Crick, che scoprì perché un uomo non è un coniglio
È uscita per Codice la biografia di Francis Crick, l'uomo che scoprì e decifrò il DNA
Da bambino era preoccupato che al mondo non ci fosse più nulla da scoprire. Ma i suoi stessi studi gli avrebbero dato torto: insieme a James Watson, nel 1953 Francis Crick strutturò il primo modello di DNA, la lunga sequenza di codici che identifica ogni essere vivente, rendendolo unico e diverso da tutti gli altri. La scoperta gli valse il Nobel per la Medicina.
È uscita in queste settimane per Codice la sua biografia, Francis Crick — Lo scopritore del DNA, scritta da Matt Ridley, che racconta vita e scienza dell’uomo che capì perché siamo fatti così.
L’8 giugno 1966 si tenne una festa sul prato di Blackford Hall, una delle residenze che facevano parte del famoso laboratorio di Cold Spring Harbor, sulla costa settentrionale di Long Island. Dopo un banchetto a base di aragosta, una ragazza di nome Fifi saltò fuori da una torta con indosso solo un bikini: non proprio il colpo di scena che normalmente anima una conferenza scientifica. Ma nemmeno le ragioni della festa erano comuni. Si celebravano i cinquant’anni di Francis Crick, un uomo descritto di solito dai colleghi scienziati come «la persona più brillante che abbia mai conosciuto». Era anche il compleanno della creatura scientifica di Crick, il codice genetico. Lo studioso aveva appena apportato gli ultimi ritocchi a una piccola tabella di codifica, che permetteva la perfetta traduzione proteica di tutte le parole di tre lettere, eccetto una, costituenti il lessico del dna. Tale codice, ipotizzò correttamente, era applicabile a livello universale a ogni creatura vivente, il che dimostrava che tutti gli organismi possiedono un unico antenato comune. Si trattava, né più né meno, della ragione stessa per cui ogni organismo era in vita; trasportava messaggi dal passato al futuro, messaggi tesi a organizzare la creazione di organismi viventi a partire dagli alimenti, attraverso la sintesi delle proteine. Costituiva la definizione stessa della differenza tra vivente e non vivente, differenza che Crick si era proposto di determinare quasi vent’anni prima.
Quel giorno Crick prese posto ai vertici del mondo scientifico. Erano stati altri a compiere alcuni degli esperimenti decisivi per decifrare il codice, e altri lungo il cammino avevano condiviso con lui l’euforia di una scoperta essenziale – il messaggero, l’adattatore, la triplice natura del codice – ma Crick era stato presente a ogni passo: il principale teorico, colui che ebbe le migliori intuizioni e che si impegnò nei dibattiti più animati, il direttore dell’orchestra scientifica, era stato lui. Tredici anni prima, com’è ben noto, aveva all’improvviso scoperto insieme a James Watson l’esistenza di un codice, quando i due si erano imbattuti nella struttura del dna, la materia di cui sono fatti i geni. Ora il codice era decifrato. La ragione per cui un coniglio era diverso da una pietra dipendeva dall’avere al proprio interno un lungo messaggio composto da parole di tre lettere in un alfabeto di quattro. Il motivo per cui un coniglio era diverso da un individuo era una differente sequenza di lettere all’interno di quel messaggio. Ecco la vita in tutta la sua semplicità. Crick poteva depennarla da un elenco mentale stilato molto tempo prima, una lista di misteri che chiedevano di essere sottratti al territorio della mistica e ascritti a quello della ragione. Si trattava di un elenco breve, con due sole voci: la vita e la coscienza. La vita era sistemata.
Da bambino Francis Crick era ossessionato dalla paura che tutto sarebbe già stato scoperto prima che lui avesse avuto il tempo di crescere. Ispirato dall’Enciclopedia dei ragazzi di Arthur Mee, era rimasto affascinato dall’imprevedibilità tipica delle risposte scientifiche. Fin da piccolo aveva voluto essere lui a trovarne qualcuna, ma c’era un dubbio: sarebbe rimasto qualcosa da scoprire? «Non preoccuparti, tesoro», lo rassicurava la madre. «Ce ne saranno ancora molte che potrai trovare».