Mononota e altri giochi con la musica

Qui si gioca sul serio: la creatività dei grandi, quando è stata mossa dallo spirito del gioco, ci ha lasciato nei secoli straordinari esempi in tutti i campi dell’arte. Penso a Escher, non sono forse meravigliosi giochi i suoi rompicapo prospettici? E nella musica si è sempre giocato seriamente, prendendone gli elementi principali – melodia, armonia, ritmo – e piegandoli alle piccole e feroci regole di un semplice gioco.

È dall’epoca barocca che ci si diverte con l’alfabeto musicale. Bach è un maestro in questo gioco: si assegna una lettera dell’alfabeto a ogni nota scoprendo così il “suono” nascosto nel nome di una persona. Ne nasce una specie di oroscopo musicale, perché ognuno di noi nasconde una melodia nel proprio nome ed è bello credere che quei suoni ci segnino il cammino.

I principi di enigmistica e di matematica hanno ispirato molti giochi in musica, dalle melodie palindrome, cioè che risultano uguali suonandole nei due sensi, alle composizioni che usano i numeri di Fibonacci, nascondendoci significati che navigano dritti verso lo spiritualismo. Si è giocato anche con la sezione aurea – il rapporto matematico tra due lunghezze correlate tra loro – applicandone i principi alle proprie composizioni. Lo ha fatto per esempio Claude Debussy in uno dei suoi preludi per pianoforte più intensi: La Cattedrale Inghiottita. Mi ricordo di uno studio in cui si affermava che la sezione aurea era presente ne “Il cielo in una stanza” di Gino Paoli. A pelle non mi sembra che il vecchio Gino ne sappia di proporzioni divine quanto Fidia, ma visto il successo della canzone forse mi devo ricredere.

Poi c’è il sistema dodecafonico inventato da Arnold Schonberg, che si basa appunto sull’uso seriale dei dodici suoni del nostro alfabeto musicale. Lui ne parla come di “metodo per comporre con dodici note poste in relazione solo l’una con l’altra”. Anche questo è sostanzialmente un gioco, un altissimo gioco s’intende.

Arrivando al gioco musicale reso celebre al grande pubblico dagli Elii in questi giorni, vi avevo già raccontato la vittoria di Rossini su Jobim, ma c’è anche di un altro straordinario esempio musicale. Nel 1959 il compositore italiano Giacinto Scelsi scrive “Quattro pezzi per orchestra su una nota sola” (sulla figura straordinaria di Scelsi curiosate più che potete, sarà una scoperta meravigliosa).
Le note individuate da Scelsi sono il la, la bemolle, fa e si, che vengono costantemente suonate mutandone l’altezza (ottave su e giù), dinamica (forte, piano), e timbri ( i vari strumenti dell’orchestra). Il risultato è un arcobaleno tale di suoni inaspettati che potresti anche non accorgerti che si tratta di una nota sola. Succede anche nel brano di Rossini e secondo me sarebbe successo anche a Sanremo: se nel testo Elio non avesse esplicitato il gioco della mononota – ma avesse parlato di altro – penso che molti che scrivono di Sanremo non se ne sarebbero neanche accorti.

E qui sta la grandezza della scrittura musicale della band. Ciò che succede “sotto” la nota usata dal cantante è un caleidoscopio di mestiere musicale. Il gioco è semplice: il cantante è concentrato a emettere un solo suono, mentre armonia e ritmo variano continuamente, spesso rappresentando esattamente ciò che il testo afferma (accordo maggiore, minore, ritmo accelerato o rallentato). L’arrangiamento prodotto dagli Elii riassume in maniera mirabile i principi fondanti della canzone leggera: è un intero musical in quattro minuti.

Compito a casa: prendete una canzone famosa che conoscete a memoria (Battisti, Baglioni…) e provate a cantarne il testo usando una sola nota. Sembra facile, ma non lo è. Per giocare alto con la musica bisogna conoscerla, saperla fare veramente. E quest’anno grazie a questo gioco musicale si parla in qualche modo e finalmente di musica a Sanremo.

P.S. Un gioco che mi ero inventato tempo fa era questo: scrivete un testo in italiano e laddove trovate le sillabe che corrispondono a una nota, non dovete cantarle ma solo suonarne la nota esatta. Ad esempio nel testo: LAsciaMI staRE amoRE, il cantante dovrebbe cantare solo “scia” “sta” e “amo” e lasciar suonare le note corrispondenti alle sillabe ai musicisti. Molto difficile da eseguire in scioltezza, provare per credere.

Cesare Picco

Pianista improvvisatore e compositore