• Martedì 22 marzo 2011

Il grande libro del rock (e non solo) – 22 marzo

Le storie del rock di oggi raccontate da Massimo Cotto

di Massimo Cotto

Bisogna dare una raddrizzata a questa folle occupazione / continuare a muoversi, questa è la motivazione

Mas Que Nada, Jorge Ben

1942 – nasce a Rio de Janeiro Jorge Ben, elemento di spicco della musica brasiliana, il cui stile unisce samba, bossanova, tropicalismo e funky. È autore di un hit monumentale come Pais Tropical che tutti quanti noi abbiamo ballato almeno una volta, spero non facendo il trenino di Capodanno con il cappellino in testa e la trombetta a portata di mano. Strano destino, quello di Jorge Ben, perché l’altro suo grande successo è Mas Que Nada, che è stato interpretato dalla crema del jazz e del rock – da Ella Fitzgerald a Dizzy Gillespie, da Oscar Peterson e Al Jarreau a Sérgio Mendes con i Black Eyed Peas. Insomma, due accoglienze diverse: una canzone è diventata inno da discoteca e gioia sfrenata, spesso eseguita da orchestrelle improvvisate e sgangherate; l’altra ripresa da chi ha un posto nella storia e non nei carnevali. Non male come riassunto di una carriera, come a dire che ha toccato l’orizzontale e il verticale. Le stranezze di Jorge Ben non si fermano qui; a un certo punto della sua carriera è stato costretto a cambiare nome in Jorge BenJor. È successo quando si è accorto che una buona parte dei suoi diritti editoriali e d’autore in America finivano a George Benson, dal nome simile e curiosamente nato il suo stesso giorno, anche se un anno dopo.

— —– —

Ovunque stia scendendo il buio / sai che lo spirito della festa viene alla vita

Give Me The Night, George Benson

1943 – nasce a Pittsburgh, in Pennsylvania, George Benson, uno dei più grandi chitarristi jazz; vincitore di dieci Grammy; prezioso collaboratore delle star, da Miles Davis a Quincy Jones; maestro nello scat e nella tecnica che aveva reso famoso il grande Django Reinhardt; nonché autore di grandi hit come Turn Your Love Around, On Broadway (scritto per All That Jazz di Bob Fosse), Give Me The Night e This Masquerade, che Gabriele Muccino ha inserito nella colonna sonora de La ricerca della felicità. Come molti jazzisti intelligenti, George Benson è un grande amante della musica dei Beatles, di cui ha anche riletto, ovviamente in chiave jazz, le canzoni di Abbey Road nell’album The Other Side Of Abbey Road; si è anche divertito a parodiarne rispettosamente la copertina, attraversando pure lui la celebre strada, lontano però dalle strisce pedonali e, contrariamente a Paul McCartney, con le scarpe, perché, sempre contrariamente a Paul McCartney, George Benson è ancora vivo. Una leggenda mai confermata ma considerata verosimile dai suoi colleghi sostiene che Benson sia un testimone di Geova che non disdegna l’evangelizzazione porta a porta. Durante un tour britannico, dicono sia andato a suonare ai campanelli per farsi aprire e parlare di Geova. Una delle poche volte che gli è stato aperto si è trovato davanti un suo grande fan, che non credeva ai suoi occhi. Naturalmente lo ha fatto entrare, lo ha ascoltato mentre parlava a lungo di Dio e poi ha azzardato, timidamente: «Non possiamo parlare anche un po’ di musica?».

— —– —

Non so come amarlo / cosa fare, come smuoverlo

I Don’t Know How To Love Him, da Jesus Christ Superstar

1948 – nasce a Londra Andrew Lloyd Webber, assicuratore di successo. Non sbaglia un colpo, il vecchio Andrew e anche quando sbaglia non se ne accorge nessuno perché l’eco dei suoi trionfi è tale da riempire la valle dei piccoli inciampi. Il suo carnet prevede un poker d’assi (Jesus Christ Superstar, Evita, Cats, Il fantasma dell’opera), infiniti riconoscimenti (tra cui un Oscar, tre Grammy, un Golden Globe, sei Tony e un Emmy) e soprattutto guadagni inimmaginabili (il suo patrimonio è stato valutato in 750 milioni di sterline, oltre un miliardo di euro). Ovvio che, quando la Emi, in ristrettezze finanziarie, ha messo in vendita i mitici studi di Abbey Road, Andrew si sia subito fatto avanti: per lui trenta milioni di sterline sono uno stuzzicadenti nelle olive. Tra le inevitabili accuse di plagio che colpiscono sistematicamente gli autori di successo, curiosa è quella di Roger Waters. L’ex-mente dei Pink Floyd sostiene che un segmento del Fantasma dell’opera sia molto simile a un suo brano del 1971, Echoes. Nonostante questo, Waters non ha fatto causa a Webber, preferendo vendicarsi in altro modo. Nel brano It’s A Miracle, dall’album Amused To Death, ha inserito un verso che dice: «Le terribili cose di Lloyd Webber continuano ad andare in scena per anni e anni e anni / un terremoto colpisce il teatro ma l’operetta rimane / poi il coperchio del pianoforte si chiude e rompe le sue dita fottute / è un miracolo». Pesantino, eh?


Sono i corpi degli zombie / catturati dal bagliore dello schermo tv

Tv Screen, Iggy Pop, da Arizona Dream

1950 – nasce a Sarajevo Goran Bregovic, forse il più famoso compositore di musica popolare della ex-Jugoslavia. È diventato gran modellatore di suoni e culture dopo aver vissuto in prima persona le contraddizioni interne alla sua famiglia e alla sua gente. Suo padre era croato (oltre che membro dell’Armata popolare Jugoslava), sua madre serba. Dopo il divorzio, andò a vivere con la mamma nei quartieri musulmani di Sarajevo, entrando a contatto con le diverse culture e musiche che convivevano a pochi isolati di distanza: ortodossa, cattolica e, appunto, musulmana. Espulso dalla scuola di musica perché giudicato del tutto privo di talento, cercò di iscriversi alla scuola di belle arti ma fu costretto a rinunciare per l’opposizione di suo zio, convinto che in quella scuola ci fossero troppi omosessuali. Fu così iscritto a un istituto tecnico, ma si stufò presto e fece di tutto per farsi cacciare. Rubò una Mercedes di proprietà dell’istituto e andò a sbattere, fracassandola. S’innamorò del rock non per il suo suono ma perché, sono parole sue, era l’unico modo per esprimere il malcontento senza finire in galera. Lo salva Kusturica, con cui lavora al Tempo dei Gitani e a Underground. Comincia a miscelare folk, elettronica, musica dei Balcani, matrimoni e funerali, ritmi indiavolati e sabbatici e melodie struggenti, note alticce per una musica che viene dal basso. Dall’underground di una terra per molti anni senza luce.

— —– —

Costretto da un desiderio selvaggio / finisco in un anello di fiamme

Ring Of Fire, Johnny Cash e June Carter

1976 – nasce a New Orleans Reese Witherspoon, premio Oscar per il film che racconta la vita di Johnny Cash: Quando l’amore brucia l’anima, terribile traduzione di Walk The Line. Amante di Creedence Clearwater Revival e di Dolly Parton, oltre che naturalmente di Johnny Cash, dunque del country che si muove fino a bussare alla porta al rock, Reese Witherspoon è ancora in Italia, nonostante l’Oscar e i guadagni faraonici, un’attrice di nicchia. In Walk The Line ha portato sullo schermo una delle più romantiche, belle e struggenti storie d’amore di sempre, quella tra Cash e June Carter. Si amavano follemente da molto tempo prima di mettersi insieme, lei fece di tutto per ripulirlo dalla droga, riuscendoci alla fine. Lui le chiese di sposarlo per trenta volte, lei disse sempre no, ne riparliamo quando sarai fuori da alcol e cocaina. Così lui azzardò la mossa a sorpresa, molto rischiosa: fece la proposta di matrimonio durante un concerto in Canada, alla London Arena, nell’Ontario. Lei prima cercò di sviare e rimandare la discussione a dopo, poi, visto che Cash non cedeva, accettò tra le lacrime. Una settimana dopo ci fu il matrimonio, lui in abito nero, lei in blu pallido, quella sfumatura che diventerà per tutti «blu June». Rimasero insieme per trentacinque anni, lei sempre al suo fianco anche durante le ricadute e i momenti bui. Non si staccavano mai. Morì prima lei; dopo quattro mesi lui si lasciò morire. Erano stati lontani troppo a lungo.

Tutti i libri di Massimo Cotto

Foto: AP Photo