Chi avvelena i pozzi

Anche ammettendo che sia sbagliato l’obiettivo di chi vuole cambiare composizione e funzioni del senato, una cosa è certa: chi in queste ore si è auto-nominato custode dell’istituzione ne sta in realtà distruggendo la residua credibilità.

A palazzo Madama non si sta consumando alcuna battaglia per tutelare il ruolo del parlamento. Tanto meno, figurarsi, in difesa della democrazia. Non è sbarrando la strada alla riforma con ottomila emendamenti, senza la disponibilità a concentrarsi sulle questioni che veramente contano e senza riconoscere l’enorme lavoro svolto per migliorare il testo iniziale, che ci si batte per cambiare un bicameralismo che tutti riconoscono indifendibile in sé.

All’opposto, un senato che si dimostrasse incapace o non disponibile ad auto-riformarsi, magari trascinando votazioni per settimane e mesi, verrebbe facilmente additato come l’emblema dell’inefficienza e della difesa del privilegio.

Si accetta di esporre l’istituzione a un rischio così pazzesco perché l’obiettivo è palesemente un altro. Tutto e solo politico: azzoppare Matteo Renzi, infliggere al suo governo l’umiliazione di un ritardo se non addirittura di una sconfitta, ridimensionare una leadership che evidentemente per qualcuno ha conquistato troppo consenso e troppo potere.

Se non si recupererà un terreno praticabile, e se davvero si imporrà il muro contro muro a oltranza, lo scontro è destinato ad avere conseguenze serie nei rapporti fra i partiti e dentro i partiti. Per dirne una, tra il Pd e ciò che rimane di Sel si sta aprendo una voragine, a dispetto delle intenzioni, enunciate da Vendola appena pochi giorni fa, di instaurare appena possibile relazioni da potenziali alleati.

Chi avvelena i pozzi denunciando attentati alla democrazia non potrà evitare di misurarsi con le parole chiarissime pronunciate ieri dal capo dello stato: si sta lavorando seriamente a una riforma necessaria, assurdo parlare di «spettri di autoritarismo».

Fin qui solo il giornale di Padellaro e Travaglio, in tandem con Grillo, è stato coerente: per loro, Napolitano è complice anzi regista del golpe. Vendola la pensa allo stesso modo? Fin dove è disposto a spingersi, nell’ansia di restituire a Renzi i colpi che ritiene di aver subito? E soprattutto, alla fine, davvero gli ultrà del bicameralismo pensano che davanti al paese il prezzo di una mancata riforma lo pagherebbe Renzi?

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.