Io li aiuterei, i poveri grillini

Un po’ perché la realtà è davvero dura, un po’ perché tutti li aspettano al varco, i primi uomini di Grillo sbarcati al governo sembrano già vacillare.
C’è quello che ha scoperto che deve aumentare le tasse locali, quello che deve sedersi a mediare coi poteri forti, si fa sentire su di loro la pressione arcigna della stessa rete dalla quale provengono: vigila severo il capo del movimento, e ancor di più vigilano tanti ex compagni d’avventura, i censori della vecchia politica pronti a denunciare il tradimento degli ideali. Ognuno di questi fenomeni viene scrutato e amplificato dai media impietosi. In un certo senso, dopo aver desiderato aria fresca nella politica, scopriamo che non vorremmo essere al posto di questi ragazzi appassionati e utopisti.
Mentre in genere li si cerca di inchiodare alle scelte “di governo”, la prova drammatica per loro sarà un’altra, e verrà prima.

Riguarderà quello che loro chiamano “il metodo”. Che altro non è se non il rifiuto della democrazia delegata, del concetto stesso di essere elettori ed eletti. I sindaci dovranno essere meri portavoce – si ricorda loro sui blog – e ogni loro decisione dovrà scaturire da continue consultazioni popolari. Proibito organizzarsi in simil-partito, ma anche pretendere di fare da sé.

In realtà la democrazia funziona in un altro modo. La divisione e l’attribuzione dei poteri hanno un significato preciso, il governo a ogni livello segue regole che possono e devono diventare più aperte, ma non possono essere capovolte. I sindaci hanno responsabilità dalle quali non possono evadere ripartendole fra i cittadini: questo prima o poi Pizzarotti e gli altri lo spiegheranno ai loro esigenti colleghi.

Grillo sa bene tutto ciò, anche per questo si tiene alla larga dall’assunzione di responsabilità personali. È il suo movimento che rischia di saltare su una mina che potremmo definire solo ideologica.
Sarebbe un peccato, perché in realtà non conviene a nessuno tifare per il fallimento dei Pizzarotti: il rimbalzo di delusione non tornerebbe in maniera positiva sui partiti, prenderebbe casomai altre e più pericolose strade. Chi ha il know-how della complessità democratica (il Pd, per esempio) farebbe meglio a offrire aiuto, recepire in cambio freschezza e genuinità, soprattutto elaborare e proporre una pratica di governo meno arrugginita, opaca e oligarchica di quella che ha scatenato la rivolta grillina.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.