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  • Mercoledì 3 ottobre 2012

Rushdie e il Sesto Potere

"Il mostro della distorsione e dello stravolgimento" della realtà che è descritto nel suo nuovo libro, spiegato da Alessandro Piperno

British author Salman Rushdie addresses the press during the presentation of his book “Joseph Anton” on October 1, 2012 in Berlin. As violent protests over a US-made film rock the Muslim world, Salman Rushdie publishes his account of the decade he spent in hiding while under a fatwa for his book “The Satanic Verses”. AFP PHOTO / JOHANNES EISELE (Photo credit should read JOHANNES EISELE/AFP/GettyImages)

British author Salman Rushdie addresses the press during the presentation of his book “Joseph Anton” on October 1, 2012 in Berlin. As violent protests over a US-made film rock the Muslim world, Salman Rushdie publishes his account of the decade he spent in hiding while under a fatwa for his book “The Satanic Verses”. AFP PHOTO / JOHANNES EISELE (Photo credit should read JOHANNES EISELE/AFP/GettyImages)

Sulla Lettura del Corriere della Sera di questa settimana c’è una lunga recensione del nuovo libro di Salman Rushdie – Joseph Anton – fatta da Alessandro Piperno, che indica e sottolinea alcuni temi del libro interessanti per riflettere su questioni che riguardano anche molto la rete e la nuova comunicazione.

Cos’è il Sesto Potere?
Non quello nelle mani dei guru delle nuove tecnologie, come pensano alcuni sociologi.
Rubando una felice espressione a Rushdie potremmo dire che il Sesto Potere è «la cacofonia di altri discorsi». Esso prolifica nella zona franca in cui i «si dice» dei giornali si incontrano con i tam tam del web. Una palestra di mistificazioni incontrollate. Qualcosa di decisamente più potente e pericoloso del vento della calunnia deliberata. Un mood, per così dire, che sbaraglia tutto e tutti. Il Sesto Potere è un mostro pieno di teste. Ne tagli una, ne sbucano altre cinque. Qualora un giorno, sulla ribalta della storia, dovesse affacciarsi una nuova forma di totalitarismo sono certo si avvarrebbe spregiudicatamente del Sesto Potere.
Non sorprende allora che siano proprio gli scrittori a mostrarsi insofferenti nei confronti della violenza del Sesto Potere. Essi intuiscono che il Sesto Potere è il più fervido nemico del loro lavoro. Per quanto un libro di un narratore serio possa essere scadente e malriuscito, esso è sempre il risultato di un grande sforzo di precisione. Ecco perché Franzen non vuole che un tizio vada in giro a sparare sciocchezze in suo nome. O perché Amis ce l’ha con le capziose incursioni della stampa nella sua vita privata. Parliamo di individui per cui una virgola messa al punto sbagliato, un’allitterazione sfuggita alla revisione delle ultime bozze, o, Dio non voglia, un refuso, possono essere motivo di angosce terribili. Come chiedere a persone così nevrotiche di sopportare la caterva di patacche messe in circolazione dal Sesto Potere? Arrivo a dire che, per fronteggiare questo mostro della distorsione e dello stravolgimento, uno scrittore, che abbia a cuore il proprio lavoro, finisce con il preferire una stroncatura ben argomentata a qualsiasi generico sperticato elogio. Perché è tipico del Sesto Potere nutrirsi di idee generali e non tenere in gran conto il dettaglio specifico.
Che suono ha il Sesto Potere?
Quello del chiacchiericcio indistinto e anonimo, una selva di voci attorcigliate. Un rumore asettico e terrorizzante di stoviglie, il ticchettio della tastiera di un laptop in uno Starbucks affollato. Forse non a caso mi viene in mente il magnifico incipit di Massa e potere di Elias Canetti: «Nulla l’uomo teme di più che essere toccato dall’ignoto».

(leggi per intero sul sito della Lettura)

(JOHANNES EISELE/AFP/GettyImages)