Le nomination degli Oscar 2015 sono state discriminatorie?

Per la prima volta dal 1998 non sono candidati attori che non siano bianchi: forse c'entra che la giuria sia composta quasi solo da bianchi

di Cecilia Kang - Washington Post

HOLLYWOOD, CA - MARCH 02: Oscar statuette on display backstage during the Oscars held at Dolby Theatre on March 2, 2014 in Hollywood, California. (Photo by Christopher Polk/Getty Images)
HOLLYWOOD, CA - MARCH 02: Oscar statuette on display backstage during the Oscars held at Dolby Theatre on March 2, 2014 in Hollywood, California. (Photo by Christopher Polk/Getty Images)

La cosa più scioccante delle nomination agli Oscar? Non è stato scelto nemmeno un attore nero o una regista donna, scatenando così immediate critiche sul fallimento di Hollywood nell’includere le minoranze nelle sue prestigiose fila. La regista Ava DuVernay di Selma, il film biografico su Martin Luther King Jr. acclamato dalla critica, non ha ricevuto nemmeno una candidatura. Stessa storia per ogni membro del cast del film: nemmeno David Oyelowo che ha interpretato King (Selma è candidato a molti altri premi, comunque). Era dal 1998 che nemmeno un attore o un’attrice che non fossero bianchi riceveva una candidatura a una delle quattro categorie che premiano la recitazione (miglior attrice, miglior attore, miglior attrice non protagonista, miglior attore non protagonista).

I critici dicono che quello che è successo non è sorprendente, visto che l’Academy of Motion Picture Arts and Sciences, l’organismo che vota e decide nomination e vincitori, è composta in larga parte da maschi bianchi. Uno studio condotto dal Los Angeles Times nel 2013 aveva rivelato che l’intera Academy era composta per il 93 per cento da bianchi e per il 76 per cento da uomini. La mancanza di diversità tra i candidati a questi Oscar ha mostrato i limiti di Hollywood. Nella storia degli Oscar il 99 per cento dei premi per la miglior attrice è andato a un’attrice bianca, tra gli attori uomini la percentuale è il 91 per cento. Il miglior regista è andato per il 99 per cento delle volte a un regista uomo.

Hannah Ehrlich, direttore del marketing per una piccola casa editrice che si occupa di minoranze, Lee and Low, ha pubblicato uno studio che mostra numeri preoccupanti. Anche se la critica cinematografica apprezza film come Selma o 12 anni schiavo, dice, i film diretti da registi non bianchi e che hanno nel cast attori non bianchi sono limitati ad alcuni generi. «La cosa sconfortante è che sembrava che le cose stessero migliorando dopo la vittoria l’anno scorso di 12 anni schiavo, ma ora sembra che l’Academy stia dicendo “Ok, lo abbiamo fatto, ora siamo a posto per un po’”».

«Argomenti come la schiavitù e i diritti civili sono enormemente importanti ma in quasi tutti gli altri generi di film i cast sono formati quasi interamente da bianchi. La gente continua a dire che le cose stanno migliorando, ma i numeri non mostrano un miglioramento e infatti quest’anno siamo punto e a capo», ha detto. Le nomination per miglior attore/attrice protagonista/non protagonista non includono nessuno che non sia bianco. Le nomination per il miglior attore sono andate a Steve Carell per Foxcatcher; a Bradley Cooper per American Sniper; a Benedict Cumberbatch per The Imitation Game; a Michael Keaton per Birdman e a Eddie Redmayne per The Theory of Everything. Bradley Cooper è stata una sorpresa per alcuni critici perché non era stato nominato per i Golden Globes.

Le nominate per miglior attrice includono Marion Cotillard per Due giorni, una notte; Felicity Jones per The Theory of Everything; Julianne Moore per Still Alice; Rosamund Pike per Gone Girl (L’Amore Bugiardo) e Reese Witherspoon per Wild. La lampante mancanza di diversità ha generato critiche immediatamente.

La mancanza di diversità agli Oscar ha solo sottolineato i classici problemi affrontati da registi e attori neri. Moltissimi film acclamati dalla critica ma con attori e registi neri – 12 anni schiavo, The Butler, Dear White People e Top Five, per esempio – hanno fatto fatica a trovare produttori e una società di distribuzione.

«Una parte del problema è che l’industria è incredibilmente ristretta mentalmente», ha detto Darnell Hunt, regista del Centro Ralph J. Bunche for African American Studies all’Università della California (UCLA). «Le persone che prendono le decisioni, che danno il via libera ai progetti, tendono a circondarsi di persone molto simili a loro». Ma per queste persone, ha aggiunto, «sta diventando sempre più difficile nascondere le loro teste sotto la sabbia e pretendere che non ci sia un terremoto demografico in corso. A un certo punto non sarà più sostenibile. Dovranno cominciare a fare film che persone di tutti i colori vogliano andare a vedere».

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