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  • Mercoledì 22 febbraio 2012

Amabili vizi

Non si può avere una civiltà durevole senza una buona quantità di amabili vizi.
(Aldous Huxley)

Ieri sul Corriere.it è stata pubblicata un’inchiesta.
In soldoni: Renato Grasso, imprenditore leader nel settore del riciclaggio, ammette di aver utilizzato il sistema del gioco legalizzato (dal 2004 gestito dai monopoli di Stato) per lavare i soldi di 74 clan della camorra. Un meccanismo che, oltre a riguardare direttamente le tasche dei contribuenti, fa leva su una debolezza controversa: il vizio.

Il gioco non rientra nei sette vizi capitali che Aristotele prima (lui li chiamava “abiti del male”) e i padri della chiesa poi (Giovanni Climaco e Evagrio Pontico), hanno deciso di classificare come “abitudini deviate e storte” in grado di distruggere l’anima umana.

Eppure questo meccanismo funzionava alla grande: il giro d’affari (120 mila lavoratori e un fatturato che quest’anno sarà vicino a 80 miliardi di euro, tra il 4 e il 5% del nostro Pil) e il crescente numero di pubblicità sul gioco lo dimostrano.

Perché? Che cos’è il vizio? Sicuramente non qualcosa di univoco visti i sentimenti che è in grado di suscitare, anche nei confronti di chi ne è vittima (fascino, attrazione, repulsione, rabbia, comprensione o qualcosa su cui speculare…)

Sul vizio è stato scritto, rappresentato e cantato di tutto: dai Sette peccati capitali dei piccoli borghesi che Kurt Weill, con testo di Bertold Brecht, fece diventare balletto, a 7 Deadly Sins dei Simple Minds; a Seven di David Fincher, al videogioco Overlord in cui ogni boss da sconfiggere rappresenta un vizio capitale.

Queste le summae del vizio, ma poi ci sono pagine straordinarie, come quelle di Meno di zero di Breat Easton Ellis, o storie di debolezze inconfessabili e insospettabili come quella di Titta Di Girolamo in Le conseguenze dell’amore.

Insomma, nelle narrazioni il vizio sembra meno esecrato che nella vita reale, forse perché sono un luogo in cui gli si può concedere tempo e riconoscere tutto il fascino di cui è capace, prima di esprimersi con un giudizio.

E allora segnalateci le vostre di scene, pagine o storie sul vizio e diteci cosa ne pensate. Se vi hanno affascinato perché ne avete partecipato, perché vi hanno dato spunto per un giudizio o perché avete provato compassione o rabbia per chi ne è stato “vittima”.

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Credits foto: Un operaio pakistano fuma la mattina presto mentre, ai bordi di una strada a Rawalpindi, aspetta di lavorare. Pakistan, Martedì 10 Gennaio 2012. (AP Photo/Anjum Naveed)

Host

Nata nel 1994 a Torino la Scuola Holden è una scuola di Scrittura e Storytelling dove si insegna a produrre oggetti di narrazione per il cinema, il teatro, il fumetto, il web e tutti i campi in cui si può sviluppare la narrazione. Tra i fondatori della scuola Alessandro Baricco, attuale preside.