La salvifica strage di conigli in Australia

Centinaia di milioni di conigli sono morti negli ultimi vent'anni a causa di un virus diffuso per errore: ma questo ha fatto rinascere la vegetazione e la fauna

Un'installazione luminosa a forma di coniglio durante il Sydney Vivid Light and Music festival di Sydney, Australia - Maggio 2014 (AP Photo/Rob Griffith)
Un'installazione luminosa a forma di coniglio durante il Sydney Vivid Light and Music festival di Sydney, Australia - Maggio 2014 (AP Photo/Rob Griffith)

La morte di milioni di conigli causata negli ultimi 20 anni da un virus sfuggito a un centro di ricerca in Australia ha contribuito a ridurre il rischio di estinzione per diverse specie, i cui habitat erano stati invasi proprio dai conigli. Secondo un gruppo di ricercatori australiani – guidati da Reece D. Pedler del dipartimento per l’Ambiente dello stato dell’Australia Meridionale – la popolazione di alcuni mammiferi che vivono solo nei deserti australiani è tornata ad aumentare, così come è tornata a essere rigogliosa la vegetazione locale, un tempo divorata dalle innumerevoli nidiate di conigli che avevano invaso il territorio. La ricerca dà qualche speranza sulla possibilità di recuperare gli habitat australiani, devastati più di un secolo e mezzo fa in seguito all’introduzione dei conigli, che non sono tipici del continente.

Dall’inizio: fino alla fine del Settecento, nessun coniglio aveva mai messo zampa in Australia. Le cose cambiarono nel 1788 con l’arrivo della Prima Flotta, le 11 navi partite dall’Inghilterra per fondare nel continente una colonia penale. I conigli, animali molto prolifici, si riprodussero rapidamente già nei loro primi anni di permanenza, ma restando comunque confinati all’interno delle colonie. Le cose cambiarono nell’ottobre del 1859 quando il colono Thomas Austin liberò in natura 24 conigli selvatici che si era fatto spedire dall’Inghilterra per riprendere anche nel nuovo continente le sue abitudini di caccia. L’idea fu disastrosa: in pochi anni i conigli selvatici si riprodussero a dismisura invadendo gli habitat di molti altri animali, soprattutto nelle parte meridionale dell’Australia. Si stima che i locali ne cacciassero due milioni l’anno, senza che questo avesse un impatto di qualche tipo sulla popolazione globale.

In un secolo e mezzo i conigli hanno invaso molti habitat australiani, mettendo a rischio la sopravvivenza di specie tipiche dell’Australia, sia animali sia vegetali. Secondo i ricercatori la popolazione di conigli raggiunse a un certo punto un picco di 10 miliardi di esemplari, spingendo le autorità australiane a organizzare iniziative di vario tipo per tenere sotto controllo la loro diffusione. Nell’ultimo secolo sono state usate strategie di ogni tipo: dalla costruzione di lunghi recinti, per confinare i conigli in aree ristrette, al loro avvelenamento. La soluzione più efficace, almeno secondo la ricerca di Pedler, è però arrivata per caso e solo una ventina di anni fa.

Intorno al 1995 un gruppo di ricercatori del governo australiano iniziò a condurre alcuni esperimenti con il virus che causa la malattia emorragica virale, una condizione infettiva che causa lesioni ai polmoni e al fegato di questi animali e che in molti casi porta alla loro morte. La sperimentazione fu avviata sull’isola di Wardang, nel golfo di Spencer, nell’Australia Meridionale, e diede risultati promettenti per il contenimento della popolazione di conigli. L’esperimento sfuggì però di mano ai ricercatori a causa dei moscerini ematofagi (quelli che si nutrono di sangue), che trasportarono il virus dall’isola al resto dell’Australia continentale.

In pochi mesi la MEV causò la morte di milioni di conigli, ma – considerato che il virus non causa disturbi in altri animali – le autorità australiane decisero di diffonderlo ulteriormente nel paese. La cosa funzionò e si stima che il virus abbia contribuito a sterminare il 60 per cento dei conigli che vivono in Australia, con benefici per la fauna e la flora locali che lentamente sono tornati a rigenerarsi.

pseudomys_australis

A distanza di 20 anni, la ricerca di Pedler pubblicata sulla rivista scientifica Conservation Biology prende in esame gli effetti dell’eradicazione dei conigli su alcune delle specie più a rischio in Australia, come i piccoli mammiferi che popolano il deserto australiano. Roditori come il topo saltatore scuro (Notomys fuscus) e il topo australiano delle pianure (Pseudomys australis) erano praticamente spariti durante gli anni di dominazione dei conigli, e sono ancora oggi considerati specie a rischio dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN). Anche il mulgara dalla coda crestata (Dasycercus cristicauda) era a rischio nell’Australia Meridionale.

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I ricercatori spiegano che negli ultimi anni è “chiaramente cambiato qualcosa”, con un recupero nel numero di esemplari dei roditori considerati più a rischio. Insieme ai suoi colleghi, Pedler ha analizzato i registri di caccia degli ultimi 45 anni, tenuti dalle autorità statali, da organizzazioni non governative e dalle molte aziende che gestiscono miniere e cave di vario tipo nell’Australia Meridionale. Se si mettono a confronto i dati pre e post introduzione del virus della MEV, si nota che le popolazioni dei piccoli mammiferi desertici sono aumentate notevolmente. Solo nel caso del mulgara si parla di un aumento di 70 volte del numero di avvistamenti di questi animali in natura, rispetto agli anni in cui il virus non era stato diffuso. Per altre specie si parla di tre volte il numero di avvistamenti di un tempo.

Non ci sono prove definitive circa il fatto che l’aumento delle popolazioni dei mammiferi locali sia dovuto al minor numero di conigli, ma secondo i ricercatori gli indizi in tal senso sono molti e piuttosto convincenti. I dati pubblicati nella ricerca sono inoltre coerenti con ricerche condotte in passato, che tra le altre cose hanno messo in evidenza un recupero della vegetazione in seguito all’introduzione della MEV. Più piante, e tipiche dell’Australia, significano maggiori possibilità di trovare cibo per i piccoli mammiferi dei deserti, che usano anche i cespugli come nascondigli per sfuggire ai predatori. I conigli erano inoltre diventati l’obiettivo di volpi e di gatti selvatici: mancando queste prede, le loro popolazioni si sono ridotte favorendo ulteriormente il ritorno dei piccoli roditori.