Il modo peggiore di andarsene

Di tanti modi possibili di immaginare la fine di Berlusconi, questo era il meno prevedibile. Ci si divideva fra i suoi amici ottimisti che sognavano il trionfale passo d’addio da vincitore, i nemici giurati che speravano nel canglore delle manette e le monetine per strada, e poi chi temeva (e ha visto arrivare) le congiure nel fango e chi lavorava per una transizione morbida.

Niente di tutto questo. Berlusconi annaspa e affoga fra cecchinaggi, vertici notturni, pranzi cene, aggregazioni pseudocorrentizie, interviste oblique, giochi di sponda con pezzi dell’opposizione, trame di fedelissimi in realtà infedelissimi. Tutto il peggio della Prima repubblica condensato in poche settimane.

Una fine ingloriosa. Sono impietosi i colpi della nemesi sull’uomo che doveva rivoluzionare l’Italia e oggi, salvato da Scilipoti, può morire di Scilipoti. I suoi sostenitori si sono ribellati al giudizio delle agenzie di rating finanziario che declassavano l’Italia a causa dell’incertezza del suo futuro politico: come dare torto oggi a Moody’s? E dopo tanta retorica di cattiva qualità sulla centralità del parlamento – da che pulpito poi – come mettere fine allo stillicidio di umiliazioni appunto parlamentari?

Il capo dello stato, custode fin qui rigoroso della centralità delle camere, non potrà che intervenire severamente, esigendo che la crisi politica che si trascina da mesi si trasferisca: dal retrobottega del Pdl e dagli scantinati leghisti nelle aule parlamentari, sotto gli occhi degli italiani, dove logica e interesse collettivo vorrebbero che si decretasse la fine del quarto governo Berlusconi, e con esso dell’intero ciclo avviato nel ’94.

Se invece Berlusconi e Bossi decidono di andare avanti così, e ci riescono, facciano pure. Perché le opposizioni possono solo godere di simili spettacoli, mazzate a tradimento seguite da polemiche, recriminazioni e urla di tradimento, infine magari ricucite con l’ultimo voterello di fiducia insincera e vigliacca.

Ieri per strada la folla chiedeva ad alta voce a Napolitano: «Ci salvi lei». Non è neanche giusto: il capo dello stato è il rappresentante della patria, non dovrebbe esserne il salvatore. Quando questo funerale di terza classe si sarà consumato, gli italiani dovranno salvarsi da soli, punendo non solo Berlusconi – che a quel punto non ci sarà più – ma i tanti suoi complici in questa vicenda vergognosa.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.