia un po’ affievolita, Bassani è stato considerato uno dei grandi scrittori italiani della seconda metà del Novecento, insieme ad autori come Alberto Moravia, Carlo Cassola, Elsa Morante, Carlo Emilio Gadda, Mario Soldati, Beppe Fenoglio, Cesare Pavese e Italo Calvino.

Come mai Il giardino dei Finzi-Contini è diventato famoso

Il giardino dei Finzi-Contini uscì all’inizio del 1962, quattro anni dopo il successo di Se questo è un uomo di Primo Levi, che era stato ripubblicato da Einaudi nel 1958. Fu cioè uno dei primi romanzi italiani a parlare delle Leggi razziali del 1938 e della deportazione degli ebrei, argomenti che fino agli anni Sessanta l’Italia aveva estesamente rimosso. Il romanzo fu un grande successo. Nei dieci primi mesi – scrisse la Stampa nel 1962 – vendette 200 mila copie. Nel 1970 uscì anche il film con la regia di Vittorio De Sica, che nel 1972 vinse l’Oscar come miglior film straniero.

Il trailer del film

Bassani ripudiò il film ottenendo di essere tolto dai titoli di coda perché giudicava la sceneggiatura sentimentale e didascalica, ma il film, l’ambientazione, i costumi e il cast – Dominique Sanda nel ruolo di Micòl, Helmut Berger in quello di Alberto, Lino Capolicchio in quello del protagonista e Fabio Testi in quello dell’amico milanese Giampiero Malnate – furono determinanti a trasformare il libro in un successo mondiale.

Di cosa parla

Il giardino, in cui la vicenda si svolge tra il 1938 e il 1941, sembra al riparo da quello che sta succedendo fuori. A differenza che in Primo Levi, nel romanzo di Bassani i campi di concentramento rimangono fuori dal quadro. Il giardino dei Finzi-Contini racconta l’amore, l’amicizia, i progetti di vita e le partite a tennis di alcuni ragazzi ebrei di Ferrara perfettamente integrati nella vita della città, durante gli anni dell’università, mentre l’Italia si allea con la Germania ed entra in guerra. La storia però sta accadendo fuori dalle mura. Il Giardino dei Finzi-Contini è un romanzo sulla giovinezza e sull’amore, su un periodo che la tragedia futura incornicia e in qualche modo conserva per sempre. In questo, Bassani inaugura uno schema, quasi un genere, che sarebbe stato poi adottato da molti altri romanzi e film di grande successo sullo sterminio degli ebrei, come L’amico ritrovato di Fred Ullman o Au revoir le enfants di Louis Malle.

I veri Finzi-Contini

I personaggi del libro escono dalla memoria del narratore, come memorie della sua giovinezza personale e di un mondo che è stato spazzato via. È un periodo che ritorna nel ricordo quasi vent’anni dopo i fatti, durante una gita a Cerveteri: «Da molti anni desideravo scrivere dei Finzi-Contini – di Micòl e di Alberto, del professor Ermanno e della signora Olga – e di quanti altri abitavano o come me frequentavano la casa di corso Ercole I d’Este, a Ferrara, poco prima che scoppiasse l’ultima guerra. Ma l’impulso, la spinta a farlo veramente, li ebbi soltanto un anno fa, una domenica d’aprile del 1957». Il narratore non ha nome, ma ha molte somiglianze con Bassani, che apparteneva a una famiglia della buona borghesia ebrea di Ferrara (negli anni Venti suo padre era stato il presidente della SPAL, squadra di calcio che allora giocava in Serie A, e lui fu un assiduo frequentatore del circolo del tennis cittadino). Anche i Finzi-Contini sono ispirati a una ricca famiglia ebrea di Ferrara che ebbe un destino molto simile a quello dei protagonisti del romanzo: Silvio Magrini, presidente della comunità ebraica dal 1930, che morì ad Auschwitz come la moglie Albertina, e i figli Uberto, morto di linfogranuloma nel 1942 come Alberto nel romanzo, e la figlia Giuliana che invece sopravvisse alla guerra e fu sepolta nel cimitero ebraico di Ferrara. «Io riandavo con la memoria agli anni della mia prima giovinezza e a Ferrara, e al cimitero ebraico posto in fondo a via Montebello. Rivedevo i grandi prati sparsi di alberi, le lapidi e i cippi raccolti più fittamente lungo i muri di cinta e di divisione e, come se l’avessi addirittura davanti agli occhi, la tomba monumentale dei Finzi-Contini».

Com’è la storia

Il protagonista-narratore appartiene a una famiglia meno importante, e durante l’infanzia non ha avuto molti contatti con i suoi coetanei, Alberto e Micòl Finzi-Contini. I due fratelli non vanno a scuola, ma studiano a casa da privatisti, perché la madre è ossessionata dai germi – «le scuole sono fatte apposta per spargere le malattie più orrende» – dopo la morte del figlio primogenito Guido, avvenuta a 6 anni per una malattia infantile. Un giorno, a 13 anni, Micòl aveva anche invitato il narratore a entrare dal muro del giardino su cui si era arrampicata, ma lui non l’aveva fatto. Per dieci anni la vita dei Finzi-Contini si era svolta invisibile dietro quel muro, con rare apparizioni in concomitanza delle feste della comunità israelitica. Poi, nel 1938, a causa delle leggi razziali, il protagonista viene cacciato dal circolo di tennis. Alberto e Micòl lo invitano a giocare a tennis nel loro giardino, dove c’è un campo frequentato da altri ragazzi ebrei e da un loro amico milanese comunista, Giampiero Malnate, per cui Alberto prova una sorta di venerazione e che il protagonista vede invece come un rivale. Intanto, fuori, Mussolini si allea con Hitler e scoppia la Seconda guerra mondiale, le persecuzioni agli ebrei si intensificano e peggiorano, ma le vite dei quattro ragazzi vanno avanti, custodite dalle mura del giardino, fino a che non saranno travolte.

Come in altre memorie e romanzi successivi sul tema, Bassani descrive la progressiva e silenziosa caduta del fascismo italiano, dalla fine degli anni Venti, quando si poteva fare finta di niente e illudersi di essere in salvo, fino alla tragedia finale. Ma la bellezza del libro è nei personaggi e nell’atmosfera che li avvolge. «Perché questo romanzo di Bassani è nuovo, radicalmente nuovo, nella sua vernice di apparente, esclusivo rispetto per quanto è decorosamente antiquato. (…) La vita continua e il dolore d’un’età diventa una favola, Micòl spicca come un fiore grazioso sull’orlo di una catastrofe Mondiale», scrisse il critico Oreste Del Buono. Il giardino dei Finzi-Contini è un romanzo d’amore, solo che l’amore è impossibile, come dice Micòl: «L’amore è roba per gente decisa a sopraffarsi a vicenda».

Nel 1974 Il giardino dei Finzi-Contini fu ripubblicato come terzo capitolo di Il romanzo di Ferrara, raccolta che raccoglieva gli altri romanzi di Bassani sulla sua città: Dentro le mura, Gli occhiali d’oro, Dietro la porta, L’airone e L’odore del fieno. Giorgio Bassani morì a Roma il 13 aprile 2000.

Su Rai3 ad Alta Voce si può ascoltare il podcast integrale.
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