Quando Massimo Sideri sul Corriere della Sera ha dato la notizia della candidatura di Stefano Quintarelli per l’Agcom, era domenica, feci un tweet gioioso con un commento: #incredibilemaspero. Perché effettivamente un po’ ho sperato che una persona competente come Stefano potesse dare il suo contributo al paese in una posizione così importante per il nostro futuro. E ho sperato che la politica fosse capace di uno scatto in avanti. Ma contemporaneamente ritenevo la cosa abbastanza incredibile e ricordo che lo dissi subito a Stefano: “Ma tu li hai mai incontrati i leader politici? No? E ti pare possibile che possano nominare uno, bravo, ma che non hanno mai visto in faccia? Uno che non possono chiamare sul telefonino a qualsiasi ora, con aria da padroni, per chiedergli conto del suo operato?”.
La campagna #quinta4president poi è cresciuta (sulla rete, i giornali in genere se ne sono infischiati), ha fatto discutere, ci ha messo tutti davanti alla consapevolezza che non dobbiamo rassegnarci al fatto che le cose vanno così, si è sempre fatto così. Si è sempre fatto male, nominare le persone sbagliate non è solo una ingiustizia: è un messaggio sbagliato ed è un danno al paese che continua a funzionare male perché non mettiamo i più bravi a fare le cose più importanti. E questa volta si è fatto peggio, dando l’illusione della trasparenza, facendo finta di tenere in considerazione i curriculum che nemmeno si sapeva dove e come potevano essere inviati, ignorando totalmente la questione femminile perché quando si tratta di potere (e l’Agcom decidendo su Internet e tv è un posto di grandissimo potere), le donne è meglio lasciarle fuori, alle pari opportunità. O alla privacy. E’ andata nell’unico modo in cui poteva andare: ovvero che il vero requisito per essere nominati all’Agcom è stato l’amicizia personale del nominato con un leader politico: con Alfano (ovvero Berlusconi), Bersani e Casini (e con Mario Monti per quanto riguarda il posto di presidente).
E’ l’Abc della vecchia politica. L’unico vero requisito essenziale è la contiguità amicale. Il contrario della fantomatica politica 2.0, che fa tanto cool, e tanto smart. Avere la pagina su Facebook, e l’account su Twitter, oh yeah, come Obama.
Ma nelle ore della spartizione e in quelle successive non un tweet si è levato dagli account di Alfano, Bersani e Casini. Nessuno di loro ha avuto il coraggio di rispondere al coro di critiche e nemmeno la dignità di difendere i propri candidati (alcuni dei quali hanno dei curriculum dignitosi). Sarebbe stato molto cool, e molto smart e molto yeah spiegare non al popolo della rete, che non esiste, ma ai propri elettori, e alla opinione pubblica, il perché di una scelta, i meriti professionali del singolo nominato. Sarebbe stato l’Abc della nuova politica. Ma abbiamo invece assistito a un coro muto, abbastanza paraculo, perché devono aver pensato “lasciamoli sfogare, tanto passa”.
- Riccardo Luna Blog
- mercoledì 6 Giugno 2012 Questo articolo ha più di dieci anni