«Pardòn»
Una newsletter di
«Pardòn»
Michele Serra
Martedì 2 gennaio 2024

«Pardòn»

“Non solo non sono più capaci di ordire un golpe; neanche di usare le posate a tavola”

(Jeff J Mitchell/Getty Images)
(Jeff J Mitchell/Getty Images)

“Quello è un gran maleducato”, dicevano le vecchie zie, ed era una sentenza che aveva il suo peso. Tracciava un discrimine netto tra chi sapeva come si sta al mondo e chi no, e non era (almeno non sempre) un discrimine di classe, perché tra i “gran maleducati” potevano capitare anche professionisti e commercianti e benestanti il cui reddito era sicuramente superiore a quello delle vecchie zie: e anzi, su di loro pendeva una condanna morale ben più grave. Avevano avuto l’opportunità di essere “beneducati” ma l’avevano sprecata.

Mi chiedo quanto di vecchia zia, negli anni, sia radicato in me, perché sempre più spesso mi capita di pensare: quello è un gran maleducato. Con tutte le varianti, alcune datatissime, che l’anatema prevede. Ho ancora nelle orecchie (lessico familiare) fior di cafone, gran cafone e cafonaccio; buzzurro, burino e burinaccio (mio padre, cresciuto a Roma, prediligeva quest’ultimo rafforzativo); e capitava di udire e di leggere i quasi arcaici zoticone e villanzone.

Ora, va detto, per la dovuta chiarezza storico-politica, e per un corretto inquadramento intellettuale della Questione Burina, che ai tempi delle vecchie zie, e anche molto prima, persone educatissime dichiaravano guerre sanguinarie o deportavano schiavi o affamavano i poveri o organizzavano lager. Nella Vita è bella di Benigni, l’ufficiale nazista Lessing ha modi raffinati, e un aplomb da gran signore, ma si appassiona solo di enigmistica ed è del tutto indifferente allo sterminio degli esseri umani. La violenza non è una variabile della maleducazione, né la buona educazione basta a creare mitezza o generosità o tolleranza. Sono due scale di valutazione non comparabili e ben distinte, possono esserci burinacci di animo buono e gentiluomini perversi e feroci.

Chiarito questo punto, tutt’altro che secondario, e dunque chiarito che non è della malvagità umana che stiamo parlando, ma dell’urto quotidiano con i modi altrui, resta il problema della convivenza con un tasso di maleducazione che pare, al vecchio boomer, in notevole aumento. Quanto ci sia di soggettivo, in questa mia sensazione, e quanto di oggettivo, è una questione che in questa newsletter si dibatte fino dai suoi esordi (quasi un anno fa, ormai). Per la serie: quando sono in disaccordo con i tempi che corrono, è perché sto invecchiando e non li capisco più, oppure perché ci sono legittime ragioni per giudicare negativamente alcune delle novità in corso d’opera? O per un mix di entrambe le cose? Chiederselo è importante, aiuta a invecchiare “criticamente”, non troppo in balia dei propri pregiudizi, ma neanche troppo prigioniero del tentativo di simulare una perfetta sincronia con i tempi.

Può darsi, dunque, che non salutare e non essere salutati entrando e uscendo da un negozio o da una casa dipenda solo da usanze mutate, il saluto è solo un orpello formale che non aggiunge e non toglie nulla alla reciproca tolleranza; ma può darsi, anche, che la rarefazione del saluto, e della cordialità più in generale, sia conseguenza di un minore rispetto formale della presenza altrui, data per scontata soprattutto se si hanno lo sguardo e il naso costantemente sprofondati nel cellulare.
Anche urtare qualcuno per strada (a Milano: dare un rusone) e non solo non scusarsi, ma neppure accorgersene, può essere la banale conseguenza della sovrappopolazione: ormai siamo in otto miliardi, se ci scusiamo con chiunque intercetta la nostra strada ci tocca passare le giornate a dire “pardòn”. Però è anche possibile che bastino un sorriso, un breve cenno del capo, a rendere ogni urto meno sgradevole.

Può darsi che il malo modo e le frasi sbrigative che primeggiano nel dibattito politico, formalizzati nei talk show con sbraito incorporato e nei titoli di giornale nei quali sembra che “rissa” e “ira” siano lo status permanente dei rapporti tra i partiti (magari poi, invece, sono tutti alla buvette a bere il caffè insieme) sia preferibile al vecchio stile azzimato e ipocrita della Prima Repubblica, una coltre di correttezza verbale sotto la quale si organizzavano golpe e si tramavano attentati. Ma può darsi invece che il lessico impoverito e la sciatta aggressività di gran parte del dibattito politico, anche volendo stendere un velo pietoso sulla debordante componente social del suddetto, dipenda da una decadenza effettiva della Polis. Un calo di qualità. Non solo non sono più capaci di ordire un golpe; neanche di usare le posate a tavola. È certamente esagerato – un effettaccio retorico – dire che siamo passati da Einaudi a Razzi, e da Pericle a Scilipoti, ma insomma qualcosa dev’essere successo, no?

Un buon indizio me lo diede, ormai parecchi anni fa, un leghista della prima ora, che si chiamava e si chiama Francesco Speroni, durante la pausa pubblicitaria dell’Infedele, il talk-show di Gad Lerner. Probabilmente gli avevo fatto notare, nel corso del dibattito, che alcuni concetti, non ricordo quali, potevano anche essere espressi meno brutalmente. Appena fuori onda mi toccò una spalla, si avvicinò confidente e mi disse una cosa di disarmante onestà intellettuale, che non ho mai più dimenticato: «Si ricordi, Serra, che se sono maleducato è perché rappresento elettori maleducati. Questa è la democrazia».

La questione sarebbe ancora lunghissima, ma ho il cenone di San Silvestro che incombe mentre preparo questa newsletter e confido nella vostra complicità: potremmo fare molti altri esempi, uno per tutti l’orrido sciamare dei turisti in ciabatte e braghe corte, con scia di ketchup e di gelato che inzuppa e avvilisce sagrati mirabili, scalinate storiche, piazze dechirichiane, e quando li vedo il body shaming diventa, per me, non un’opzione, ma una necessità morale; ma non facciamoli, ci siamo già capiti. La domanda con la quale entro nel 2024 (una tra le tante, ma non la meno importante) e se, date per scontate le guerre, gli scannamenti, le persecuzioni, insomma dato per endemico il Male, possiamo sperare, almeno, di procedere un poco più educatamente lungo il labirinto nero della Storia, almeno scusandoci l’uno con gli altri se capita di urtarci; oppure se questo mio desiderio è solamente un vezzo formale, e rivestire i turisti, zittire i burinacci specie quando si esprimono in parlamento, vedere folgorato all’istante sulla sua poltroncina l’energumeno che urla in televisione, sia il segno che sono diventato per davvero una vecchia zia.

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Un pronostico facile facile non per l’anno nuovo, ma per l’immediato procedere dei giorni: l’affaire Verdini sarà (anzi, lo è già) un’eccellente riconferma del vecchio repertorio mediatico italiano, con una separazione quasi caricaturale tra colpevolisti e innocentisti fondata quasi esclusivamente sulle simpatie politiche. Vergognoso scandalo del potere salviniano per i primi, persecuzione giudiziaria delle toghe rosse per i secondi. Con altri imputati e altri governi in carica, le parti sarebbero rovesciate: si è garantisti o forcaioli a seconda che sul patibolo stia per salire il tuo amico o il tuo nemico. Lo schema è così rozzo e prevedibile che ci si meraviglia ogni volta di rivederselo spiattellato sotto il naso con le stesse, precise modalità, le stesse intenzioni e perfino le stesse parole degli ultimi trent’anni: da Berlusconi in poi, per capirci.

In precedenza, i due fronti non erano così equipotenti e simmetrici. Quello forcaiolo era infinitamente più vasto e vincente, con i giornali e i partiti di destra in testa al corteo che dava l’assalto al castello di Dracula con le torce e i forconi. Fu un leghista che mostrò il cappio in Parlamento. Caduta la Prima Repubblica, il forcaiolismo di destra si è spostato in massa sul fronte garantista – tranne, beninteso, che l’avviso di garanzia riguardasse qualcuno di sinistra – mentre la sinistra, tradizionalmente, si è molto divisa caso per caso, partito per partito, giornale per giornale.
È una sintesi, questa mia, schematica e banalizzante, ma ci sono casi nei quali, tutto sommato, è schematica e banalizzante la realtà delle cose, e questo è uno di quei casi. Il che non toglie che sono stati scritti e saranno scritti, a proposito di Verdini e relativi affari, anche articoli bene argomentati, che aiutano a capire che cosa è effettivamente accaduto e che cosa potrebbe accadere. Chiedo a Francesco Costa se per favore ce ne segnala qualcuno a Morning, tanto per aiutarci a uscire dal deja vu, deja entendu.

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Tra le conseguenze inevitabili delle Feste: il rarefarsi di tutti i rapporti sociali al di fuori di quelli familiari, e di tutte o quasi le attività non inerenti ai fornelli, ai viaggi, agli addobbi e ai disaddobbi. Questo per dire che mi sono arrivate negli ultimi giorni, meno mail del solito, e vi capisco, avete avuto ben altro da fare. Ma la conseguenza è che Zanzare Mostruose, senza le vostre segnalazioni, langue. In attesa del rifiorire della vita pubblica (da domani in poi, ancora per oggi manteniamoci in questa torpida sospensione della normalità), posso segnalarvi solo due titoli. Uno, secondo me, formidabile, della Gazzetta di Modena, segnalato da Luca:

ESCE DAL COMA: ARRESTATO

Nel quale, per via della sintesi cui il titolista è costretto, il rapporto tra causa ed effetto è di incerta e appassionante lettura. Lo avranno arrestato perché è uscito dal coma senza averne il diritto? Se avesse saputo che lo arrestavano, sarebbe uscito dal coma o ci avrebbe rinunciato? Il mandato di arresto gli è stato letto dai militi preposti o da un infermiere?

Il secondo titolo è triste, e fa riflettere sulla grande relatività delle conoscenze, delle competenze e, di conseguenza, del pubblico cordoglio. Segnalazione di Alex da Repubblica.it:

È MORTO IL PAPÀ DELL’AVOCADO TOAST

Chi non ha idea di cosa sia l’Avocado Toast, e può solamente immaginarlo, è costretto a dispiacersi in forme molto generiche, non abbastanza partecipi.

Non mi resta che augurarvi, mentre fuori pioviggina, le lenticchie di ordinanza sobbollono, il gatto e i cani dormono e già piatti e bicchieri tintinnano sortendo dai loro armadi, un grande e affettuoso augurio di Buon Anno. Chi di voi pensa che sarà un anno di merda, per cortesia non lo dica.