Raffaella & Mattarella

La morte di Raffaella Carrà ci colpisce a più livelli: per il talento poliedrico, per la lunghissima carriera e per la simpatia contagiosa che trasmetteva. Era da tempo diventata un’icona Lgbt, esprimendo posizioni molto avanzate – in realtà, semplicemente civili – in tempi in cui non era banale farlo, e a dirla tutta banale non lo è ancora oggi, visto il dibattito incancrenito che inchioda il Ddl Zan. Nella mia generazione, che ha fatto in tempo a conoscere i protagonisti del dopoguerra e del boom economico, arrivando fino a oggi, serpeggia un sentimento ulteriore, la sensazione di aver assistito a un’epoca di giganti col timore, vedendoli inevitabilmente mancare, che non ve ne siano altri a sostituirli. Il che equivale ad ammettere che il meglio è alle nostre spalle e ciò che ci attende non può che essere peggio.
Razionalmente, non so quanto di vero ci sia in questo pensiero, e quanto abbia invece a che fare con la normale ansia per i tempi che cambiano e che diventano più difficili da interpretare. I “bei tempi andati” spesso non erano belli per mille altri motivi, ma quella sensazione riguarda anche la politica, e forse con qualche ragione ulteriore. Mi capita spesso di ricordare che mio padre votava il Partito Repubblicano, che aveva in Ugo La Malfa il suo rappresentante più prestigioso. Si poteva non concordare con le sue posizioni, ma certamente esprimeva un considerevole senso dello Stato, era insomma dotato di quella che comunemente chiamiamo “statura”. Quella lunghissima stagione, quella della Prima Repubblica, non è finita bene, ma ci ha dato figure così, che hanno ricostruito l’Italia dopo il fascismo, hanno scritto la Costituzione e hanno popolato la cosiddetta “riserva della Repubblica”, ovvero quell’insieme di persone il cui percorso li poneva fuori dalle partigianerie, e che godevano di stima condivisa. Non ne sono rimasti molti. Tra gli ultimi suoi esponenti c’è anche il nostro Presidente, Sergio Mattarella, di cui stiamo vivendo gli ultimi mesi del suo settennato al Quirinale. Mattarella sta benone e personalmente gli auguro di campare altri cent’anni, ma appunto, c’è un po’ la sensazione che sia l’ultimo della sua stirpe, che quella “riserva” sia finita. E i nomi che vengono in mente se si prova a immaginare chi potrebbe sostituirlo non sono particolarmente promettenti.
A breve inizieranno le grandi manovre dei partiti presenti in Parlamento per scegliere il successore, e non serve essere Cassandre per figurarsi il circo che ne verrà fuori, del resto i big player delle ultime legislature hanno già dato prova di saper fare del loro peggio. Qualcuno si sta già portando avanti, in particolare Renzi ieri, mentre combinava casini proprio sul Ddl Zan, ha trovato il tempo per dichiarare sul tema. Ed è pur vero che fu proprio lui, quando era Presidente del Consiglio, a fare il nome di Mattarella – che però ha dimostrato di essere molto più autonomo di quanto Renzi stesso, probabilmente, potesse prevedere – ma al momento le prospettive non sono esaltanti, per usare un eufemismo. Dopo Mattarella, per citare proprio Raffaella Carrà, non so se sarà così semplice trovarne “uno più bello, che problemi non ha”.

Pippo Civati

Pippo Civati è il fondatore e direttore della casa editrice People. È stato deputato eletto col Partito Democratico e ha creato il movimento Possibile. Il suo nuovo libro è L'ignoranza non ha mai aiutato nessuno (People).