Un disastro riconoscibile ovunque

Cosa significa per tutti noi la piccola notizia del segretario nazionale di un grande sindacato che tenta di mandare in streaming su Facebook, in maniera più o meno sotterranea, l’incontro che sta iniziando con il Governo in un momento drammatico per il Paese? Significa innanzitutto che un po’ di tempo è passato e che è passato invano.

Dal 27 marzo 2013 la data in cui il segretario del principale partito italiano dell’epoca accettò di svolgere un incontro politico in streaming con i rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, molte cose nello scenario politico italiano sono inevitabilmente mutate: abbiamo osservato l’ascesa delle destre, il collasso del M5S, la fine politica di Silvio Berlusconi, la tentennante sopravvivenza dello stesso Partito Democratico. L’unica cosa che sembra essere rimasta e che anzi sembra essersi diffusa a macchia d’olio in ogni schieramento politico, e a questo punto anche sindacale, è l’idea elementare e grossolana di trasparenza della politica che Beppe Grillo ha saputo spargere in ogni pertugio dell’arco parlamentare. Un’idea sbagliata, pericolosa e in definitiva reazionaria.

La politica utile alla comunità, quella in grado di far progredire la società tutelando l’interesse se non di tutti almeno della maggioranza dei cittadini, è ricerca di un equilibrio fra idee differenti, è raffinata smussatura degli angoli, è disponibilità alla retrocessione su alcuni principi mantenendone saldi altri. Nulla di tutto questo può essere fatto di fronte ad una telecamera. L’idea stessa della telecamera accesa che trasmetta a tutti i cittadini quanto sta accadendo, così che essi possano “farsene un’opinione”, è un’idea sbagliata, basata sul luogo comune della cattedrale di cristallo: un’idea di trasparenza assoluta alla quale – se crediamo a quelli che ce la raccontano – nessun furfante potrà infine sfuggire. Un’idea falsa e consolatoria, come se lo streaming fosse magicamente in grado di annullare, per esempio, qualsiasi altra forma di incontro o concertazione sotterranea precedente o successiva. Come se quella commedia non fosse, appunto, una rappresentazione.

Alla base di tutto questo innamoramento per la diretta c’è un’altra idea, quella della democrazia elettronica, che Gianroberto Casaleggio suggerì al M5S molti anni fa: altro pensiero elementare che già ai tempi della sua ideazione italiana, dopo che le reti di computer avevano reso tecnicamente possibili molte cose, era scomparsa un po’ ovunque. L’idea secondo la quale i cittadini potessero e dovessero occuparsi direttamente delle decisioni politiche, mediante un sistema di continua chiamata in causa: una piattaforma (o un sistema operativo come lo chiamavano i grillini con lo scarso senso del limite che li ha sempre contraddistinti) che consentisse agli elettori di decidere direttamente su qualsiasi importante questione.

Una sorta di agorà telematica la cui idea era nel frattempo rapidamente tramontata ovunque nel mondo (come molti altri sogni progressivi legati a Internet) e che forse solo da noi poteva assumere i contorni ingenui che ha poi assunto: forse solo da noi la credulità sulle potenzialità dell’universo digitale poteva essere tanto ampia e persistente, almeno altrettanto ampia della diffidenza che provavamo per simili ambienti.

La definitiva vittoria di un simile pensiero reazionario non la si osserva solo nell’idea balzana di un capo sindacale di trasmettere un incontro politico ai massimi livelli a chiunque lo desideri su Facebook, ma la si potrà riconoscere anche nelle parole del Presidente del Consiglio che, nel momento in cui viene edotto della diretta in corso, tiene ad informare subito interlocutori e spettatori che lui – sia chiaro – non ha nulla da nascondere.

Non ho nulla da nascondere è l’altro elemento della reazione sociale automatica all’invadenza del controllore, sia esso lo Stato o l’Amministrazione o il Fisco o ogni altro possibile gendarme, che ci si para di fronte in casi del genere. Frugate pure, io non ho nulla da nascondere, affermano usualmente sia la vittima che il carnefice nel teatro dei sospetti che si svolge dentro la cattedrale di cristallo. Come se non avere nulla da nascondere fosse un valore. Invece la buona politica, così come la buona vita di ogni cittadino onesto ha sempre qualcosa da nascondere, perché quello spazio nascosto è naturale e necessario alla corretta messa in campo di ogni relazione sociale. Avere svilito definitivamente il luogo della riservatezza e del pensiero privato, banalizzandolo come il luogo del delitto e del peccato, è stato forse l’effetto più importante che il grillismo ha causato alla politica italiana nell’ultimo decennio. Un disastro ormai riconoscibile ovunque.

Massimo Mantellini

Massimo Mantellini ha un blog molto seguito dal 2002, Manteblog. Vive a Forlì. Il suo ultimo libro è "Dieci splendidi oggetti morti", Einaudi, 2020