• Moda
  • Giovedì 26 novembre 2015

Perché Chanel, Hermès e altri marchi di lusso comprano le concerie di pelle

Vogliono garantirsi la qualità migliore che è sempre più scarsa, mentre cresce la concorrenza di aziende con prezzi più accessibili

Pelletteria di Hermés
(STAN HONDA/AFP/Getty Images)
Pelletteria di Hermés (STAN HONDA/AFP/Getty Images)

Business Of Fashion (BOF) ha raccontato in un lungo articolo come i grandi gruppi della moda – Kering, LVMH e Richemont in particolare – stiano cercando di controllare le forniture di pelle. Negli ultimi anni la cospicua domanda di accessori di questo materiale ha aumentato la concorrenza, ma la disponibilità di pelle pregiata di cui hanno bisogno le aziende di alta moda è scarsa e resa ancora più esigua dalla competizione di marchi di lusso più accessibile, come Michael Kors, che hanno prezzi minori ma offrono comunque prodotti di qualità.

Negli ultimi anni gli accessori sono stati molto richiesti perché permettono di combinare prezzi relativamente bassi con uno status symbol da prodotti di lusso. Secondo un’analisi di Exane BNP Paribas, nel 2014 il mercato della pelletteria – borse, cinture, porta documenti e accessori vari – ha rappresentato il 30 per cento delle vendite totali del settore del lusso, il 18 per cento in più rispetto al 2003; il valore del mercato globale della pelle nel lusso è di 43 miliardi di euro. Don Oshman, fondatore di Hidenet.com, un sito online per l’industria della pelle, spiega che nel 2013 la richiesta è stata maggiore della disponibilità di rifornimento e che nel 2014 sono stati superati tutti i record di domanda precedenti.

Fino a 10-15 anni fa Louis Vuitton e Gucci erano le uniche grandi aziende di moda a concentrarsi per lo più sugli accessori, mentre Hermès e Coach dominavano rispettivamente il mercato del lusso e quello del lusso accessibile. Oggi invece devono competere con altre aziende: Chanel, Dior, e quelle controllate dai grandi conglomerati della moda LVMH (Louis Vuitton, Givenchy, Céline), Kering (Bottega Veneta, Yves Saint Laurent, Balenciaga) e Richemont (Cartier, Chloé).

Il settore è quindi diventato molto affollato e per assicurarsi il controllo delle materie prime Kering, LVMH e Richemont hanno fatto alcune acquisizioni strategiche, come spiega su BOF Marc Brunel, che si occupa di Premiere Vision Leather, una delle fiere di pelle di Parigi più importanti per l’industria della moda. Controllare la fornitura permette infatti di tenere per sé la pelle di alta qualità e vendere quella più bassa a terzi. Nel 2009 LVMH ha iniziato una collaborazione con Tannerie Masure, una prestigiosa conceria belga, e tra il 2011 e il 2012 ha preso il controllo delle concerie Heng Long e Tanneries Roux. Nel 2012 Hermès ha acquisito Tanneries d’Annonay, una fabbrica francese che produce poco meno di 300 mila metri quadrati di pelle di vitello all’anno. Nel 2013 Kering ha invece acquisito France Coco, specializzata in pelli esotiche, e Chanel ha comprato Bodin Joyeux, che si occupa di pelle di agnello dal 1870, quando è stata fondata, e concia circa 400 mila pelli all’anno.

Le grandi case di moda hanno iniziato a richiedere speciali tipi di pelle ai conciatori, che non possono nemmeno mostrarle alle aziende rivali alle fiere. In questo modo, facendo passare l’idea che la loro pelle sia particolarmente pregiata, le aziende possono alzare anche di molto il costo dei prodotti. Anche il prezzo della pelle non conciata, a prescindere dalla qualità e dall’origine, è in aumento: secondo dati di PFL Materials, Manufacturing and Technology – una fiera di pelli di Hong Kong – è cresciuto del 18 per cento nel 2014, nel 2015 del 9. Di conseguenza anche i marchi di abbigliamento, per esempio Prada, hanno alzato i prezzi degli accessori, che sono diventati spesso troppo cari per il cliente medio. Nel frattempo sono nate nuove alternative più economiche: marchi di lusso accessibile come Michael Kors, Kate Spade e Tory Burch sono sempre più diffusi, utilizzano pelle meno prestigiosa e risparmiano sui costi di produzione: nel 2008 Michael Kors copriva solo l’1 per cento del mercato della pelle ma nel 2013 era già arrivato al 6 per cento.

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