La vera storia di “Faccetta Nera”

La canzone simbolo del ventennio fascista ha una storia che conoscono in pochi: è più sessista che razzista, scrive Igiaba Scego su Internazionale

Il mercato di Addis Ababa, l'attuale Etiopia, nel 1936. (Rickards/Fox Photos/Getty Images)
Il mercato di Addis Ababa, l'attuale Etiopia, nel 1936. (Rickards/Fox Photos/Getty Images)

Igiaba Scego, scrittrice italiana di origini somale, ha raccontato su Internazionale la storia di Faccetta Nera, canzone scritta da Renato Micheli nel 1935 e considerata oggi la più rappresentativa del ventennio fascista. Faccetta Nera, scrive Scego, continua a essere molto ripresa con fini razzisti, spesso per umiliare i neri, ma in pochi conoscono la vera storia della canzone e ne capiscono i riferimenti. Scego spiega che in realtà Faccetta Nera è più una canzone sessista che razzista: racconta un’idea di liberazione dell’Etiopia – paese africano che era in quegli anni obiettivo coloniale dell’Italia – in cui «si inneggiava a una sorta di “unione” tra italiani ed etiopi». L’unione era però solo con le donne etiopi, gli uomini ne erano esclusi: era «un’unione sessuale e carnale». Il fatto che Faccetta Nera sia citata molto ancora oggi, scrive Scego, è il simbolo dall’incapacità della società italiana di abbandonare alcuni retaggi maschilisti che si porta dietro da molto tempo.

“Durante una trasmissione in tv a cui ho partecipato, è successo un fatterello”. Così comincia un post su Facebook che Maryan Ismail, attivista politica italosomala, ha pubblicato pochi giorni fa. Il fatterello ha come scenario uno studio televisivo. Maryan, che fa politica attiva a Milano da molti anni, ha deciso di contrastare il razzismo parlando in ogni spazio pubblico, tv compresa. Naturalmente non parla solo di immigrazione, ogni causa importante la trova sulle barricate: dalla lotta contro il fondamentalismo (ha perso recentemente suo fratello in un attentato di Al Shabaab a Mogadiscio) fino alle questioni riguardanti la vivibilità urbana. “Però ho la pelle nera”, dice Maryan sottolineando che la lotta contro le discriminazioni è una delle voci importanti della sua missione politica. E spesso per attaccarla gli interlocutori, soprattutto in tv, usano proprio la sua pelle.

“Un tipo di una certa età molto sguaiato”, scrive nel suo post Maryan “e in preda a un evidente travaso di bile, stava cercando di mettere insieme due parole sull’immigrazione e sui costi correlati. Preso in contropiede dalla mia reazione, ha cominciato a cantarmi in faccia Faccetta nera”.

L’episodio ha avuto come teatro gli studi del programma “Forte e Chiaro” su Telelombardia ed è andato in diretta televisiva. “Inutile descrivere quello che è successo”, prosegue Maryan. “Mi limito semplicemente a constatare con infinita amarezza che un altro limite è stato superato: si è arrivati allo sberleffo razzista spiattellato in faccia, senza ragione e senza pudore”.

Quando ho saputo la notizia il mio primo sentimento è stata l’indignazione unita alla solidarietà. Poi però mi sono detta che questo episodio non è solo etichettabile come razzismo. Lo è, ma è anche molto di più. Ci dice qualcosa di profondo e grave sulla società in cui viviamo. Ma cosa?

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