I bambini e il condizionatore

Ci deve essere una ragione profonda se una frase di sconcertante banalità come “i bambini possono essere felici anche sotto una dittatura” sta facendo tanto discutere. Tutti possiamo essere felici anche sotto una dittatura. È ovvio. Si può essere felici sempre, anche in guerra. Perfino un bambino abusato è capace di ridere. Sono stati felici e amati anche i figli dei desaparecidos rapiti da chi aveva fatto scomparire, torturato e ammazzato i loro genitori. Nelle dittature ci si innamora e si fa l’amore, ci si sposa, si fanno figli, si inventano musiche, si dipingono quadri, si costruiscono edifici e si scrivono libri bellissimi. Nelle dittature si ride e si fanno feste gioiose. Commisurata sui 200 mila anni di storia dell’homo sapiens, la democrazia è soltanto un bagliore imperfetto che ha brillato a tratti, e in limitate zone del mondo, per cent’anni, forse, Pericle compreso. L’intera storia umana si è svolta sotto le dittature, le monarchie, le tirannidi. Per 199.900 anni su 200.000 a comandare sono stati i più violenti, i più furbi, i più spietati e prepotenti. Il problema è se accettare che debba essere o che ritorni a essere così.

Per questo mi pare imprecisa anche la risposta di Draghi sul gas russo: “Ci chiediamo se il prezzo del gas possa essere scambiato con la pace. Di fronte a queste due cose, cosa preferiamo: la pace oppure star tranquilli con l’aria condizionata accesa tutta l’estate?”. L’alternativa non è tra pace e aria condizionata (la pace purtroppo non c’è già più e non è detto che le sanzioni al gas la renderanno più facile). L’alternativa è tra la democrazia e l’aria condizionata. È comprensibile che in un Paese come l’Italia, composto per almeno metà da nipoti di fascisti e figli di comunisti, la democrazia non sia una parola troppo spendibile, ma il punto mi pare sempre lo stesso: se la democrazia, per quanto imperfetta, sia un valore e un modo di vivere da difendere. La frase sulla felicità dei bambini in dittatura scandalizza perché afferma, ma per ipocrisia senza dichiararlo apertamente, che il progresso non esiste e che è meglio rassegnarsi al fatto che la violenza sia la legge ineliminabile che regola i rapporti tra gli esseri umani. Chi l’ha pronunciata e tutti coloro che, meno schiettamente, in nome della pace o degli affari invitano gli aggrediti alla resa, rivelano una concezione disperatamente reazionaria e antidemocratica della storia.

Giacomo Papi

Giacomo Papi è nato a Milano nel 1968. Il suo ultimo romanzo si intitola Happydemia, quello precedente Il censimento dei radical chic. Qui la lista dei suoi articoli sui libri e sull’editoria.