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  • Martedì 13 marzo 2018

Di sconfitte politiche e comunicazione

di Emanuele Nenna

Il tema, non troppo originale in questi giorni, è la sconfitta (fragorosa) del PD.
Può darsi, come ha scritto Francesco Costa qualche giorno fa, appena prima del voto, che il risultato elettorale genererà un disastro. Perché secondo lui l’unica formazione con il minimo di standing e competenza per governare (almeno in qualche modo) sarebbe stata quella dei democratici. O forse, come ha commentato Luca Sofri (bicchiere mezzo pieno) questa batosta costringerà il PD a migliorarsi, a guardare un po’ più avanti. A smettere di accontentarsi di essere l’opzione meno peggio, ma tornare a essere (o iniziare ad essere) la migliore scelta.
Io sono uno dei tanti cittadini delusi e preoccupati, e visto che non posso fare molto per influenzare il corso degli eventi futuri e mi tocca aspettare, approfitto del vuoto momentaneo per piangere un po’ sul latte versato.

Il mio mestiere è comunicare. Vendo campagne di comunicazione per vivere, e vado in giro raccontando che la buona comunicazione porta risultati, successo. E quella cattiva – sbagliata, invisibile, confusa – produce danni, fallimenti. Racconto questa storia ai miei clienti, e a tutto il mercato, perché ci credo fermamente. Per questo mi stupisco che tra tutte le analisi post elettorali che sto leggendo ho trovato pochissimi accenni alle responsabilità della comunicazione – profondamente sbagliata – del PD. Che invece sono convinto abbia un ruolo determinante nella débâcle del centro sinistra.

Ivan Scalfarotto, in un suo post sul Post, analizzando a caldo i motivi della sconfitta sfiora anche l’argomento degli errori di comunicazione. Ma si ferma ai modi e toni: “Una certa arroganza nella comunicazione, quella di chi pensa di fare la cosa giusta per il Paese e dunque va giù come un treno, ma finendo col sembrare incurante del dolore che sta dentro a ogni cambiamento.” Di fatto giustifica i “loro” sbagli con la convinzione di essere nel giusto. Sbagliato, secondo me. Come quelli che dicono: il mio difetto peggiore è di essere troppo buono. Non funziona. Non paga.
Proseguendo, Scalfarotto rivendica alcune delle cose che ritiene abbiano penalizzato il suo partito: “non aver ceduto alle promesse facili e sbagliate, dal reddito di cittadinanza alla flat tax; aver tenuto un profilo riformista in un’epoca di populismi; aver sostenuto l’Europa, i diritti civili, le vite umane nel Mediterraneo”. Tutto giusto. Ma comunicare in modo efficace non vuol dire per forza mentire. O tradire sé stessi. E di nuovo la tentazione di sentirsi “troppo onesti”, “troppo corretti”, e alla fine incompresi.

Io credo che i principali errori di comunicazione del PD non siano legati ai toni ma ai contenuti. A cosa è stato detto e soprattutto a cosa NON è stato detto.
È vero: il “prodotto” del PD è molto difficile da “vendere” (parlando da pubblicitario) per tutti i motivi che riassume magistralmente Michele Serra nella sua amaca dell’11 marzo (leggetela qui, è perfetta). E in più c’è l’aggravante della concorrenza sleale: le più allettanti promesse degli avversari sarebbero certamente bollate come ingannevoli dall’istituto di autodisciplina pubblicitario.
Fatto sta che il PD sembra non ci abbia nemmeno provato.

Il PD non ha detto che l’immigrazione è un problema. Che la sicurezza è un problema. Che la povertà è un problema. Non ha detto: votateci e questi temi diventeranno la nostra priorità. Li risolveremo. Senza affondare i barconi, senza le ruspe, senza un impossibile reddito di cittadinanza, ma li risolveremo. Sappiamo che non si può andare avanti così (perché questo è quello che pensa la grande maggioranza del Paese, quella con cui mettersi in sintonia), ma adesso ci mettiamo al lavoro, e lo faremo giorno e notte, e lo faremo per voi. Faremo QUESTO e QUELLO rispettando i diritti umani e i valori della democrazia. Ma faremo. Rispettare i diritti umani, muoversi con coerenza sui propri valori, stare dalla parte dei più deboli è il COME, non è il COSA. Le persone volevano anche il cosa, ne avevano bisogno. Sono andati a votare per quello. Il PD ha raccontato di sé, dei suoi valori, della sua vera o presunta differenza culturale. Ma questa non è una ragione sufficiente per essere votati.

“Stop invasione” è un messaggio spaventoso. Ma dice: abbiamo un problema, e ce ne facciamo carico: lo risolveremo. Anche con le bombe, se serve.
“L’immigrazione è un’opportunità” è un bel messaggio, e una verità storica, ma dice: il problema non esiste, sono quei razzisti della lega che ce lo dipingono così. Invece le persone si trovano anche in situazioni in cui vivono disagio dell’immigrazione non gestita, della delinquenza, dello spaccio. Nel loro quotidiano per loro è un problema. Anche per quelli di sinistra. E se non trovano qualcuno dei “buoni” che li capisce, e se sono esasperati, si rifugiano anche nelle braccia sbagliate. Non necessariamente perché sono stupidi o ignoranti. E tantomeno cattivi.

Non è mai colpa degli altri se non veniamo capiti.
Se in più crediamo sinceramente di avere cose più intelligenti, serie, eque, rispettose, contemporanee da dire, e nessuno ci capisce, allora il nostro peccato diventa mortale. E speriamo solo in senso figurato.

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