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Le grandi fotografie esposte a Lodi
Olivia Arthur - Jeddah Diary
Arabia Saudia, 2009
© Olivia Arthur/Magnum Photos
Olivia Arthur - Jeddah Diary
Arabia Saudia, 2009
© Olivia Arthur/Magnum Photos
Olivia Arthur - Jeddah Diary
Arabia Saudita, 2009
© Olivia Arthur/Magnum Photos
Marc Asnin - Uncle Charlie
Mio padre seduto alla finestra aspettando
l’arrivo di Godot, ma Godot mandò il suo messaggero.
© Marc Asnin
Marc Asnin - Uncle Charlie
Il crollo della borsa, l’attacco nucleare su Hiroshima, ma al 23 di via Troutman, si stava peggio.
© Marc Asnin
Silvia Morara & Paola Codeluppi - La giusta distanza
Una scuola di giocolieri per bambine e ragazze dell'organizzazione Jeunesse du Monde, in collaborazione con il Cirque du soleil, a Kilwin, un villaggio vicino a Uagadougou, in Burkina Faso. La foto è del giugno 2004.
© Silvia Morara
Silvia Morara & Paola Codeluppi - La giusta distanza
Georgette e Audia si esercitano in matematica a Bukavu, nella Repubblica democratica del Congo.
© Paola Codeluppi
Ann-Christine Woehrl - IN/VISIBLE
Nusrat si prepara nel dormitorio del rifugio ASF. Islamabad, Pakistan, 2014.

«Il mio nome è Nusrat. Sono di Muzzafargarh in Pakistan e ho 32 anni. Mi sono sposata in una grande famiglia. E in cambio era stato organizzato il fidanzamento con mia cognata. Quando mio fratello è diventato abbastanza grande ha rifiutato di sposarla. Io l’ho appoggiato e aiutato a organizzare il matrimonio con la ragazza che in realtà voleva sposare. Questo è il motivo per cui mio marito e mio cognato mi hanno attaccata. Una mattina, nel 2009, mentre ero in una stanza con mio marito lui mi ha gettato addosso dell’acido. All’inzio non capivo cosa fosse successo. Poi i vestiti hanno iniziato a cadermi di dosso. Mi sentivo il corpo come se fosse in fiamme. Quando ho sentito odore di fumo, ho capito che era acido. Ho iniziato a urlare e sono corsa fuori, dove mio cognato mi ha gettato altro acido in faccia. Stavo urlando così tanto che la gente è accorsa. Mio cognato gli ha detto che mi ero gettata dell’acido addosso. I vicini mi hanno portata in ospedale. Mentre ero in ospedale, la mia foto è apparsa sui giornali.
Il mio viso era gravemente sfigurato. E i miei suoceri avrebbero mostrato le foto ai miei figli dicendo loro che la madre si era trasformata in un mostro. Tuttavia, quando li ho visti di nuovo in tribunale per la prima volta, mi sono mi sono venuti incontro correndo. Avrebbero voluto consolarmi “Mamma, sarai proprio come eri prima. Non piangere”. Ho lasciato cadere l’accusa contro mio marito. Volevo solo tornare da lui, per vendicarmi. Così mi ha chiesto di firmare una carta dicendo che non lo avrei danneggiato. Ho rifiutato. Alla fine i miei parenti mi hanno convinto a lasciarlo e abbiamo divorziato. Sono stata in ospedale per cinque mesi. Quando sono stata dimessa mi sono trasferita nella casa di mia madre. Ero in un cattivo stato; non riuscivo nemmeno a camminare da sola. Io non sapevo nemmeno quanto la mia faccia fosse malridotta. La prima volta mi sono vista in uno specchio sono svenuta. Le persone che mi venivano a trovare dicevano che sarei morta presto, in ogni caso. Mi guardavano e si spaventavano. Volevo solo farla finita. Mia madre è rimasta con me tutto il tempo. Non mi ha mai lasciata sola».
© Ann-Christine Woehrl / Echo Photo Agency
Ann-Christine Woehrl - IN/VISIBLE
Renuka tiene tra le mani una sua fotografia di prima dell’incidente quando viaggiava in India per visitare il Taj Mahal.
Kathmandu, Nepal, 2014.
«Il mio nome è Renuka. Vengo dal Nepal e ho 19 anni. Ho lasciato casa a 16 anni per andare a scuola e al lavoro a Kathmandu. Lì ho incontrato un ragazzo chiamato Saroj. Mi piaceva molto e mi seguiva ovunque. Mi diceva che avrei dovuto lasciare la scuola perché nessun altro ragazzo si innamorasse di me. Poi un giorno mi ha chiesto di sposarlo. Avevo po’ paura di lui perché era molto più grande - oggi lui ha 28 anni - e sembrava un gangster. Ma alla fine ho accettato di sposarlo, perché i miei genitori lo desideravano tanto. Ma i suoi genitori non mi hanno accettata perché appartengo a una casta differente. Sono rimasta incinta prima che ci sposassimo, e così i suoi genitori mi hanno fatto molte pressioni affinché abortissi. Volevano evitare uno scandalo. E la madre di Saroj mi disse che mi avrebbe accettata se avessi abortito e in questo modo ci saremmo potuti sposare. Un giorno Saroj e i suoi genitori mi portarono a un controllo medico. Il medico mi ha prelevato un campione di sangue. O almeno ho pensato che questo era quello che aveva fatto. Poi mi sono addormentata e quando mi sono svegliata erano iniziati i dolori del travaglio e ho dato alla luce un bambino morto. Mio marito mi aveva ingannato.
Ho sempre detto a Saroj che mi può lasciare, se vuole può sposarsi con un’altra. Credo di poter vivere da sola e lottare per il mio sostentamento. Mio marito ha preso le distanze dalla sua famiglia per causa mia. Mi sento molto male per questo. Se avessimo divorziato, lo avrebbero accettato di nuovo. Ma lui dice sempre che mi ama. Non vuole sposarsi con un’altra ragazza. Vuole guadagnare soldi in modo da potermi portare all’estero per ulteriori operazioni. D’altra parte, dice che mi vede bella e si preoccupa del fatto che, se facessi altre operazioni, qualche altro ragazzo potrebbe innamorarsi di me».
© Ann-Christine Woehrl / Echo Photo Agency
Gianluca Uda - Lamiere
Lamiera Soweto.
© Gianluca Uda Photo
Emanuele Satolli - Krokodil Tears - Lacrime di coccodrillo
Natasha, 28 anni, subito dopo aver assunto la Krokodil si rilassa in un appartamento alla periferia di Ekaterinburg, in Russia.
© Emanuele Satolli
Emanuele Satolli - Krokodil Tears - Lacrime di coccodrillo
Alexei, 33 anni, si inietta una dose di Krokodil. A causa della sua dipendenza da Krokodil, Alexei ha ferite e gonfiori ai piedi ed è costretto a camminare con un bastone.
© Emanuele Satolli
Simone Cerio - When the Others Go Away
Davide Luppi, specializzando in chirurgia generale, è in partenza per l’Afghanistan: terminerà la specializzazione presso il Centro chirurgico per vittime di guerra di Emergency a Kabul. Davide è il primo specializzando italiano ad andare in Afghanistan.
© Simone Cerio/Parallelozero
Simone Cerio - When the Others Go Away
Davide Luppi, specializzando in chirurgia generale, è in partenza per l’Afghanistan: terminerà la specializzazione presso il Centro chirurgico per vittime di guerra di Emergency a Kabul. Davide è il primo specializzando italiano ad andare in Afghanistan.
Nella foto, Davide e suo padre alcuni istanti prima della partenza.
© Simone Cerio/Parallelozero
Krisanne Johnson - South Africa’s Post-Apartheid Youth
Nkosinathi Dodi, 18 anni, di Khayelitsha, al parco acquatico Muizenberg durante una gita della Beth Uriel Home per i ragazzi poveri a Cape Town. La sua permanenza presso questa casa d’accoglienza è stata breve. «Adesso vive in un vecchio edificio abbandonato, ma lo vedo in chiesa», dice la direttrice del programma Linsday Henley. «Da come appare, sembra che stia lottando con la droga. Per quanto noi cerchiamo di aiutarlo e per quanto bisogno lui abbia, non ha un’altra famiglia oltre a noi, ed è stato risucchiato dalla droga e dal fenomeno delle gang», dice Melvin Koopman, un altro dirigente della struttura.
© Krisanne Johnson/Prospekt
Krisanne Johnson - South Africa’s Post-Apartheid Youth
Lisa Nene, 22 anni, guarda gli edifici che verranno demoliti vicino alla sua casa a Inanda, fuori Durban, in Sudafrica. Nene ha perso entrambi i genitori a causa dell’Aids prima di compiere 12 anni, e da allora si è occupata delle proprietà di famiglia. Quando il governo ha provato a demolire le sue due baracche e la sua casa e trasferirla in un campo provvisorio, lei si è unita all’organizzazione Abahlali baseMjondolo. Nene dice che «Sebbene i nostri genitori ci abbiano raccontato storie strazianti, credo che finora abbiamo ottenuto solo metà della libertà che ci spetta».
© Krisanne Johnson/Prospekt
Gwenn Dubourthoumieu – Child-Witches of Kinshasa
Questo bambino di sette mesi soffre frequentemente di febbre e vomito durante la notte. Nel centro dell’unità di “chirurgia spirituale”, un dottore dello “Spirito Santo” estrae carne umana ingerita dal bambino nel "secondo mondo", che secondo il dottore sarebbe la causa della sua trasformazione in strega.
Il reportage ha vinto il World Report Award nella categoria Short Story Award.
© Gwenn Dubourthoumieu
Gwenn Dubourthoumieu - Child-Witches of Kinshasa
Dopo essere stata ricoperta con benzina e sale, questa bambina è simbolicamente tagliata con un macete vicino ad un falò, dove la profetessa scaccia l’anima diabolica della piccola.
Il reportage ha vinto il World Report Award nella categoria Short Story Award.
© Gwenn Dubourthoumieu
Giulio Di Meo - Pig Iron - Il Ferro dei Porci
Villaggio Novo Oriente, Açailândia (Maranhão, Brasile).
© Giulio Di Meo
Giulio Di Meo - Pig Iron - Il Ferro dei Porci
L'accampamento Frei Henri de Rosiers, Parauapebas (Pará, Brasile).
© Giulio Di Meo
Giada Connestari - Libano, una marea umana di rifugiati
Alcuni rifugiati siriani attendono la distribuzione dei voucher mensili per l’acquisto di cibo, sapone e un kit per bambini, distribuiti dalla municipalità attraverso il partenariato con l’ONG Oxfam Italia. I vouchers possono essere spesi solo nei negozi abilitati: ciò permette agli abitanti di trarre indirettamente beneficio dall’assistenza internazionale e promuove l’integrazione dei rifugiati nella comunità. Zgharta, Libano.
© Giada Connestari
Giada Connestari - Libano, una marea umana di rifugiati
Muna, 30 anni, vive con i suoi cinque figli e altre sei persone in uno stanzone senz’acqua né elettricità. A Yarmouk, Siria, abitava in una villa con terrazza. La sua vita, dice, è cambiata completamente: «Mio marito è ancora a Yarmouk, ma non ho più notizie di lui da quando l’esercito siriano ha fatto incursione nel campo. Mio padre è morto senza che io potessi vederlo. I miei fratelli non sono riusciti a scappare perché il confine libanese è stato chiuso ai palestinesi. Questa stanza costa 100 dollari al mese; la paghiamo con i lavori che gli uomini riescono ad ottenere giornalmente. Vivo con l’incubo di dovere restare qui per sempre. Se non ci fossero gli aiuti internazionali, saremmo tutti morti di fame». Wavel Camp, Baalbeck, Libano.
© Giada Connestari
Jan Grarup – I just want to dunk
In Europa e negli Stati Uniti diamo per scontato il basket femminile. Ma pensate a questo: a Mogadiscio, la capitale devastata dalla guerra della Somalia, le ragazze rischiano ogni giorno la vita per andare a giocare. Suweys, il capitano della squadra di basket della Somalia, e le sue amiche praticano lo sport del nemico mortale, l'America. Per questo sono nella lista dei killer di Al Shabaab, il gruppo islamista che di recente ha stretto un'alleanza con il gruppo terrorista di Al Qaeda e controlla un ampio territorio della Somalia.
Al Shabaab, che piazza bombe nei mercati, fa saltare in aria i cinema e lapida le donne, ha detto che il basket femminile è “contrario all’Islam". Una delle punizioni proposte è segare la mano destra e il piede sinistro delle giocatrici. O più semplicemente: ucciderle.
La squadra di Suweys si allena dietro muri scavati dalle pallottole, tra le rovine della città di Mogadiscio. protetta da uomini armati. Le donne vivono nella paura costante dei gruppi islamisti. Perché non smettere di giocare a basket? Mai! rispondono.
© Jan Grarup/Noor images.
Jan Grarup – I just want to dunk
In Europa e negli Stati Uniti diamo per scontato il basket femminile. Ma pensate a questo: a Mogadiscio, la capitale devastata dalla guerra della Somalia, le ragazze rischiano ogni giorno la vita per andare a giocare. Suweys, il capitano della squadra di basket della Somalia, e le sue amiche praticano lo sport del nemico mortale, l'America. Per questo sono nella lista dei killer di Al Shabaab, il gruppo islamista che di recente ha stretto un'alleanza con il gruppo terrorista di Al Qaeda e controlla un ampio territorio della Somalia.
Al Shabaab, che piazza bombe nei mercati, fa saltare in aria i cinema e lapida le donne, ha detto che il basket femminile è “contrario all’Islam". Una delle punizioni proposte è segare la mano destra e il piede sinistro delle giocatrici. O più semplicemente: ucciderle.
La squadra di Suweys si allena dietro muri scavati dalle pallottole, tra le rovine della città di Mogadiscio. protetta da uomini armati. Le donne vivono nella paura costante dei gruppi islamisti. Perché non smettere di giocare a basket? Mai, rispondono!.
© Jan Grarup/Noor images.
Sandro Maddalena - The Road Of Revolution
Kiev, Grushevski.
Esplosione durante gli scontri tra ribelli e polizia.
© Sandro Maddalena
Sandro Maddalena - The Road Of Revolution
Kiev, Grushevski.
Un ribelle brucia un copertone per ridurre la visuale dei tiratori scelti.
© Sandro Maddalena
Meeri Koutaniemi - Taken
La madre di Isina tiene in mano lo strumento che sarà impiegato per la circoncisione, in Kenya.
© Meeri Koutaniemi / Echo Photo Agency
Meeri Koutaniemi - Taken
Le ragazze maasai Isina e Nasirian sono sedute nella capanna del padre, un giorno prima della circoncisione, in Kenya.
© Meeri Koutaniemi / Echo Photo Agency
Oriol Segon Torra - Young Patriots
Ritratto di un gruppo di giovani che hanno partecipato al campo militare estivo di Mogyoród, in Ungheria, equipaggiati con materiale militare fuori uso e non più utilizzabile. La foto mostra un breve momento dopo un’esercitazione con maschere anti-gas, in una delle foreste del campo. Cinquanta ragazzi, dai dieci anni in su, vivono nel campo per una settimana. Ogni estate ex soldati ungheresi, con l'aiuto dell'esercito, organizzano diverse edizioni settimanali dell'iniziativa.
Il reportage ha vinto il World Report Award nella sezione Spot Light Award.
© Oriol Segon Torra
Oriol Segon Torra - Young Patriots
La foto ritrae uno dei partecipanti del campo militare estivo di Mogyoród, in Ungheria: dura una settimana, è organizzato da ex soldati e rivolto a ragazzini dai 10 anni in su. Il ragazzino della foto, pensieroso, è mostrato durante uno dei pochi momenti di riposo in una delle tende militari che funge anche da dormitorio. L’evidente fragilità di alcuni ragazzi contrasta con gli ideali del rafforzamento militare e lo stile di vita autoritario. Durante la settimana viene loro assegnato un letto scomodo, uno sgabello, una forchetta e un cucchiaio, che dovranno custodire e mantenere in ordine.
Il reportage ha vinto il World Report Award nella sezione Spot Light Award.
© Oriol Segon Torra
Majid Saeedi - Life in War
Un gruppo di soldati dell’Esercito nazionale afghano, nel nord del paese, durante le operazioni contro l’opposizione. La NATO è in guerra contro i Talebani dal 2001 e si prevede lascerà le operazioni in mano all’esercito afgano nel 2014.
Il reportage ha vinto il World Report Award nella categoria Master Award.
© Majid Saeedi
Majid Saeedi - Life in War
Buzkashi Square, Mazar Sharif City, nord dell’ Afghanistan.
Il reportage ha vinto il World Report Award nella categoria Master Award.
© Majid Saeedi
Laerke Posselt - Beautiful Child
Una bambina di due anni che sta per entrare in scena al Big Trophy Pageant a Vidalia, in Georgia. Sua madre (la mano sul suo braccio) ha voluto che il suo nome non venisse reso noto. I bambini che partecipano ai concorsi di bellezza possono essere nati anche solo da una settimana. Durante la preparazione le bambine vengono abbronzate con uno spray, truccate, vengono loro applicate ciglia, unghie, parrucche e vestiti con quante più finte gemme possibili. Molte delle bambine hanno inoltre denti finti e lenti a contatto.
© Laerke Posselt/Agence VU’
Laerke Posselt - Beautiful Child
Jordyn, di tre anni, è appena stata incoronata con il titolo "Ultimate Grand Supreme" al Big Trophy Pageant, a Vidalia, in Georgia, e sta cercando di togliersi le ciglia finte.
© Laerke Posselt/Agence VU’
Yuriy Sokolov & Irina Yeutuhova - Il loro futuro, il nostro sogno
Davanti a casa. La donna è una ragazza madre ed è seguita da tempo dal progetto Tizzi, nato a Lodi 10 anni fa per aiutare le famiglia in seria difficoltà nella provincia bielorussa di Dobrush. La ragazza è rimasta incinta del primo figlio subito dopo essere uscita dal PRIUT (un orfanotrofio). Ha avuto il secondo figlio dal ragazzo che ha sposato.
© Yuriy Sokolov
Yuriy Sokolov & Irina Yeutuhova - Il loro futuro, il nostro sogno
Peter Pan. La madre di questi bambini – in tutto sono nove fratelli – ha avuto grandi difficoltà a trovare una casa. Ora la famiglia vive a Dobrush, in una casa trovata grazie al progetto Tizzi, nato a Lodi 10 anni fa per aiutare le famiglie in seria difficoltà nella provincia bielorussa di Dobrush.
© Irina Yeutuhova
Gianluca Uda - Lamiere
Monella
© Gianluca Uda Photo
Daniele Volpe - Guatemala - Genocidio Ixil
Feliciana Bernal tra gli scavi fatti dagli antropologi forensi a Xe’Xuxcap, Nebaj. È alla ricerca dei resti di suo figlio di un anno, morto 30 anni fa.
© Daniele Volpe
Daniele Volpe - Guatemala - Genocidio Ixil
Efraín Rios Montt testimonia davanti al giudice durante il processo per genocidio in cui lui è il principale imputato.
© Daniele Volpe