Mettere uno smartphone bagnato nel riso serve davvero a qualcosa?

È uno dei consigli più ricorrenti quando ti finisce il telefono in acqua, ma è solo un mito: meglio lasciarlo asciugare all'aria

(il Post)
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Chiunque abbia avuto la sfortuna di far finire in acqua il proprio cellulare si è sentito dire a un certo punto – di solito da quello che la sa più lunga – che “basta lasciare il telefono in una scatola piena di riso per un giorno e vedrai che torna tutto a posto”. Chi non se lo è sentito dire probabilmente ha scoperto lo stesso consiglio cercando su Google il modo migliore per resuscitare un telefono zuppo d’acqua. Le istruzioni per farlo variano molto a seconda dei siti e dei forum: c’è chi consiglia di usare una particolare qualità di riso, chi di aggiungere del sale, chi di usare una busta sigillata o una scatola per scarpe. L’idea alla base è comunque sempre la stessa: il riso assorbe l’acqua, quindi se ci immergi dentro il tuo telefono fradicio per almeno un giorno i chicchi faranno sparire l’umidità e il tuo cellulare sarà come nuovo. Ma funziona veramente?

In un lungo articolo pubblicato su The Verge, Michael Zelenko ha provato a capire qualcosa sul mito del riso che mette a posto i cellulari finiti in acqua. Dopo una ricerca online, Zelenko ha trovato che questa soluzione viene adottata da molto tempo e da ben prima che esistessero gli smartphone. Nel 2000 un utente aveva per esempio chiesto su Yahoo Answers un consiglio su come asciugare internamente il suo Nokia 5310 finito in acqua, e gli fu consigliato di immergerlo nel riso per rimuovere l’umidità. Suggerimenti di questo tipo nei forum sono aumentati notevolmente da quando esistono gli iPhone e gli altri smartphone, con utenti che effettivamente sono riusciti a fare funzionare nuovamente i loro dispositivi finiti in acqua, rafforzando quindi la teoria di questa soluzione definitiva per rimettere a posto le cose.

È probabile che il consiglio di usare il riso sia una naturale evoluzione di alcune pratiche seguite ben prima che esistesse Internet. Già negli anni Quaranta, e probabilmente ancora prima, i fotografi consigliavano di usare foglie di tè, carta da pacchi e riso per ridurre l’umidità nelle scatole in cui venivano conservate apparecchiature e pellicole fotografiche. E già all’epoca c’era chi metteva in dubbio l’effettiva efficacia di questi sistemi, ricordando che la loro capacità di assorbire l’umidità “è così bassa che sono necessarie grandi quantità per ottenere un qualche effetto”. Negli anni per la conservazione all’asciutto di particolari oggetti si è comunque diffuso l’utilizzo del “silica gel” (gel di silice), un composto del silicio che ha buone capacità assorbenti e deidratanti: sono le bustine che si trovano spesso nelle tasche dei jeans appena comprati o dei prodotti elettronici.

A distanza di decenni, il riso rimane comunque il prodotto più consigliato per asciugare l’interno di uno smartphone finito in acqua, ma non ci sono prove convincenti che funzioni. Nel 2014, per esempio, il sito di informazione Gazelle.com ha condotto un test sul tema, ottenendo risultati piuttosto deludenti: il riso non ha alcun effetto nella rimozione dell’umidità dal telefono, mentre possono avere un minimo effetto la sabbia usata per le lettiere dei gatti, il cuscus e l’avena. Benché non scientificamente accuratissimi, i risultati dei test hanno indicato che alla fine la soluzione migliore è lasciare spento il telefono all’aria per almeno un giorno, in modo che l’acqua al suo interno evapori.

Sempre lo scorso anno TekDry, un’azienda che si occupa del recupero con metodi meno artigianali dei dati da telefoni finiti in acqua, ha commissionato uno studio indipendente sul riso per rimuovere l’umidità. Anche in questo caso la ricerca ha concluso che evapora più acqua lasciando uno smartphone all’aria rispetto al metodo di chiuderlo in una scatola sommergendolo con chicchi di riso. Lo studio ha naturalmente il difetto di essere stato finanziato da un’azienda che fa soldi asciugando, con sistemi professionali, i dispositivi finiti a mollo, ma conferma comunque i risultati dei test condotti da quelli di Gazelle.com e da altri prima di loro.

Il mito del riso come soluzione per uno smartphone fradicio continua ad avere un successo notevole perché non ci sono molte controprove: chi ha fatto finire in acqua il suo telefono vuole fare subito qualcosa, chiede consiglio agli amici o a Google e si ritrova a versare del riso in una scatola, mettendosi il cuore in pace per avere almeno provato una soluzione diversa da quella di non curarsi più di tanto del problema aspettando che il telefono asciughi per i fatti suoi, tanto tentar non nuoce, hai visto mai, eccetera. Molti riescono a salvare in questo modo il loro smartphone e, non essendoci una controprova, raccontano poi in giro di esserci riusciti grazie al riso e alla loro intraprendenza, che li ha spinti a non limitarsi a lasciarlo su uno scaffale ad asciugare.

Secondo Zelenko, comunque, il sistema del riso offre un vantaggio: seppellito sotto centinaia di chicchi e chiuso in una scatola, ci si dimentica più facilmente del problema e non si ha la tentazione di provare ad accenderlo. La cosa peggiore che si può fare è infatti accendere uno smartphone quando c’è ancora molta umidità al suo interno: si potrebbero creare cortocircuiti che danneggiano in modo irreversibile alcuni componenti. Anche se variano sensibilmente a seconda dei siti, le istruzioni online consigliano di tenere il telefono nel suo improvvisato sarcofago di riso per almeno 12 ore, alcuni per tre giorni: probabilmente è proprio il tempo in cui lo smartphone viene lasciato spento ad asciugare la vera soluzione, più dei chicchi in cui è sommerso.

All’aria aperta o nel riso, uno smartphone talvolta riesce a sopravvivere dopo avere subito un tuffo accidentale in acqua. Molto dipende da quanto tempo è rimasto sommerso e se ha subito nella caduta altri tipi di danni. Gli iPhone e buona parte degli altri smartphone sono resistenti all’acqua, quindi se li usate sotto la pioggia o ci fate finire qualche goccia sopra non ci sono particolari problemi, se invece finiscono a mollo possono essere dolori. Il consiglio in questi casi è spegnere immediatamente il telefono e lasciarlo in un posto ventilato per almeno un giorno prima di riprovare ad accenderlo. Zelenko ha messo il suo iPhone 6 bagnato nel riso, comunque, ed è riuscito a farlo resuscitare: sembrava tutto a posto, ma dopo due settimane il telefono ha smesso di funzionare.