La nuova teoria di Stephen Hawking sui buchi neri

Potrebbe risolvere uno dei più grandi problemi legati ai buchi neri, il "paradosso dell'informazione" (EH?)

di Rachel Feltman – Washington Post

(NIKLAS HALLE'N/AFP/Getty Images)
(NIKLAS HALLE'N/AFP/Getty Images)

Martedì 25 agosto il famoso fisico Stephen Hawking ha presentato alcune nuove teorie sui buchi neri a un pubblico di stimati scienziati e giornalisti presso l’Istituto Reale di Tecnologia di Stoccolma. Hawking si è concentrato su una cosa che si chiama “paradosso dell’informazione”, intorno al quale si scervellano gli scienziati che studiano i buchi neri.

In breve: il paradosso riguarda il fatto che i dati sulla stella che dà origine a un buco nero sembrano perdersi al suo interno e sono presumibilmente destinati a scomparire quando il buco nero, inevitabilmente, scompare. Tuttavia, secondo il nostro modo di pensare al funzionamento dell’universo, queste informazioni non possono essere perse del tutto, e infatti i fisici credono generalmente che non lo siano davvero. Ma dove finiscono allora quelle informazioni, una volta che il buco nero che le ha assorbite scompare? È roba da cervelloni, ma senza una spiegazione per questo apparente paradosso, alcune delle leggi di base che noi pensiamo esistano nell’universo traballano.

Durante una lezione pubblica a Stoccolma lo scorso lunedì, Hawking aveva indicato che anche il nostro stesso concetto di tempo potrebbe andare in pezzi se si dimostrasse che i buchi neri sono esenti da quelle regole. Martedì ha spiegato la sua nuova teoria: «Ipotizzo – ha detto Hawking – che le informazioni siano contenute non nel buco nero, come ci saremmo aspettati, ma nei suoi confini, sull’orizzonte degli eventi». L’orizzonte degli eventi è quel margine intorno ai buchi neri oltre al quale qualsiasi cosa viene risucchiata al loro interno.

Secondo la teoria di Hawking, le particelle che entrano in un buco nero lasciano qualche traccia sull’orizzonte degli eventi. Quando le particelle escono dal buco nero – un fenomeno chiamato radiazione di Hawking – portano con loro parte di quelle informazioni, preservandole. Cercando di farsi capire anche da quelli meno esperti di fisica, Hawking ha spiegato che: «Le informazioni sono immagazzinate in un super spostamento dell’orizzonte causato dalle particelle della stella che entrano nel buco nero. Le informazioni sulle particelle che entrano nel buco nero vengono restituite, ma in una forma caotica e inutile. Per tutti gli scopi pratici, le informazioni sono perse». Questo confuso ritorno di informazioni, ha detto Hawking, può essere paragonato all’atto di bruciare un’enciclopedia: tecnicamente se tutta la cenere venisse conservata nello stesso posto non si perderebbe alcuna informazione, ma sarebbe parecchio complicato cercare la capitale del Minnesota.

Lo spostamento che accade all’orizzonte forma una sorta di ologramma delle particelle originali, dice Hawking, un ologramma nel senso che informazioni tridimensionali sono immagazzinate su una superficie bidimensionale. Quando una radiazione esce dal buco nero, porta con sé alcune delle informazioni raccolte dall’orizzonte degli eventi. Il premio Nobel Gerard t’Hooft, presente durante la discussione, pensa al paradosso della perdita delle informazioni in un modo simile e ha citato diversi suoi articoli pubblicati su questo argomento. Sarà necessaria molta discussione e molto studio di equazioni matematiche, per stabilire cosa c’è di nuovo nella teoria di Hawking rispetto a quella di t’Hooft e se quella di Hawking abbia risolto i problemi presenti nelle prime presentazioni della stessa idea di fondo.

Vale la pena notare che Hawking – che ha raccolto una folla nutrita di giornalisti nella mattina del suo annuncio – non è il solo che questa settimana presenterà nuove idee sui buchi neri. La sua presentazione fa parte di una settimana di conferenze sul tema organizzata dalla fisica Laura Mersini-Houghton dell’Università della Carolina del Nord e dal Nordita, il Nordic Institute for Theoretical Physics. Hawking e i suoi colleghi, alcune delle menti più brillanti nel campo della fisica teorica, sperano di rispondere ad alcune delle più importanti domande sul funzionamento dei buchi neri.

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