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  • Martedì 28 novembre 2017

Cosa stanno offrendo le città americane per ospitare la nuova sede di Amazon

Parecchio e forse troppo, scrive il Seattle Times: dagli sconti fiscali ai terreni gratuiti, passando per cose che forse non dovrebbero essere gestite dai privati

(AP Photo/Paul Sakuma, File)
(AP Photo/Paul Sakuma, File)

Lo scorso settembre Amazon ha annunciato di voler costruire una sua seconda sede oltre quella che già possiede a Seattle, nello stato di Washington. Sarà un edificio enorme, che ospiterà circa 50mila impiegati e che produrrà un indotto colossale per la regione in cui sarà costruito in termini di posti di lavoro e ricchezza. Amazon non ha deciso dove costruirlo, ma ha chiesto a città e associazioni locali di industriali di farsi avanti con delle proposte: fino a oggi ha ricevuto 238 candidature. Di queste candidature, 30 sono state rese pubbliche e mostrano cosa le città sono disposte a offrire per convincere Amazon: si va dagli sconti fiscali alle offerte di terreni su cui costruire a formule ancora più originali. Secondo molti, però, alcune città hanno esagerato. Danny Westneat, editorialista del Seattle Times, ha scritto che alcuni governi locali hanno offerto più di quanto si dovrebbe mai cedere a una società privata.

Westneat sottolinea che gran parte delle offerte che sono state rese pubbliche sono piuttosto misurate e condivisibili. La città di Chula Vista, nella contea di San Diego, in California, ha offerto ad Amazon un terreno del valore di 100 milioni di dollari e un’esenzione fiscale sulle imposte patrimoniali della durata di 30 anni, per un costo totale di circa 300 milioni di dollari. Il New Jersey, uno degli stati americani più generosi con gli incentivi, ha offerto un pacchetto di sconti del valore totale di 7 miliardi di dollari in cambio della costruzione del nuovo quartier generale a Newark. Ma più che i grossi sconti, Westneat spiega di essere rimasto colpito da alcune offerte che ha trovato davvero bizzarre.

Uno degli esempi più insoliti, e secondo Westneat più preoccupanti, è quello di Chicago, il cui governo ha offerto ad Amazon un pacchetto di incentivi del valore di 1,32 miliardi di dollari (circa 1,1 miliardi di euro). Non ci sarebbe niente di strano, anzi, altre città hanno offerto sconti fiscali ancora più significativi. La particolarità dell’offerta di Chicago è la provenienza di questi soldi. Il governo cittadino, infatti, ha proposto ad Amazon di incassare una parte delle tasse pagate dai suoi stessi dipendenti. Chi lavora per Amazon, in sostanza, dovrà pagare normalmente le tasse locali dovute al comune di Chicago, ma il denaro, invece che essere usato per costruire strade o pagare stipendi, sarà girato ad Amazon. «Il risultato sarà che i lavoratori pagheranno le tasse ai loro datori di lavoro», è scritto in un rapporto di Good Jobs First, un centro studi spesso molto critico con gli incentivi ricevuti dalle grandi società.

Altre città hanno offerto ad Amazon la possibilità di intervenire direttamente nel governo cittadino. Boston, per esempio, ha offerto ad Amazon la creazione di una “Amazon Task Force”, cioè un gruppo di impiegati della città che lavorino per conto di Amazon. In questo gruppo, spiega Westneat, ci saranno un “coordinatore della forza lavoro”, per aiutare Amazon nella gestione del personale, e un “manager per le relazioni con la comunità”, che avrà il compito di mediare i conflitti che dovessero sorgere tra Amazon e gli abitanti della città.

Fresno, una città di mezzo milione di abitanti nell’entroterra della California, non offre nessuno sconto fiscale, ma ha messo in campo una proposta probabilmente unica nella storia degli incentivi alle aziende. Il governo cittadino ha promesso ad Amazon di creare un fondo in cui verserà l’85 per cento di tutte le tasse pagate da Amazon a livello locale. Il fondo sarà gestito da una commissione nominata per metà dalla città e per l’altra metà da Amazon. Il denaro sarà speso per progetti da sviluppare intorno al nuovo quartier generale della società. Questi progetti avranno tutti il logo di Amazon. Nel testo della proposta si vede per esempio un cartello davanti a un’area verde su cui, accanto al simbolo della società, è scritto: «Questo parco è stato realizzato da Amazon».

Il direttore dello sviluppo economico dell’amministrazione locale di Fresno ha spiegato al Los Angeles Times: «Piuttosto che vedere il proprio denaro sparire nel buco nero delle finanze locali, Amazon potrà decidere come e dove spendere i soldi delle sue tasse. Invece che finanziare la caserma dei vigili del fuoco nella periferia cittadina, potrà usarli per valorizzare il suo investimento in città».

Anche il Los Angeles Times ha messo in guardia dai rischi di offrire sconti eccessivi alle imprese in cambio di investimenti sul proprio territorio. Michael Hiltzik, giornalista e vincitore del premio Pulitzer, aveva scritto lo scorso settembre: «I regali da parte delle amministrazioni alle società alla fine non pagano mai». L’articolo era intitolato “Non svendete le nostre città in cambio del quartier generale di Amazon”. Secondo Hiltzik, ospitare una struttura grande e importante come il nuovo quartier generale di Amazon comporterà inevitabilmente delle grandi opportunità ma anche grossi rischi.

Secondo Westneat, in questo periodo storico i secondi superano di gran lunga i primi. Westneat nota che proprio in queste settimane il governo degli Stati Uniti sta discutendo di un vasto piano di riduzione delle imposte alle imprese, mentre contemporaneamente si discute seriamente di consegnare il controllo di internet a un piccolo gruppo di società (è la storia della famosa “net neutrality“). Come se non bastasse, continua Westneat, le campagne elettorali non sono mai state così dipendenti dalle donazioni delle grandi società come negli ultimi anni. Non sembra il momento migliore, conclude, per considerare l’arrivo del quartier generale di una di queste grandi società come un traguardo così importante da far dimenticare il famoso motto coniato da Abraham Lincoln nel suo discorso dopo la battaglia di Gettysburg: «Un governo del popolo, dal popolo, per il popolo».