Un manifestante coperto da una abndiera venezuelana durante una protesta fuori dalla rappresentanza diplomatica del Vaticano a Caracas, Venezuela, il 25 febbraio 2015. (AP Photo/Ariana Cubillos)

Ancora proteste in Venezuela

Gli studenti hanno ricominciato a manifestare dopo che la polizia ha ucciso un 14enne nello stato di Táchira: intanto le cose nel paese continuano ad andare molto male

Negli ultimi due giorni molti studenti venezuelani hanno ricominciato a protestare contro il governo dopo che si è diffusa la notizia dell’uccisione di un ragazzo venezuelano di 14 anni da parte di un poliziotto nella città di Cristóbal, nello stato di Táchira. Il ragazzo, che si chiamava Kluvier Roa, è stato colpito da un colpo di arma da fuoco alla testa mentre partecipava a una manifestazione contro il governatore locale. Non è il primo episodio di questo genere che si verifica di recente: in Venezuela nelle ultime settimane altri cinque ragazzi sono stati uccisi da poliziotti dopo essere stati colpiti da spari alla testa. Il quotidiano spagnolo El Paìs dice che non è chiaro se esiste un motivo politico dietro queste recenti uccisioni.

Le manifestazioni che vanno avanti da settimane in tutto il paese sono cominciate all’inizio dell’anno scorso e sono state organizzate per lo più da studenti per protestare contro la mancanza di sicurezza e gli alti livelli di violenza che si registrano in Venezuela. Le prime si erano tenute nelle città andine di San Cristóbal e Mérida e si erano poi diffuse in altre zone del paese. Negli ultimi giorni si sono tenute diverse manifestazioni anche per chiedere la liberazione del sindaco di Caracas Antonio Ledezma, arrestato dai servizi di intelligence venezuelani giovedì 19 febbraio, e del leader dell’opposizione Leopoldo López, che si era consegnato alla polizia il 18 febbraio 2014, più di un anno fa. Finora 43 persone sono morte nelle proteste: circa altre 100 sono rimaste ferite e la polizia ha fatto migliaia di arresti.

Il movimento studentesco in Venezuela non è stato sempre unito in questi ultimi mesi, ma di recente stanno emergendo nuove figure che potrebbero portare maggiore unità. Una di queste è Hamlet Iglesias, rappresentante della Universidad Central de Venezuela, la principale istituzione educativa superiore del paese. Iglesias ha annunciato nuove manifestazioni degli studenti a partire da questo martedì, senza però dare ulteriori dettagli: «Non diremo dove cominceremo né dove finiremo le manifestazioni, perché questo governo ci perseguita». La notte precedente Iglesias aveva scritto su Twitter: «Caracas, domani manifesteremo, ritrovatevi alla vostra università dalla mattina e tenete d’occhio gli annunci».

 

Le cose in Venezuela intanto vanno sempre peggio: il paese è da tempo in crisi economica e ciclicamente si verificano carenze di alcuni prodotti di prima necessità con immagini ormai familiari di lunghe code fuori dai supermercati: nel 2013 è toccata alla carta igienica, all’inizio di febbraio i giornali internazionali si sono occupati del presso dei preservativi e della mancanza dei contraccettivi. L’economia venezuelana è in recessione: a fine dicembre la Banca centrale del Venezuela ha detto che il PIL del paese nel terzo trimestre dell’anno è nuovamente sceso (del 2,3 per cento). Il tasso di inflazione lo scorso novembre è stato del 63,6 per cento, in aumento di dieci punti rispetto all’anno precedente e uno dei tassi più alti al mondo (per avere un’idea: il tasso di inflazione in Europa è lo 0,3 per cento, negli Stati Uniti è l’1,3 per cento). La crisi si è aggravata negli ultimi tempi anche a causa del notevole calo del prezzo del petrolio, da cui il Venezuela dipende per circa il 95 per cento delle proprie esportazioni.

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