1 di 19
Schiavitù, rivoluzione e voodoo
Nicola Lo Calzo, Ayti
Nicola Lo Calzo, Ayti
Lo schiavo fuggitivo, antenato dei padri della nazione. Rappresenta la sopravvivenza, la resistenza e il rifiuto di abdicare.
Nicola Lo Calzo, Ayti
Martha Adelaide Modeste con il quadro dell'antenata Modeste, deportata come schiavo dall'Etiopia ad Haiti, nel 1781 per lavorare nel possedimento di Francesco Testas, un coltivatore di zucchero.
Nicola Lo Calzo, Ayti
Il pellegrinaggio a Bord-de-Mer de Lemonade per pregare la divinità voodoo Santa Filomena, detta anche "Lasyrenn" (la sirena). Oggi ad Haiti, la maggior parte dei luoghi sacri Voodoo si trova in campagna, in particolare sulle rovine di antichi possedimenti coloniali
Nicola Lo Calzo, Ayti
La classe contadina ha integrato la memoria della schiavitù in altre forme di narrazioni tra cui il racconto orale di famiglia. La memoria ancestrale collettiva è organizzata intorno alla religione Voodoo. Il convento di Badjo fa parte del cosiddetto "Triangolo d'Oro", che comprende i tre più importanti luoghi sacri del paese "Lakou Soukri".
Nicola Lo Calzo, Ayti
Il presidente Sam (1896-1902)
Nicola Lo Calzo, Ayti
Il carnevale di Jacmel, una città nel sud-est, è un'occasione per raccontare la storia di Haiti. Come scrisse l'antropologo e fotografo Leah Gordon "sono le persone che sostengono la storia". I personaggi e costumi tradiscono le origini medievali del Carnevale, importato dai bianchi coloni, e rimandano al Voodoo, alla memoria ancestrale africana e alla schiavitù.
Nicola Lo Calzo, Ayti
La residenza di Marie Claire Heureuse, prima imperatrice di Haiti, è ora occupata da privati.
Nicola Lo Calzo, Ayti
Theodore Taondreau nel ruolo del ribelle resistente, il "maroon" viene messo in scena attraverso una scelta tecnica e musicale specifica. Questi elementi hanno perso parte del loro significato originario (in riferimento al culto dell'orso o l'uomo selvatico nel carnevale indo-europeo) per assumere un nuovo significato simbolico legato al contesto locale. Infatti, il "fustigatore" simboleggia l'origine africana del popolo haitiano a causa del suo colore nero.
Nicola Lo Calzo, Ayti
Nel 1804, Henri Christophe costruì la Cittadella Laferrière per difendere la parte settentrionale dell'isola di Haiti in caso di un ritorno dei francesi. 20.000 persone furono coinvolte nei lavori di costruzione per oltre quattordici anni. 2000 operai morirono e si dice che qui il sangue è mescolato alla malta dell’edificio.
Nicola Lo Calzo, Ayti
Conforte, 30 anni, (seduta al centro della foto a destra) abita oggi questa casa, costruita dal suo bisnonno David Godonou Dossou agli inizi del XIX secolo. Come la maggior parte dei ricchi mercanti della città, la famiglia possedeva dei « MÈDÉ » (letteralmente « persone scelte »), una decina di persone, secondo la testimonianza dei suoi discendenti. Questi schiavi erano destinati a coprire diverse mansioni, tra le quali i lavori di manutenzione e costruzione della casa familiare. Il fenomeno della schiavitù domestica interna africana non si può dissociare da quella relativa alla schiavitù coloniale. « Tutti volevano abbandonare la casa di famiglia, troppo cara da mantenere in mancanza di fondi e di personale», racconta Mirabelle G.D., pronipote del fondatore. « Abbiamo avuto il coraggio di perseverare per non lasciare cadere la casa in rovina. L’Unesco ha proposto di farsi carico del restauro dell’architettura, ma stiamo ancora aspettando l’accordo degli zii eredi”.
Nicola Lo Calzo, Cham
Casa Godonou Dossou, Porto Novo, Benin 2011
Il Buryian ha inoltre, come origine, il « bumba-meuboî » - boum ! il mio bue – molto popolare a Bahia che attraverso le concitazioni movimentate del bue e del bovaro, evoca il complesso mistero della morte e della resurrezione. La carcassa degli animali é fatta di cartapesta, e comprende le articolazioni del collo, delle membra e della coda. In questo modo la teste del bue é formata da un vero e proprio cranio svuotato di bue, dotato di corna, imbottito e rimodellato con della spugna sintetica. Il suo aspetto diventa molto naturalista, spaventoso per i suoi movimenti concitati, evocando la forza devastatrice e la morte.
Nicola Lo Calzo, Cham
Singbomey, Famiglia De Souza, Ouidah, Benin 2011
Fonte : Rachia Ayari De Souza
Clement appartiene al ramo cadetto di una nobile famiglia di origine marsigliese. Il suo avo, Olivier de Monteguere fu il XIX comandante del forte francese, per conto del re di Francia Luigi XVI. Originario di Marsiglia, arriva a Ouidah nel 1776 e organizza la tratta coloniale tra Ouidah e le Antille francesi (dei Montaguere si trovano oggi anche in Guadalupe). A Ouidah, fonda un nuovo ramo della famiglia, i cui discendenti abitano ancora l’antica proprietà. Tuttora gli Olivier de Monteguere mantengono una posizione di prestigio rispetto alla comunità cittadina. A differenza della maggior parte delle famiglie locali, non possiedono alcun altare voodoo, rivendicano le loro origini marsigliesi e la loro ascendenza europea e professano rigorosamente la religione cattolica.
Nicola Lo Calzo, Cham
Cimitero privato di famiglia, Ouidah, Bénin, 2011
Il fondatore della famiglia David Akplogan Godonou Dossou era un ricco mercante dell’etnia Gouns originario di Porto Novo. Akplogan corrisponde al suo titolo di ministro dei culti presso il Re Toffa. Secondo il racconto di Mirabelle G.D., pronipote del fondatore, « in piena espansione coloniale francese, mio nonno ha voluto cambiare il suo nome e ha smesso di praticare il voodoo, diventando cattolico. Prese il nome di Godonou Dossou. Come la maggior parte dei ricchi mercanti della città, possedeva dei « mèdé » (letteralmente « persone scelte »), una decina di persone tra donne e uomini. Questa fotografia, realizzata negli anni 20, lo ritrae nella corte principale della casa, all’apice del suo successo economico.
Nicola Lo Calzo, Cham
Casa Godonou Dossou, Porto Novo 2011
Nel Buriyan, la più importante cerimonia della comunità afro-brasiliana, il personaggio della Morte corrisponde al fondatore della comunità, lo Chacha I Francisco Felix de Souza, storicamente il più importante negriero dell'Africa occidentale al tempo della tratta. All’interno del rituale, la Morte-Chacha é investita di un duplice ruolo, da un lato come protettore della comunità, e dall’altro minaccia per coloro che violano l’ordine precostituito e la gerarchia. Questa cerimonia, organizzata tutti gli anni dalla famiglia De Souza per l’anniversario della nascita del fondatore, il 4 ottobre 1754, non ha perso il suo significato originale: consolidare la gerarchia sociale e i rapporti di classe tra i membri della comunità, i De Souza d’ascendenza servile, e i De Souza d’ascendenza nobile.
Nicola Lo Calzo, Cham
Spiaggia di Ouidah, Bénin 2011
Questi giovani membri del gruppo «Mas Ka Klé» sono chiamati dai più anziani del gruppo a riunirsi per il «déboulé». Questo momento che attinge all’immaginario delle comunità di schiavi «marrons» e fuggitivi, é anche l’occasione per riaffermare i valori identitari del gruppo e caricare emotivamente i giovani per il «déboulé», una marcia determinata, quasi militare, al margine della sfilata ufficiale del Carnevale.
Nicola Lo Calzo, CHAM, Chiamata al «déboulé», Gruppo «Mas-ka-klé»
Quartiere popolare Le Raizet, Les Abymes 20112
Nicola Lo CAlzo, CHAM, Veglia mistica, «Mas-a-zonbi», gruppo «Voukoum», Città di Basse Terre 2012
Nel 1995, due cicloni travolgono la spiaggia dell’ «Anse Sainte-Marguerite», nel comune di Moule, un luogo di pic-nic domenicale molto frequentato dai Guadalupani. Le acque agitate e i venti sotterrano rapidamente numerosi depositi di ossa umane di cui nessuno sospettava l’esistenza. L’anno seguente, una squadra di archeologi portò alla luce decine di sepolture, datandole al XVIII e al XIX secolo.
La morfologia del cranio presentava le caratteristiche di popolazioni di origine africana. «Alcuni individui presentavano dei denti limati a punta, una mutilazione praticata da alcune etnie sul continente africano» spiega Patrice Courtaud (UMR 5199 CNRS-Laboratoire d’anthropologie), che conduceva gli scavi. Un cimitero di schiavi era appena emerso dal nulla. Questo rarissimo cranio, appartenente alla sepoltura S225, presenta delle mutilazioni dentarie, l’unica prova dell’origine africana della persona defunta e del suo statuto servile.
Nicola Lo Calzo, Cham
Deposito archeologico, Service régional d’Archéologie, Le Moule 2012
Il fenomeno di reinterpretazione del passato e dell’origine africana é presente nel caso delle «Mas a Kongo».
Questa maschera consiste nell’ungere il corpo e il viso di un preparato a base di sciroppo di canna da zucchero e di fuliggine recuperata direttamente nelle ciminiere degli zuccherifici guadalupani. Questi elementi hanno perso parte del loro significato originale (in riferimento al culto dell’Orso o dell’Uomo Selvaggio nel Carnevale indo-europeo) per vestire una nuova simbologia presa al contesto locale. La maschera «a Kongo» é presentata come il simbolo dell’origine africana del popolo antillese in ragione del suo colore nero esasperato. Quest’immagine rinvia, suo malgrado, a una lettura, molto occidentale e coloniale dell’africano, secondo lo stereotipo del selvaggio costruito in occidente nel XIX secolo.
Nicola Lo Calzo, CHAM
Quartiere Patit-Paris, Città di Basse Terre 2012