La destra antiamericana

In origine, ma solo apparentemente, ci fu la propensione di Silvio Berlusconi per gli amici repubblicani Usa, la paura di ritrovarsi cariatide di una stagione antica in un mondo travolto dalla novità Obama, la velocità del cambiamento nelle gerarchie della business community americana rispetto alle relazioni del vecchio Berlusconi.
Tante altre cose vennero di conseguenza. La simpatia per l’autocrazia russa diventò relazione privilegiata, intreccio personale e d’affari, fino ad affidarsi alla protezione di Putin e dei suoi servizi segreti. Il ruolo di cerniera coi regimi mediorientali o est-europei, non più richiesto da Washington, si tramutò in bilateralismo fra uomini forti, chi desidererebbe esserlo e non lo è, come Berlusconi, e chi lo è o lo era, da Lukashenko a Mubarak, da Erdogan a Gheddafi.
Ma questa storia la conosciamo bene e WikiLeaks ci ha svelato quale feedback generasse fra gli americani. Quello che va oltre – anzi, viene prima – e in questi giorni riaffiora, è l’antiamericanismo che si scatena da destra, prendendo il posto, le tesi, le movenze, di quell’antiamericanismo di sinistra costretto in sonno dall’eccezione del primo presidente nero.

Oggi la parte che fu dei nostalgici della Decima che resiste a Nettuno (alla Alemanno, per non dimenticare) è interpretata dai giornali berlusconiani, quelli che ogni tanto sussurrano che i guai di Berlusconi con le prostitute nascono da un complotto della Cia.
Libero sfotte a titoli di scatola contro «il pistolero pistola», Obama che vorrebbe intervenire in Libia ma non può farlo. Il mondo ciellino e quello leghista si ricompattano contro il nuovo imperialismo Usa: l’uno e l’altro diedero già prova con Milosevic e Saddam di quale fosse il loro campo. Da Massimo Fini a Giacalone a Veneziani, gli intellettuali di destra danno l’altolà all’intervento in Libia, un’altra guerra «per il petrolio», travolgendo le timidezze di un’estrema sinistra italiana che non sa se seguire su questa strada Chàvez e Castro.
Veltroni si chiede perché il pacifismo non si muova per gli insorti di Bengasi. Forse si muoverebbe anche, se non lo paralizzasse il dubbio di fare un favore agli Usa. E chissà se è più ostinato l’antiamericanismo muto di questa sinistra disorientata o quello loquace e volgare di una destra antica e sotto sotto razzista. Già perché, oltre che democratico, quel pistola di Obama è anche un po’ abbronzato.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.