Otto canzoni di Joan Baez

Una con una voce favolosa che ha rifatto canzoni bellissime che sono diventate sue: qui ne segnaliamo otto

Folk singer Joan Baez poses for a portrait near her California home in this 1997 photo. In the last weeks of 1997, Baez released a new CD, "Gone From Danger, her first album of new material in five years.(AP Photo/Dana Tynan)
Folk singer Joan Baez poses for a portrait near her California home in this 1997 photo. In the last weeks of 1997, Baez released a new CD, "Gone From Danger, her first album of new material in five years.(AP Photo/Dana Tynan)

Joan Baez è nata il 9 gennaio 1941 a  New York, negli Stati Uniti: queste sono le sue otto canzoni che Luca Sofri, peraltro direttore del Post, ha scelto per il libro Playlist, la musica è cambiata.

Joan Baez
(1941, Staten Island, New York)
Joan Baez, non è più tornata di moda. A differenza di molti altri suoi colleghi che il riflusso aveva non solo accantonato, ma persino irriso, e che poi sono tornati in auge presso le generazioni successive (oppure presso certi circoli snob, fino a occupare anche le playlist dei lounge bar), Joan Baez è ancora sepolta al suo posto e canticchiata da pochissimi intemerati nostalgici. Eppure aveva una voce favolosa e ha rifatto canzoni bellissime che sono diventate sue. Ci vorrà uno spot pubblicitario, forse.

Banks of Ohio

(Folksingers ‘round Harvard square, 1959)
Era una vecchia canzone tradizionale americana, in cui il protagonista Willie uccide con un coltello “l’unica donna che ama” perché lei non vuole sposarlo, dopo averla abbracciata lungo le rive del fiume Ohio. Da bambino, pensavo parlasse delle banche dello stato dell’Ohio, una canzone di rapine.

There but for fortune

(Joan Baez 5, 1964)
C’è questa ballata dolcissima e commovente su come il caso offra a ognuno opportunità diverse, ed emargini o spedisca in Vietnam persone che avrebbero potuto avere sorti meravigliose: “show me a hobo who sleeps out in the rain, and I’ll show you a young man with so many reasons why”. Era di Phil Ochs, il più popolare cantautore di protesta degli anni Sessanta, che si impiccò nel 1976.

It ain’t me babe
(Joan Baez 5, 1964)
“It ain’t me, babe” l’aveva scritta Dylan, non si sa se per sottrarsi alle richieste di un’amante o a quelle del suo pubblico. Ebbe subito una quantità straordinaria di cover, tra le quali quelle di Johnny Cash e di Nancy Sinatra. E quella di Joan Baez, che la cantò anche dal vivo assieme allo stesso Dylan (è nel disco Live at Newport).

It’s all over now, baby blue
(Farewell, Angelina, 1965)
Prima che arrivasse Dylan, Joan Baez aveva cantato prevalentemente canzoni del repertorio folk tradizionale americano: «Fu un miracolo quando scoprii Pete Seeger, e poi Dylan: altri hanno saputo scrivere degli stessi miei sentimenti, ma come Dylan, nessuno mai».

A hard rain’s a-gonna fall
(Farewell, Angelina, 1965)
Un grande standard dylaniano di pacifismo e minaccia sul pericolo della guerra nucleare, immancabile allora a tutti i raduni, e che Joan Baez tornò a cantare nel 2005 alle manifestazioni contro la guerra in Iraq.

Where have all the flowers gone

(Joan Baez in Italy, 1967)
L’aveva scritta Pete Seeger, ispirandosi a pochi versi di una canzone ucraina (che aveva trovato in un testo del Nobel per la letteratura Michajl Sholokhov), e a una musica tradizionale di taglialegna americani. Ebbe successive evoluzioni e interpretazioni, fino alla notorietà internazionale con le versioni di Peter, Paul & Mary e di Joan Baez, che ne fecero uno dei più famosi e cantati inni pacifisti degli anni Sessanta. La cantò anche Marlene Dietrich, sia in tedesco che in francese “Qui peut dire où vont les fleurs”.

Here’s to you
(Sacco and Vanzetti, 1971)
Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti erano due anarchici italiani emigrati negli Stati Uniti, condannati a morte e uccisi nel 1927 per rapina e omicidio. Il processo si concluse senza niente di provato in un clima da caccia alle streghe contro i movimenti comunisti: Sacco e Vanzetti vennero scagionati con pubblica ammenda dal governatore del Massachusetts solo nel 1977. E sono sempre rimasti nel patrimonio storico e sentimentale della sinistra mondiale come simbolo della repressione prepotente e sleale del potere costituito. La storia fu raccontata in un film di Giuliano Montaldo del 1971, con la musica di Ennio Morricone. Joan Baez cantò per il film “here’s to you, Nicola and Bart, rest forever here in our hearts…”.

Love song to a stranger
(Come from the shadows, 1972)
Una ballata appassionata e grata per quello che anche due soli giorni d’amore con uno sconosciuto possono regalare a una vita di guai.