Il sovranismo estremo

Non ho fatto un’indagine nella Rete, ma sono certo che qualcuno non avrà mancato di commentare (il commento sembra ormai diventata l’attività principale di molte persone: il commento, non la riflessione) questa piccola tragedia lontana.
I giornali hanno raccontato che un ventisettenne statunitense, John Allen Chau, missionario cristiano, sbarcò da solo in canoa sull’isola di Nord Sentinel, al largo dell’India, per entrare in contatto con la tribù dei Sentilenese, che là abita e conduce, qualcuno suppone, una tranquilla vita “incontaminata dalla civiltà”. Un centinaio di persone che vivono isolate nella giungla cacciando e pescando. Appena messo piede sulla spiaggia John Allen Chau è stato colpito da decine di frecce ed è morto sul colpo.

Indubbiamente i santilenesiani erano “a casa propria” (ci sono già stati alcuni corretti antropologi e etnografi che ce lo hanno, con un certo sollievo, ricordato). Chau è entrato nel loro territorio, come un inopportuno commesso viaggiatore della religione cristiana.
Ma è normale che lo abbiano fatto fuori? Che diritto hanno i sentilenesi di ammazzare impunemente chi sbarca sulle loro spiagge? Se un abitante di quell’isola avesse un giorno lo sghiribizzo di fare in canoa quel viaggio al contrario e sbarcasse sulle coste dell’India, verrebbe ucciso come un invasore?
Questo esempio estremo di “sovranismo” (a casa mia comando io e faccio quello che mi pare: sparo a chi ci entra; mi comporto con la mia famiglia secondo le “mie leggi e convinzioni”; non permetto a nessuno di impormi delle regole…) ci dovrebbe far un po’ pensare su come ci stiamo imbarbarendo.

Qualche acuto commentatore potrebbe scrivere che John Allen Chau avrebbe fatto meglio a starsene tranquillamente a casa sua e, magari, “fare qualcosa di utile per la sua comunità”. L’idea che il mondo appartiene a tutti, e che esistono dei diritti universali, rischia di tramontare come una bizzarra e pericolosa utopia.
I familiari di Chau hanno intanto fatto sapere, via Instagram, che perdonano gli indigeni.

Francesco Cataluccio

Ha studiato filosofia e letteratura a Firenze e Varsavia. Ha curato le opere di Witold Gombrowicz e Bruno Schulz. Dal 1989 ha lavorato nell’editoria e oggi si occupa della Fondazione GARIWO-Foresta dei Giusti. Tra le sue pubblicazioni: Immaturità. La malattia del nostro tempo (Einaudi 2004; nuova ed. ampliata: 2014); Vado a vedere se di là è meglio (Sellerio 2010); Che fine faranno i libri? (Nottetempo 2010); Chernobyl (Sellerio 2011); L’ambaradan delle quisquiglie (Sellerio 2012); La memoria degli Uffizi (Sellerio 2013); In occasione dell’epidemia (Edizioni Casagrande 2020); Non c’è nessuna Itaca. Viaggio in Lituania (Humboldt Books 2022).