La lettera scarlatta

Matteo Renzi sta sulle scatole a un sacco di gente. Una volta, non sapendo di essere ascoltato, pronunciò una frase poco carina a proposito di Europa, dunque neanche nel mio giornale è straordinariamente popolare.
In politica però (come negli affari e in tante attività umane) la simpatia personale e la modestia sono solo fattori fra gli altri, neanche indispensabili come dimostrano molti esempi noti e vicini.
Bersani per esempio è simpaticissimo. Il che ai nostri occhi lo pone una spanna sopra i suoi colleghi, ma non è automatica garanzia di successo per la causa che rappresenta. Quando nell’aprile scorso, all’assemblea di Confindustria di Parma, disse che sarebbe andato anche a piedi ad Arcore per presentare le proposte del Pd per l’economia, la frase risultò appunto simpatica. Ora, per essere effettivamente andato ad Arcore con uno scopo analogo relativo alla propria funzione, l’antipatico Renzi si sta beccando un bel linciaggio. Politico e, come capita a sinistra quando c’è di mezzo Berlusconi, morale.
È una evidente esagerazione. Una reazione più antipatica del gesto stesso.
Andare ad Arcore non è stata una buona idea e lo sa anche Renzi che infatti, fosse dipeso da lui, non avrebbe dato alla visita la gran pubblicità che è solito dare a ogni cosa che fa. Il sindaco di Firenze ha accettato il basso standard di etichetta istituzionale imposto da Berlusconi alla politica, così come fanno tutti gli amministratori del Pdl (Alemanno e Polverini in testa) che vanno a giorni alterni in processione a palazzo Grazioli.
La reazione è però sproporzionata, a prova del fatto che Renzi è vissuto come potenziale rischio.
Bersani su casi del genere di solito sdrammatizza: ieri non l’ha voluto fare, confermando che fra i due c’è una questione aperta. Tanti altri del Pd hanno dato addosso a Renzi chiamando in causa perfino le notti brave di Arcore o sfiorando l’accusa di tradimento, che in questi giorni sembrava finalmente appannaggio esclusivo della destra. Sono stati addirittura riesumati i sospetti sui voti di Verdini regalati a Renzi per le primarie fiorentine: dietrologia di stile sallustiano, nel senso del direttore del Giornale.
L’incidente finirà nell’archivio dei complimenti berlusconiani che hanno “macchiato” nel tempo D’Alema, Rutelli, recentemente lo stesso Bersani. Un giorno li ricorderemo sorridendo, aneddoti dell’età dell’odio. Renzi allora sarà sicuramente un politico importante, perché ha le caratteristiche adatte – piacciano o meno – per funzionare nella politica contemporanea.
Forse lo sarà per il Pd, o forse no. Dipende anche da che cosa sarà diventato il Pd.

Stefano Menichini

Giornalista e scrittore, romano classe 1960, ha diretto fino al 2014 il quotidiano Europa, poi fino al 2020 l’ufficio stampa della Camera dei deputati. Su Twitter è @smenichini.