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  • Mercoledì 23 gennaio 2013

L’incipit di Zanna Bianca

Cupe foreste di abeti rossi s’affacciavano arcigne sulle due rive del fiume gelato. Un vento recente aveva strappato dai rami il bianco mantello di ghiaccio e nella luce dell’imbrunire gli alberi parevano appoggiarsi l’uno all’altro, neri e minacciosi. Un vasto silenzio avvolgeva il paesaggio. E il paesaggio stesso era desolato, senza vita, immobile, così solitario e freddo che neppure si poteva dire vi regnasse un senso di tristezza. Vi aleggiava un cenno di risata, ma una risata più terribile di ogni tristezza: una risata senza gioia come il sorriso della sfinge, una risata fredda come il gelo e percorsa dalla caparbia ferocia dell’infallibilità. Era l’imperiosa e incomunicabile saggezza dell’eternità, che sbeffeggia la futilità della vita e l’affanno per vivere.

(Jack London, Zanna Bianca)