Montagne che non sono Alpi

Dopo capodanno, durante gli ultimi giorni di vacanza, sono andato in montagna per tre giorni di sci. Mi rendo conto che questa frase letta in Italia proietta una certa immagine, uno status di benessere, ma qui in Giappone è diverso. Questo paese è riuscito a popolarizzare qualsiasi sport, persino quelli che altrove sono percepite come palesi dimostrazioni di sfarzo, ad esempio il golf. Mentre qui lo hanno sempre giocato tutti gli impiegati durante il fine settimana, magari perdendo apposta con i superiori, perché anche sui campi tra una buca e l’altra si passa (si passava ormai, è un’abitudine che sta tramontando) il tempo con le persone dell’ufficio. Più che rendere popolari le attività sportive il Giappone ha messo in atto una classemedizzazione, se esistesse il termine, visto che quasi tutta la popolazione si sente abbastanza al sicuro dalla povertà ma anche lontana dai ricchi a cui ha lasciato, come sport esclusivo, solo l’equitazione.

Credo che in Europa il prezzo di due notti in albergo sulle piste da sci con tutta la famiglia, cibo e tutto il resto mi avrebbe fatto riflettere sui conti, le spese, i risparmi, invece qui ce la si fa. Ma come si fa a classemedizzare una vacanza? Semplice: l’albergo è una pensione con le camerate familiari senza bagno o lavandino in camera, i futon vanno presi dall’armadione a muro, fatti e disfatti per conto proprio, la cena è per tutti gli ospiti alle 18.00, non sono ammessi ritardi, come per la colazione alle 7.15 puntuali, si mangia tutti insieme. La cucina è abbastanza poco montana, come sempre in Giappone: non manca il pesce crudo, è lo spirito da popolazione isolana che non si smentisce mai. 

Eppure nel pacchetto vacanza c’è un elemento secondo me di super lusso: il bagno in comune di acqua termale dove immergersi, sciogliersi nell’acqua bollente dopo una giornata di sci. La vasca all’esterno, accessibile per tutta la notte, permette l’esperienza del calore sul corpo nudo mentre si guarda la neve su cui si ha sciato per tutta la giornata. La prima notte c’era una tempesta con -7 gradi e turbini di neve, e dopo pochi minuti mi sono accorto che in cima alla porzione di corpo che rimaneva fuori dall’acqua i capelli, bagnati e esposti al vento, si erano congelati: avevo in testa quelle placche che creava il gel da galli negli anni ‘80, ma ecologiche. 

Avendoli incrociati ripetutamente nella sala ristorante per i pasti, si crea una strana familiarità con gli altri ospiti dell’albergo, specie quando ci si rivede durante il bagno. Meno vestiti si portano e più si è portati alla vicinanza e alla chiacchiera. Chi conosce già i pericoli del gelo avverte gli altri che uscendo per andare nella vasca all’esterno si troverà la maniglia della porta gelata, rischiando di rimanere nudi fuori; è importante portare con sé l’asciugamanino per non rimanere incollati alla suddetta maniglia e nel caso gettare acqua calda per sbloccarla. Creando però così per terra un lastrone di ghiaccio che farà scivolare il prossimo che ci passa sopra.
Mentre condividiamo la grande vasca, chiacchiero con un signore che scoprirò avere 73 anni. È un cliente abituale dell’albergo oltre che uno sciatore appassionatissimo. Parlando dell’Italia mi elogia le grandi figure del passato, Gustav Thöni e Tombalabomba, lo chiama proprio così. Mi dice poi di essere stato a sciare in località meravigliose, Bormio, Stelvio, posti che non ho mai visto e i cui nomi mai mi sarei aspettato di sentire in questa situazione. Continuo ad ascoltarlo mentre mi parla dei diversi stili di sciata, delle scuole europee che sono meglio dello stile insegnato in Giappone, di come gli piace affilare gli sci quanto un rasoio e così sciare sulla neve ghiacciata. Non capisco se è uno sciatore eccelso o un pazzo, ma d’altra parte io non ne so molto, ho ripreso a sciare da pochissimo, dopo che l’ultima volta sullo Zoncolan avevo forse 17 anni e degli sci che in confronto a quelli che si usano adesso erano preistorici. Nel frattempo il piccolo asciugamano bagnato che ho appoggiato sulle rocce  si è trasformato in un solido panneggio marmoreo, quasi un marmo barocco.
Il signore ha un corpo scolpito e asciuttissimo e un po’ di artrosi nelle dita, ci salutiamo e il giorno seguente lo vedrò in una tuta total look nera sulle piste mentre disegna curve elegantissime sulla neve. È con sua moglie che mi dice essere stata sciatrice professionista, l’equivalente giapponese di azzurra di sci. Il tempo della vacanza io l’ho passato sciando e rimanendo a bagno in quell’acqua termale bollente, svegliandomi alle 6 per guardare l’alba sorgere da lì dentro, e non solo per scaldare il corpo ma perché ofuro (l’immergersi nel bagno, in giapponese) dà dipendenza.
L’acqua termale che sgorga fuori da quasi ogni angolo del Giappone è un po’ il risarcimento per dover abitare su diverse placche tettoniche e faglie inquiete; non so se il cambio sia favorevole, ma tanto vale approfittarne.

Flavio Parisi

Flavio Parisi @pesceriso vive in Giappone dal 2004, insegna italiano all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, e l'opera lirica in una università giapponese. Il suo blog personale è Pesceriso.