I bambini piccoli devono stare alla larga dagli schermi?

I pediatri americani prima dicevano di sì ma ora stanno cambiando idea, anche per i bambini con meno di due anni

(Matt Cardy/Getty Images)
(Matt Cardy/Getty Images)

L’American Academy of Pediatrics (AAP), una delle più grandi associazioni di pediatri del Nordamerica, ha annunciato che rivedrà le sue linee guida sull’esposizione dei bambini di meno di due anni agli schermi, per adattarle agli ultimi sviluppi tecnologici e alla grande diffusione di dispositivi come smartphone e tablet. Per oltre 15 anni l’AAP ha consigliato ai genitori di non fare utilizzare schermi luminosi ai bambini finché non compiono due anni, imponendo per i bambini più grandi un limite massimo di due ore al giorno. La regola era stata pensata per lo più per gli schermi televisivi e quindi per un uso passivo, ma ora con i touchscreen le cose sono cambiate e le linee guida sono diventate obsolete. L’AAP comprende oltre 64mila pediatri, che avranno quindi il compito di fare conoscere le nuove regole ai genitori, non appena saranno approvate in via definitiva il prossimo anno.

La decisione dell’AAP è stata annunciata sulla rivista ufficiale dell’associazione e deriva dalla riflessione su alcune ricerche che, negli ultimi anni, si sono occupate dell’evoluzione dei dispositivi elettronici e delle opportunità che costituiscono nelle fasi di crescita dei bambini sotto i due anni. Nell’articolo la pediatra Ari Brown scrive che “la tecnologia non è tutta uguale, così come non lo sono i media: c’è il semplice consumo, c’è la creazione di cose nuove e c’è la comunicazione. Quindi se guardiamo a un bambino di due anni, c’è una grande differenza tra ore infinite passate a guardare cartoni animati su YouTube e la possibilità di videocomunicare con la propria nonna”.

L’AAP aveva organizzato lo scorso maggio un simposio sul tema, con ricercatori ed esperti in pediatria che avevano presentato studi e ricerche. Alcuni di questi avevano messo in evidenza l’importanza della comunicazione biunivoca quando i bambini iniziano a imparare qualcosa di nuovo, anche se tale comunicazione avviene attraverso uno schermo: bambini con un’età compresa tra i 24 e i 30 mesi hanno imparato nuove parole dalla loro insegnante presente nella stessa stanza o in un altro luogo e in collegamento con una videochiamata. Brown scrive infatti che “più gli schermi imitano le interazioni dal vero, più aumenta il loro valore educativo”.

Il Wall Street Journal spiega che la revisione delle regole era nell’aria da tempo e che altri ricercatori avevano già posto la questione, come Dimitri Christakis, il responsabile di un centro per la salute dei bambini del Children’s Research Institute di Seattle (Washington, Stati Uniti). A marzo Christakis aveva pubblicato un editoriale nella rivista scientifica JAMA Pediatrics in cui diceva che era tempo di rivedere le linee guida, proponendo un limite giornaliero tra i 30 e i 60 minuti di tempo davanti agli schermi per i bambini sotto i due anni:

La verità è che dobbiamo capire il modo per utilizzare con giudizio queste nuove tecnologie interattive, che sono chiaramente molto diverse dai mezzi di comunicazione tradizionali e passivi. La vera cosa importante nel leggere un libro a un bambino non ha niente di magico legato al libro. Il libro offre semplicemente una piattaforma su cui bambino e genitore possono interagire. La vera questione è: il dispositivo tecnologico offre lo stesso tipo di interazione biunivoca? Può di sicuro. Dipende tutto da come è utilizzato e da come viene strutturata l’interazione.

Nel suo editoriale Christakis scriveva anche che probabilmente dopo i primi anni di interazione con un genitore, un bambino acquisisce la capacità di usare per i fatti suoi un tablet. Al momento non esistono studi molto approfonditi su questo tema, ma secondo il ricercatore non ci sono elementi per pensare che il gioco creativo con un iPad possa essere peggio rispetto ai classici giocattoli, anche perché nella maggior parte dei casi il tablet è una cosa in più e non sostituisce altri giochi. Christakis sta realizzando alcuni esperimenti per valutare il livello di coinvolgimento dei bambini tra i 18 e i 24 mesi a seconda che siano messi davanti a uno schermo a vedere dei cartoni animati o ad utilizzare app educative su tablet.

Il Wall Street Journal parla anche degli studi dalla ricercatrice Rachel Barr della Georgetown University (Washington, DC, Stati Uniti) sui bambini tra i 2 anni e mezzo e i 3 anni. In uno dei suoi test, per esempio, ha fatto completare alcuni semplici puzzle a un gruppo di bambini, sia dal vero sia utilizzando un’applicazione per tablet. Barr ha notato che c’è un deficit nella capacità dei bambini di applicare da subito gli stessi schemi mentali appresi nel mondo reale allo schermo del dispositivo: se nessuno mostra loro come si muovono i pezzi del puzzle sullo schermo, la loro capacità di completare il compito diminuisce notevolmente. Superato questo deficit, però, non ci sono particolari differenze nell’apprendimento delle tecniche per mettere insieme un puzzle.

La visione passiva di contenuti davanti a uno schermo non deve essere comunque demonizzata: semmai deve essere vista come un’opportunità per coinvolgere in modo creativo i bambini più piccoli. Alcuni ricercatori consigliano per esempio di interagire con i bambini, chiedendo loro cosa vedono in quel momento sullo schermo o mettendogli in mano un oggetto che richiama ciò che stanno guardando. È invece sconsigliato lasciare i bambini da soli davanti al televisore o allo schermo di un tablet per tenerli tranquilli mentre si fa altro in giro per casa. La presenza di un adulto è importante per aiutarli a scoprire e a interagire con nuovi contenuti.