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Una vita da Stan Lee

Oggi compie 90 anni uno dei più celebri autori di fumetti al mondo, dall'Uomo Ragno a Hulk e i Fantastici Quattro: come si è costruito una vita leggendaria

Stan Lee oggi compie 90 anni. Questo è il suo account ufficiale su Twitter, se volete fargli gli auguri: si presenta come “creatore di Spiderman, Iron Man, Hulk, X-Men, eccetera”. Eccetera. È difficile esagerare l’importanza di Stan Lee nella creazione e nella fama dei fumetti della Marvel; è ancora più difficile riuscire ad andare oltre la buccia spessa di una specie di mito vivente e capire chi sia l’uomo e quale sia la sua storia. Non perché lui sia particolarmente schivo o la storia particolarmente oscura, ma esattamente per il motivo contrario.

Avete visto uno della ventina di film che sono usciti negli ultimi anni sui supereroi della Marvel? Uno qualsiasi della trilogia di Spiderman o il primo episodio della nuova serie di film, per esempio. Stan Lee ha una breve apparizione in tutti quanti, una volta come passante, un’altra come venditore di hotdog. Un’altra ancora (nel primo Iron Man) è tra gli invitati a una festa e viene scambiato per Hugh Hefner, il fondatore di Playboy. Al di fuori dei film tratti dai fumetti che ha contribuito a creare circa 50 anni fa, è comparso anche nella serie The Big Bang Theory e in altre decine di serie TV, film e cartoni animati. Nel 2010 ha fatto anche il conduttore in una serie di History Channel su una serie di persone che ha abilità o caratteristiche particolari, tanto da farne “supereroi” nella vita reale.

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Cinque anni fa è uscito persino un albo a fumetti in edizione limitata tutto centrato sugli incontri di Stan Lee con diversi personaggi del mondo Marvel. L’albo è stato scritto da Stan Lee. Nel periodo d’oro delle startup legate a Internet, alla fine degli anni Novanta, Stan Lee lanciò anche la sua casa di produzione, la Stan Lee Media, che ebbe vita molto breve e fallì alla fine del 2000. Nella piccola sala riunioni della Stan Lee Media diretta da Stan Lee, a Los Angeles, era appesa alla parete una grande fotografia di Stan Lee.

Il comunicato con cui ha annunciato ai suoi fan l’operazione di impianto di un pacemaker, tre mesi fa, è di questo tenore:

Attenzione, truppa! Questo è un dispaccio inviato dal vostro amato Generalissimo, direttamente dal centro della zona di guerra di Hollywood! E adesso ascoltate! La vostra guida non vi ha abbandonato! Nel tentativo di assomigliare di più al mio collega Vendicatore, Tony Stark, mi è stato piazzato un pacemaker elettronico vicino al cuore per garantire che sarò in grado di restare al vostro comando per altri 90 anni.

Ovviamente, la presentazione del personaggio che abbiamo fatto finora sembra quella di un disperato maniaco di sé stesso, una specie di un pazzo scatenato, se lo stesso Stan Lee non fosse in grado di parecchia autoironia nei propri confronti. E Stan Lee quell’autoironia l’ha sempre avuta: chi lo incontra lo descrive inevitabilmente come una persona molto affascinante, sorridente e dalla battuta pronta.

La storia di Stan Lee è una specie di caso da manuale di “storia americana”. Nato a New York – come Stanley Lieber – e cresciuto nel Bronx, in una famiglia povera di immigrati ebrei romeni, la sua carriera nel settore dei fumetti cominciò riempiendo le boccette di inchiostro e andando a comprare il pranzo alla Timely Comics, nel 1939. Alla Timely lavoravano già Jack Kirby, cinque anni più vecchio di Stan, e Joe Simon, due personaggi importanti della storia del fumetto americano (e della nostra).

Gli incarichi per Stan Lee passarono in breve a cose più di sostanza, come trascrivere il testo delle vignette nelle tavole e scrivere brevi storie in prosa alla fine degli albi a fumetti, e lui fece carriera in fretta: quando aveva 19 anni e ci fu bisogno di un caporedattore e di un direttore artistico, perché Kirby e Simon se ne erano andati alla concorrenza sbattendo la porta, il proprietario (Martin Goodman, un altro uomo dalla vita avventurosa) scelse lui, in attesa di trovare un dirigente vero. Ma Stan Lee aveva talento per quegli incarichi e, dopo cinque anni passati a scrivere testi per gli opuscoli informativi dell’Esercito durante la Seconda Guerra Mondiale, tornò a occuparli fino agli anni Settanta.

Gli anni decisivi per la vita di Stan Lee e per la Timely Comics, diventata Atlas negli anni Cinquanta e poi Marvel, furono pochi e molto intensi, dopo che Kirby fu ritornato gradualmente a lavorare per l’azienda. Tra il 1961 e il 1964, dopo l’enorme e immediato successo della serie dei Fantastici Quattro creata da Stan Lee, la Marvel lanciò le serie a fumetti di Hulk, Thor, gli X-Men, l’Uomo Ragno, Nick Fury. Queste sono le copertine dei primi numeri di dieci celebri serie della Marvel di quegli anni.

I personaggi vivevano tutti nello stesso “universo” – un’idea che era venuta qualche anno prima alla DC Comics – e avevano spesso in comune la stessa caratteristica: sentire il peso “esistenziale” della vita da supereroe. In fondo, Hulk non è così contento di trasformarsi in un bestione verde ogni volta che si arrabbia e l’Uomo Ragno è un vero sfigato nella vita, molto più di Clark Kent. Questa fu la grande intuizione dei personaggi Marvel e parte del loro incredibile successo: un’intuizione che la leggenda di Stan Lee, con una conveniente serie di aneddoti raccontati più e più volte negli anni, attribuisce principalmente a Stan Lee. Lui stesso racconta così come nacquero i Fantastici Quattro:

Ma in quegli anni, nella piccola sede al numero 625 di Madison Avenue, New York, intorno a Stan Lee c’erano altri nomi leggendari del fumetto americano, come per esempio Steve Ditko. Ditko ebbe un ruolo fondamentale nella creazione dell’Uomo Ragno ma seguì un altro percorso esistenziale, una sorta di vita di Stan al contrario: lasciò la Marvel nel 1966, più o meno nello stesso periodo smise di rilasciare interviste e vive tuttora a New York una vita estremamente ritirata, continuando a disegnare storie profondamente influenzate da una rigida filosofia di vita che segue da decenni.

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