La storia di Eben Alexander, smontata

L'esperienza di "pre-morte" e visione del paradiso raccontata in un libro che sta vendendo milioni di copie è accusata di falso da un'inchiesta di Esquire

Eben Alexander è un neurochirurgo americano di 59 anni che è diventato molto famoso soprattutto negli Stati Uniti – ma anche nel resto del mondo – dopo aver pubblicato A Proof of Heaven (in Italia pubblicato quest’anno da Mondadori con il titolo Milioni di farfalle), un libro autobiografico in cui parla di un’esperienza “pre-morte” che Alexander avrebbe vissuto quando, a causa di una malattia che colpì il suo sistema nervoso, rimase in stato di coma per sette giorni, dal 10 al 17 novembre 2008. Il libro, nel quale Alexander afferma l’esistenza di un luogo «che è molto più che un paradiso», e in cui ciò che resta della persona si fonde con un’entità che lui chiama «Dio» in un contesto di amore e conoscenza totale, è uscito nel 2012 e da allora è sempre rimasto nella classifica dei best seller del New York Times.

Lo scorso martedì 2 luglio, però, il magazine americano Esquire ha pubblicato una lunga inchiesta del giornalista Luke Dittrich, il quale, dopo aver parlato più volte con Alexander e con varie persone con cui Alexander ha avuto contatti in passato, smonta l’argomento principale sul quale è fondato il libro intero, cioè che le esperienze raccontate da Alexander non fossero scientificamente compatibili con il suo quadro medico. Secondo quanto ha raccontato Alexander infatti «durante il coma non è che il mio cervello funzionasse parzialmente – non funzionava per nulla». Per questo, sostiene, non sarebbe stato scientificamente possibile avere visioni, anche di tipo allucinatorio oppure onirico. Inoltre, Dittrich ricostruisce una biografia di Alexander che mette pesantemente in dubbio la sua sincerità e correttezza.

Nell’articolo di Esquire (anticipato online straordinariamente a pagamento per un dollaro e 99, con una nota dell’editore) Dittrich racconta infatti la storia personale di Alexander e alcune vicende controverse capitategli prima della malattia. Alexander è nato nel 1953 da una coppia di ragazzi americani molto giovani, che pochi giorni dopo il parto decisero di darlo in affidamento; venne quindi cresciuto da una famiglia benestante del North Carolina. Il padre adottivo era un famoso neurochirurgo, e Alexander ha raccontato a Dittrich che da ragazzo si sentiva tagliato per fare il medico, ma che temeva che non sarebbe mai stato all’altezza del padre. Inoltre sognava di fare l’astronauta, e mandò anche il proprio curriculum alla NASA; dopo alcuni mesi di indecisioni il padre però lo convinse a iscriversi alla Duke Medical School, nel 1975.

Si laureò, divenne un neurochirurgo come il padre e nel 1988 gli venne assegnato il primo incarico importante, un posto come chirurgo operante in un ospedale vicino Boston; nel frattempo insegnava anche alla Harvard Medical School, una prestigiosa università dove aveva lavorato anche il padre. Dittrich, dopo aver raccolto le testimonianze dei suoi colleghi dell’epoca, racconta che secondo alcuni «a differenza [degli altri chirurghi] gli ci voleva un po’ per concentrarsi; non che non fosse sveglio, ma a volte sembrava semplicemente essere da un’altra parte».

Dopo alcuni anni cominciarono dei guai; collaborò alla scrittura di un libro in cui l’antagonista principale assomigliava «in maniera inquietante» al suo capo di allora con cui già aveva litigato più volte; nel 2001 abbandonò quindi il posto e trovò lavoro in un altro ospedale vicino Boston, dove però poco dopo gli impedirono di operare per «aver eseguito varie operazioni in modo improprio». Cambiò lavoro di nuovo, e finì in un ospedale di Lynchburg, in Virginia.

Dittrich rivela che il 27 giugno 2007 Alexander operò un uomo del posto che aveva problemi alla schiena, e sbagliò completamente l’intervento; avrebbe dovuto saldare insieme la quinta e la sesta vertebra, e invece intervenne sulla quarta e sulla quinta. Giorni dopo se ne accorse, e manomise la cartella clinica del paziente, sostituendo il numero delle vertebre da operare in tutti i passi in cui erano citate. Il paziente lo scoprì e gli fece causa per 3 milioni di dollari; il processo non era ancora terminato quando Alexander cominciò a soffrire di dolorosissimi mal di testa. In seguito scoprì che si trattava di un’infezione causata dal batterio Escherichia coli, che può attaccare il sistema nervoso ed essere tra l’altro l’agente scatenante della meningite. Il sistema immunitario reagisce e può causare infiammazioni alle meningi e ai vasi sanguigni del cervello; quando il 10 novembre 2008, in seguito a uno di questi attacchi, Alexander arrivò all’ospedale di Lynchburg le sue funzioni cerebrali erano già ridotte al minimo.

La dottoressa Laura Potter, di turno quando Alexander arrivò in ospedale, dispose il coma farmacologico. Da quel momento iniziarono le visioni; Alexander ha raccontato in seguito e nel suo libro di essersi trovato in quei momenti in un posto verdeggiante, quasi idilliaco, assieme a altre persone in abiti da contadini e a milioni di farfalle: poteva anche udire una melodia soffusa e celestiale provenire dall’ambiente circostante. Appena avvertì di essere arrivato in questo luogo, una donna che cavalcava una farfalla gli si avvicinò, sussurrandogli: «Sei amato e benvoluto, non hai nulla da temere. Non hai fatto nulla di male».

Il tempo e lo spazio in quel luogo erano differenti, racconta Alexander nel libro, e al di sopra di quell’ambiente (o sotto, o di lato, non ha saputo dirlo con precisione) c’era un immenso spazio nero illuminato da un’unica luce, una entità che lui ha definito «Dio». Questa entità, secondo Alexander, gli donò una completa consapevolezza, e lo incaricò implicitamente di tornare nel mondo tangibile e di annunciare la presenza di quella realtà.

Si svegliò domenica 17 novembre 2008, ed era guarito; poco alla volta riprese le funzioni vitali di una persona normale, e venne dimesso. Una volta tornato a casa, stando al suo racconto, passava le notti insonne, ripensando all’esperienza vissuta durante il coma; a un certo punto decise di farne un libro, e cominciò a scrivere. Nel frattempo era ripreso il processo in cui era stato citato dal paziente a cui operò le vertebre sbagliate, nel quale Alexander fu convinto dai suoi avvocati a patteggiare. In seguito patteggiò un’altra causa simile, e – spiega Dittrich – divenne uno dei due medici dello stato della Virginia ad aver subìto cinque cause civili per negligenza negli ultimi dieci anni; nessuno all’epoca ne aveva ricevute di più.

Nel 2012 l’editore Simon & Schuster gli comprò il manoscritto e glielo pubblicò: ebbe un successo pazzesco, e finora ha venduto circa due milioni di copie. Alcuni scienziati sulle prime le criticarono per la poca scientificità del racconto e lo accusarono di «non capire nulla di neurochirurgia». Nessuno però, prima dell’articolo di Esquire, aveva ricostruito la sua dubbia attendibilità indagando sulla sua carriera prima della malattia e messo insieme le diverse incongruenze nel suo racconto.

La testimonianza più importante, che contraddice molte delle spiegazioni di Alexander, secondo cui cioè i collegamenti all’interno del proprio cervello «si erano completamente interrotti», è quella della dottoressa Laura Potter, che ha così risposto a una domanda di Dittrich:

Lo stato in cui era Alexander quando provaste a sospendere il coma farmacologico, durante il primo giorno di cure, può essere definito cosciente?

Sì, cosciente ma in stato allucinatorio.

Il 12 dicembre 2012 la rivista americana Atlantic aveva pubblicato un articolo di Oliver Sacks, il famoso neurochirurgo inglese, che fornisce una possibile spiegazione di quanto accadde a Alexander, aggiungendo inoltre che «è curioso che [Alexander] non consideri la spiegazione più ovvia, ma che insista con quella sovrannaturale». Secondo Sacks spesso le allucinazioni sembrano così reali perchè «attivano le stesse aree cerebrali che vengono stimolate dalle percezioni tangibili. L’ipotesi più plausibile, nel caso del dottor Alexander, è che la sua esperienza pre-morte sia avvenuta non durante lo stato di coma, ma quando si stava risvegliando da esso, cioè mentre la sua corteccia cerebrale stava tornando a funzionare».

Inoltre, secondo Dittrich, Alexander ha mentito anche su molti aneddoti laterali della vicenda; ha scritto che poco dopo essere uscito dalla sala delle urgenze dell’ospedale – e prima di cadere in coma – urlò «Dio, aiutami!», ma per la dottoressa Potter non è possibile, poiché era stato intubato prima di uscire dalla sala, e inoltre lei stessa non ricorda nessun fatto del genere. Nel libro inoltre Alexander racconta che durante la settimana in cui fu in coma piovve in continuazione, e che, poco prima di svegliarsi, fuori dalla finestra della sua camera apparve un arcobaleno. Dittrich ha chiesto a un meteorologo locale se questo fosse possibile, tenendo in considerazione le condizioni climatiche di quei giorni, e quello gli ha risposto di no.

Alexander non opera più dal 2007, ma si considera tuttora un «guaritore»: non ha commentato su Twitter l’articolo, dopo la sua pubblicazione, ma in seguito ha detto che lo ha trovato «cinico» e «eccessivamente selettivo».