La mattina di Aldo Moro

La mattina in cui rapirono Aldo Moro a Milano faceva freddo ed era grigio. 16 marzo di 33 anni fa. Ero in classe, quinta ginnasio, ora di greco, mancava una settimana alle vacanze di Pasqua, bussò alla porta il mio amico Dodo e mi chiese di uscire. Mi disse «Le Br hanno rapito Moro», io rientrai in classe e lo dissi a tutti. Poi la sera e sui giornali i giorni dopo leggemmo i commenti che spiegavano «È successo l’impensabile, l’inconcepibile». Ma non era vero, almeno non per noi che stavamo crescendo in un paese dove ogni giorno qualcuno sparava e qualcun altro moriva. Ammazzavano poveri Cristi perché dicevano che rappresentavano lo Stato ed erano medici, guardie carcerarie, funzionari pubblici. Erano i vicini di casa, quelli che si incontravano in metropolitana, i genitori dei tuoi compagni. La mattina ti alzavi e mentre bevevi il caffelatte sentivi il giornale radio che parlava del giorno prima, di quello che era successo, e già sapevi che sarebbe successo qualcosa anche quel giorno. Eravamo cresciuti in un paese dove un anno, mentre andavamo in vacanza, era esploso un treno in una galleria e prima ancora era esploso un cestino dei rifiuti in una piazza e qualche anno indietro nostro padre era tornato a casa dal lavoro un venerdì sera e aveva detto che c’era stata un’esplosione terribile in piazza Fontana. Che cosa poteva esserci ormai di «impensabile e inconcepibile»?

Il giorno in cui rapirono Moro ci fu una manifestazione a Milano, e quel pomeriggio mi ricordo che i collettivi autonomi si erano schierati sul sagrato mentre passava il corteo in cui c’erano tutti, anche i giovani della Democrazia Cristiana. Gli autonomi mostravano, eccitati come bambini, i giornali del pomeriggio, La Notte e il Corriere d’Informazione, con il titolo enorme «Moro rapito», e poi urlavano «Cucù cucù Moro non c’è più». Vedemmo mille volte le immagini da via Fani con Paolo Frajese che si muoveva tra quell’auto con la voce commossa e sconvolta. E poi tutti quei giorni, che io me li ricordo in bianco e nero, scanditi da comunicati incomprensibili e la discussione sulle lettere di Moro. Sono false, dicevano, ma tutti sapevano che erano vere.

Ma intanto erano successe altre cose, due giorni dopo quel 16 marzo, a Milano ammazzarono due ragazzi in via Mancinelli, dietro via Leoncavallo. Due che avevano 17 anni, Fausto e Iaio si chiamavano, due ragazzini a pensarci oggi. E ancora aspettiamo di sapere chi sia stato.

Stefano Nazzi

Stefano Nazzi fa il giornalista.