La politica di cui non si accorge più nessuno

Si dice che manca un’opposizione e che il Partito Democratico è scomparso: ma non è neanche vero, è peggio. A esser cambiata è la percezione della politica, come a parole hanno inteso tutti: ma è nel concreto che il Pd fa finta di niente. Il problema non è soltanto che difettano di un leader da candidare alle elezioni:  Bersani è una brava persona – dico sul serio – e resta un gregario tecnicamente preparato, a me è persino simpatico, ma non è certo l’uomo che possa fare le scarpe a Berlusconi.

Tantomeno può fargliele una coppia di sconfitti come Vendola e Veltroni, e non c’è neanche da spiegare perché. E neppure, ancora, c’è da perdere tempo a ironizzare su certi riflessi ammuffiti che fingono di rianimare l’ambiente: tipo il ticket Chiamparino-Vendola, le rinnovate liti tra veltroniani e dalemiani, il ridicolo fronte popolare proposto da Franceschini, queste cose. Le quali, intendiamoci: sono anche importanti, perché spiegano il paradosso di un partito di opposizione che in caso di voto non sarebbe neppure pronto.

Ma il problema, vero, è che il Pd un’opposizione a suo modo la fa: ma non se ne accorge nessuno. E non se ne accorge nessuno perché la percezione della politica è cambiata, dicevamo. Il 10 agosto il Pd ha diffuso un misconosciuto documento che voleva essere sintetico (12 pagine) in cui spiegava che loro in Parlamento si sono fatti il mazzo, altroché. Date, cifre, circostanze: si poteva leggere di tutte le volte che hanno fatto muro, di tutte le volte che hanno collaborato alla stesura di buone o cattive leggi, di tutte le volte che hanno lasciato l’aula eccetera. Sono stati, tra gli oppositori, i più presenti. E iI governo ne è uscito battuto 53 volte. La morale in sostanza sembrava: noi sì che facciamo opposizione, piantatela di rompere.

La faranno pure, ma non se n’è accorto nessuno: perché? Certo, anche per lo sbrigativo modus di questo Governo: ben 65 decreti legge, la fiducia chiesta 36 volte, qualcosa come 175 leggi approvate di cui ben 150 di iniziativa prettamente governativa. E questo dimostra, indubbiamente, che cosa s’intende quando si dice che il Parlamento è stato «svuotato delle sue prerogative» e insomma conta di meno: l’abbiamo scritto cinquanta volte. Infatti: ormai i meccanismi di opposizione filtrano attraverso una comunicazione diversificata e soprattutto extraparlamentare. Mentre il Pd si faceva un mazzo così nell’emiciclo, cioè, corpulenti figuri come Antonio Di Pietro gridavano «unica opposizione» e sparavano spettacolari idiozie tipo «fascismo, nazismo, regime, mafiosi». E finivano, loro sì, sui giornali.

Non era molto, ma al resto provvedevano piccoli o grandi eventi – sempre extraparlamentari – che altri soggetti  organizzavano e a cui il Pd si accodava per ultimo, col fiatone: manifestazioni, santorate, tutto quanto fa spettacolo e opposizione, oggi. Sta succedendo anche in questi giorni. Mentre il Pd si arrovella attorno a trovate sensazionali e soprattutto mai viste («il nuovo Ulivo») uno che in Parlamento fa solo sceneggiate, Di Pietro, organizza appunto manifestazioni. A esser precisi, come da tradizione, mette il cappello su quelle altrui: dopodiché – ha cominciato ieri – pretenderà di dettare  regole e dirà che certo, il Pd può venire, «a patto che».  A quel punto il Pd farà una serie di distinguo e i vari Di Pietro & popoli viola lo ripeteranno: «Unica opposizione», cioè noi. Unica opposizione a un governo che, beninteso, ci sia ancora.

Filippo Facci

Giornalista e scrittore, lavora a Libero, ha collaborato con il Foglio, il Riformista e Grazia. È autore di Di Pietro, La storia vera