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  • Martedì 23 ottobre 2012

Gli ostaggi al teatro di Mosca, il 23 ottobre 2002

Un gruppo di separatisti ceceni sequestrò circa 850 persone al teatro Dubrovka: finì tre giorni dopo, molto male

di Emanuele Menietti – @emenietti

MOSCOW, RUSSIAN FEDERATION: (FILES) File picture showing A TV grab fom Russian television channel NTV shows the bodies of Chechen separatists killed after Russian special forces ended a hostage drama at a Moscow theatre building, 26 October 2002. On 23 October 2002, Chechen commandoes stormed the Moscow theater during a musical performance and demanding that Moscow withdraw troops from war-torn Chechnya. A year after, relatives of the victims say the Russian government did not enough to save lives during the siege.129 hostages were killed in addition to the 41 hostage-takers in the assault. AFP PHOTO NTV/FILES (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

MOSCOW, RUSSIAN FEDERATION: (FILES) File picture showing A TV grab fom Russian television channel NTV shows the bodies of Chechen separatists killed after Russian special forces ended a hostage drama at a Moscow theatre building, 26 October 2002. On 23 October 2002, Chechen commandoes stormed the Moscow theater during a musical performance and demanding that Moscow withdraw troops from war-torn Chechnya. A year after, relatives of the victims say the Russian government did not enough to save lives during the siege.129 hostages were killed in addition to the 41 hostage-takers in the assault. AFP PHOTO NTV/FILES (Photo credit should read -/AFP/Getty Images)

Olga Romanova superò il cordone della polizia ed entrò nel teatro. Era l’una e mezza di notte. Raggiunse l’area in cui si trovavano i prigionieri e, urlando, li invitò a rivoltarsi contro i loro sequestratori che li tenevano in ostaggio da ore. Un sequestratore pensò che Olga fosse una spia e la uccise pochi istanti dopo. Ancora oggi non è chiaro che cosa la spinse a entrare e come fece a superare le forze di sicurezza agli ingressi. L’unica cosa certa è che Olga Romanova fu la prima persona a essere uccisa durante le complicate ore della crisi del teatro Dubrovka a Mosca, iniziata il 23 ottobre 2002 con il sequestro di circa 850 ostaggi da parte di un gruppo armato che chiedeva la fine della Seconda guerra cecena.

Il sequestro
Mentre centinaia di spettatori assistevano inconsapevoli al secondo atto del musical Nord-Ost, poco dopo le nove di sera del 23 ottobre 2002, oltre quaranta persone con il volto coperto entrarono nell’atrio del teatro. Armate di fucili da assalto, spararono diversi colpi in aria e si sparpagliarono nella sala principale, prendendo in ostaggio tra le 850 e le 900 persone. Alcuni spettatori ebbero crisi di panico e si misero a urlare, altri svennero, avrebbero poi raccontato i sopravvissuti.

C’era molta confusione in sala e dietro le quinte, dove si trovavano diversi attori che sarebbero dovuti entrare in scena durante il musical. Alcuni riuscirono a fuggire, attraverso una finestra aperta nelle quinte, mettendosi in salvo e chiamando la polizia. Nei primi concitati minuti del sequestro, circa 90 persone riuscirono ad allontanarsi dal teatro, mentre per le altre iniziò una lunga e snervante attesa sotto la violenta sorveglianza degli assalitori.

Il capo dei sequestratori disse agli spettatori che erano ostaggi di un gruppo suicida. Li invitò a mantenere la calma e spiegò di essere interessato solo ai cittadini di nazionalità russa, e che avrebbe quindi lasciato andare tutti gli stranieri che gli avessero mostrato un passaporto. Erano 75, ma il loro rilascio si sarebbe complicato nelle ore successive durante le fasi di negoziazione con le forze dell’ordine.

Le richieste
Movsar Barayev era alla guida dei sequestratori. Avrebbe compiuto 23 anni tre giorni dopo l’inizio dell’operazione al teatro ed era nipote del comandante della milizia cecena Arbi Barayev, organizzatore di diversi sequestri e rapimenti nel corso della Prima guerra cecena, ucciso dalle forze speciali russe nel 2001, un anno prima del fatti al teatro di Mosca. Movsar Barayev si mise in contatto con la polizia, che aveva circondato la zona, e diede le sue condizioni: chiese l’immediata fine delle operazioni militari russe in Cecenia entro una settimana, altrimenti avrebbe fatto uccidere tutti gli ostaggi.

Gli fu risposto che si trattava di richieste non realistiche, specialmente per i brevi tempi imposti. Barayev allora chiese come primo segnale la fine dei bombardamenti tramite artiglieria e aeroplani a partire dal giorno successivo, la fine delle ricerche casa per casa dei ribelli ceceni e una dichiarazione formale, da parte del presidente Vladimir Putin, in cui vi fosse un impegno a fermare la guerra in Cecenia. Per non creare nuove tensioni, le autorità russe disposero per i giorni seguenti al 23 ottobre una sospensione dei bombardamenti più pesanti.

Nel teatro
Attraverso le telefonate di alcuni ostaggi ai loro parenti, all’esterno del teatro, le autorità ebbero la conferma che i sequestratori erano in possesso di granate, armi e che indossavano altri tipi di esplosivi rudimentali. In realtà, si scoprì in seguito, molti componenti del gruppo indossavano finte cinture esplosive. Le donne avevano il viso coperto dal niqāb e i sequestratori comunicavano chiamandosi con nomi arabi. Le centinaia di ostaggi erano mantenute all’interno dell’auditorium, mentre la buca dell’orchestra fu destinata a toilette. Ci furono diversi momenti di tensione ma non si verificarono particolari episodi di violenza durante le ore del sequestro.

Nel corso della prima notte, quella tra il 23 e il 24 ottobre, gli assalitori diedero un primo segnale alle autorità su come avrebbero gestito la cosa, liberando spontaneamente oltre 150 persone. Si trattò principalmente di donne incinte, bambini, musulmani, stranieri e persone che avevano bisogno di cure mediche e che sarebbero potute diventare un problema. Due donne riuscirono a scappare e una di queste nel farlo rimase ferita. In quella notte si verificò anche l’irruzione nel teatro di Olga Romanova, il cui cadavere fu portato fuori da un gruppo di medici autorizzati a entrare alcune ore dopo, facendo pensare inizialmente che si trattasse del primo ostaggio ucciso dai sequestratori.

Trattative
Il 24 ottobre il governo russo propose agli assalitori un salvacondotto, che non fu accettato, per espatriare in un altro paese senza conseguenze. Obbligati probabilmente dai loro sequestratori, gli ostaggi sottoscrissero un appello indirizzato a Putin per fermare i combattimenti in Cecenia. Diversi politici e personaggi di rilievo in Russia provarono a dare il loro contributo per persuadere gli assalitori a rinunciare al loro progetto. In quel giorno una quarantina di ostaggi furono liberati, mentre i negoziati proseguirono senza grandi risultati e sotto le costanti minacce dei sequestratori di iniziare a uccidere le persone nel teatro. La notizia si era intanto diffusa oltre i confini della Russia e iniziava a essere seguita dalle televisioni di tutto il mondo, spesso critiche nei confronti delle autorità russe e della scarsa trasparenza nella gestione delle crisi.

Il giorno seguente, il 25 ottobre, la vicenda assunse proporzioni ancora più grandi. Le famiglie degli ostaggi organizzarono manifestazioni nelle vie centrali di Mosca e nei pressi del teatro, chiedendo a Putin la fine della guerra in Cecenia e il conseguente rilascio in sicurezza dei loro cari. Mentre crescevano le pressioni intorno al presidente russo, i corpi diplomatici di molti paesi si diedero da fare per ottenere la liberazione dei loro connazionali tenuti in ostaggio nel teatro. A un gruppo di medici fu concesso di raggiungere l’auditorium per prestare soccorso ad alcuni ostaggi e per portare cibo e bevande. In quell’occasione Barayev ribadì che l’operazione era nata per ottenere la fine della guerra in Cecenia e che non c’era alcuna intenzione di fare del male alle persone sequestrate.

Tentativi di fuga
Nella notte tra il 25 e il 26 ottobre si verificò un altro caso simile a quello di Olga Romanova. Un uomo riuscì a superare le forze di sicurezza e a entrare nel teatro. Disse che suo figlio era tra gli ostaggi, ma dopo qualche verifica i sequestratori non trovarono alcuna traccia del figlio. L’uomo fu ucciso e non è ancora oggi chiaro chi fosse e quale ruolo abbia effettivamente avuto nella vicenda. Nella stessa notte uno degli ostaggi provò a scappare, gli assalitori fecero fuoco e nella sparatoria rimasero ferite due persone, una delle quali morì dopo essere stata trasportata fuori dall’edificio. Fu trovato anche il cadavere dell’uomo che aveva tentato la fuga.

L’assalto
A causa dell’intransigenza di entrambe le parti, le trattative non stavano portando da nessuna parte. Dopo tre notti, il 26 ottobre le autorità russe decisero di intervenire con un piano di assalto per porre fine al sequestro. L’operazione fu condotta dalle forze speciali (Spetsnaz) e dai servizi segreti russi e, nei giorni seguenti, sarebbe stata molto criticata per le modalità con cui fu condotta, che causarono la morte di decine di persone.

Intorno alle cinque del mattino, alcuni ostaggi notarono che si stava propagando del fumo nell’auditorium. Pensarono si trattasse di un principio di incendio, ma dopo qualche istante capirono che dall’esterno le forze di sicurezza avevano iniziato a diffondere un gas nell’edificio. Era una sorta di gas anestetico, diffuso con l’obiettivo di fare perdere i sensi agli assalitori, ma di conseguenza anche agli ostaggi, per procedere poi con l’assalto vero e proprio con le forze speciali. Una giornalista del giornale Moskovskaya Pravda, che era tra gli ostaggi, telefonò in diretta a una radio di Mosca raccontando che cosa stava accadendo, e il panico nell’auditorium dovuto alla presenza del gas.

Alcuni sequestratori avevano nel loro equipaggiamento anche maschere antigas. Le indossarono e iniziarono a sparare alla cieca verso l’esterno del teatro, pensando che stessero per arrivare le forze speciali. L’incertezza andò avanti per trenta tesissimi minuti, poi il gas fece effetto e le forze speciali avviarono l’assalto fisico vero e proprio. Entrarono a gruppi da diversi lati del teatro, sfruttando porte di emergenza, finestre, aperture sul tetto e nei sotterranei. Iniziarono i primi confronti a fuoco e, avrebbero raccontato poi alcuni testimoni, i sequestratori dissero agli ostaggi di sedersi sui sedili dell’auditorium, piegandosi in avanti per proteggere la testa. Molti di loro erano però narcotizzati dal gas e impossibilitati a muoversi.

Dopo circa novanta minuti in cui ci furono diverse sparatorie, le forze di sicurezza sfondarono la porta dell’ingresso principale ed entrarono nell’auditorium. Iniziò un duro confronto a fuoco con i sequestratori, che furono uccisi. La stessa sorte fu riservata anche agli assalitori privi di sensi a causa dell’inalazione del gas. I combattimenti proseguirono per circa mezz’ora in altre zone del teatro e infine, stando ai rapporti governativi, tutti i sequestratori ceceni furono uccisi. Iniziarono poi le operazioni di recupero degli ostaggi, moltissimi dei quali privi di sensi, i cui corpi furono allineati all’esterno del teatro.

Bilancio
I fatti al teatro Dubrovka di Mosca causarono la morte di 33 ribelli ceceni e di 129 ostaggi durante la fase del sequestro e nei giorni successivi. Ufficialmente una sola persona morì per gli effetti collaterali del gas anestetico. Molti morirono per le ferite da arma da fuoco, ma per diversi le causa ufficiale fu indicata come “attacco cardiaco” o altre complicazioni. Secondo diversi esperti, molti morirono per soffocamento quando collassarono sulle sedie dell’auditorium, o quando i loro corpi privi di sensi furono collocati supini al di fuori del teatro (in quella posizione la lingua tende ad aderire al palato causando il soffocamento). Almeno 700 ostaggi rimasero intossicati dal gas e alcuni di loro vivono ancora oggi con disabilità, anche gravi, dovute agli effetti del composto chimico.

Gas
L’utilizzo del gas da parte delle autorità russe è ancora oggi ritenuto uno degli aspetti più controversi di ciò che fu fatto per liberare gli ostaggi. Le autorità non hanno mai diffuso informazioni chiare e definitive sulla natura del gas utilizzato e questo fu un problema soprattutto nelle ore dopo la liberazione degli ostaggi, perché i medici non sapevano come trattare i casi di intossicazione dovuti all’inalazione. Diversi giorni dopo l’assalto e in seguito a molte pressioni internazionali, il governo russò rivelò che il gas era un derivato del fentanil, un analgesico sintetico molto potente, un narcotico oppioide.

Condanna
Il 20 dicembre del 2011, la Corte Europea per i Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha giudicato la Russia responsabile di gravi errori e inadeguatezze nella gestione dell’attacco terroristico del 2002. Il paese è stato condannato a pagare oltre un milione di euro di risarcimenti a decine di querelanti. Secondo la Corte, la Russia violò la Convenzione sui Diritti Umani con una “progettazione e attuazione” non adeguata delle operazioni di soccorso e non indagando poi a fondo sull’accaduto. A oggi non è ancora chiaro quante persone morirono effettivamente al teatro durante il sequestro, l’assalto per la liberazione degli ostaggi e negli ospedali nei giorni seguenti per aver inalato il gas.