7 pensieri su quel film, quello lì

1. Il nuovo film di Checco Zalone è una normalissima commedia italiana, ben eseguita nel suo genere di normalissima commedia italiana: non c’è niente che non sia telefonato, ma d’altra parte trattasi appunto di normalissima commedia italiana.

2. Perché allora va così forte? Non lo so, di preciso, e di solito cerco di non parlare di argomenti che non conosco: mi piace molto il cinema ma non sono un esperto di cinema. Chi arriva a vedere il film con qualche pregiudizio però potrebbe essere sorpreso: non è “Natale al cesso”, è distante anni luce dai cinepanettoni di Boldi e De Sica. È il nazionalpopolare portato alle estreme conseguenze ma non è becero quasi mai. È tutta una bonaria presa in giro dei difetti degli italiani – presentati in modo a volte sgradevole, come sgradevoli possono essere le risate del pubblico in quei momenti lì – che oscilla tra il sarcastico, l’innocuo e l’assolutorio. Non ha nessun livello di ingresso richiesto, funziona a modo suo dai dieci ai novant’anni di età, e lo spessore ne risente molto: ma fa molto ridere, a giudicare dalle mani sulla pancia di chi era in sala con me.

3. È assurdo che ci sia tutto questo dibattito su una normalissima commedia italiana, sulla quale in realtà non c’è molto da dire. La ragione del dibattito è la vastità del suo successo, e per questo alla fine si parla molto poco del film e molto di noi, ma chi lo va a vedere lo fa probabilmente solo per passare due ore di svago: poi torna a leggere Proust, o Gramellini, o Ken Follett, o Franzen, o i libri di ricette, o a studiare per il prossimo esame. L’idea che a vedere Zalone al cinema vada “l’Italia peggiore”, suggerita da più di qualcuno, può essere accettata solo se viene da chi vive su un pianeta diverso da questo, da chi non mette mai nemmeno il naso oltre il suo microscopico circoletto o da elettori di Sinistra Critica fuori tempo massimo. Forse nemmeno da quelli: al mio amico comunista il film di Zalone è “piaciuto molto”.

4. È anche assurdo che esprimere una qualsiasi opinione sul film di Zalone – anzi: anche solo andarlo a vedere – sia diventato come iscriversi a un partito: ognuno deve scegliere la sua etichetta. Vuoi essere quello così snob che schifa il film di Zalone che stanno guardando tutti? Oppure quello così snob che va a vedere con entusiasmo il film di Zalone perché lo stanno guardando tutti? Oppure quello così scemo che va a vedere il film di Zalone e gli piace pure? Oppure quello che Zalone non gli piace ma lo difende perché gli permette di prendere in giro i vecchi tromboni de sinistra? Nessuno ne esce bene. Anche questo meccanismo dice di noi più di quanto dica di noi il successo del film di Zalone.

5. In ogni caso chi fa un mestiere che lo porta a rivolgersi in generale al pubblico italiano – che sia il politico o il giornalista o il pubblicitario o altro – secondo me dovrebbe vedere il film del comico autore dei tre film italiani dai maggiori incassi di sempre, se non vuole vivere su quell’altro pianeta.

6. Dall’altra parte, suggerirei di tenere in considerazione anche l’ipotesi che il film di Zalone sia un film e basta, al di là che vi faccia ridere o no: che non dica niente su chi siamo e dove stiamo andando, non più di quello che dicono ogni altro giorno dell’anno i dati dell’Auditel o la lista degli articoli più letti sui siti di news.

7. Se vi piace il cinema – il cinema, non solo i film: il cinema – la cosa veramente bella è vedere un film in una sala strapiena di gente di tutte le età: quante volte vi capita in un anno?

Francesco Costa

Vicedirettore del Post, conduttore del podcast "Morning". Autore dal 2015 del progetto "Da Costa a Costa", una newsletter e un podcast sulla politica americana, ha pubblicato con Mondadori i libri "Questa è l’America" (2020), "Una storia americana" (2021) e "California" (2022).