Reiwa, la nuova epoca del Giappone


Il primo di aprile qui è iniziato l’anno scolastico: in mezzo ai fiori bianchi ormai completamente sbocciati le mamme e i papà hanno portato i bambini all’asilo, gli studenti hanno varcato per la prima volta i portali dell’università: in Giappone l’inizio degli studi ha lo slancio della primavera,  le foto del primo giorno hanno i ciliegi in fiore. La stessa mattina, in una sala segreta e controllatissima del parlamento, una commissione composta da membri del governo, capi istituzionali e altri personaggi ha scelto il nome della nuova era del Giappone: Reiwa (令和).

A differenza della datazione cristiana che parte da zero e procede presumibilmente all’infinito, qui ogni imperatore è in carica per un periodo chiamato con un nome diverso, nome che finisce per essere dato all’imperatore stesso. Chi ama queste cose può riflettere sulla concezione impermanente del tempo in oriente, sulla consapevolezza della fine di ogni cosa e su altri concetti estetici o estetizzanti. Questo anno, il 2019, è cominciato con un nome e finirà con un altro cambiandolo il 1 maggio, quando l’imperatore attuale abdicherà ponendo fine all’era Heisei. Invece di pensare al passato in termini di decadi, in Giappone ci si riferisce ai periodi indicati dai cicli imperiali; ad esempio l’epoca Showa (ironicamente scritta con i caratteri di illuminato e armonia) comprende un periodo lunghissimo che va dal primo dopoguerra ai fenomenali anni ‘80 ma viene di solito usato per riferirsi a quel mix di tradizione e contemporaneità dagli anni ‘60 agli ‘80: tatami e mobili con i piani in fòrmica, padri severi e figlie cotonate che vanno a ballare in discoteca, boom economico, shinkansen e rinascita del Paese dalle ceneri della guerra.

Adesso resta un mese per vivere questa epoca Heisei (diffusa pace?) durata 30 anni di crisi economica, incertezza, apertura incerta verso l’esterno e disastri naturali. Ma che significa la nuova parola Reiwa? Forse niente, visto che è una termine che finora non esisteva. I due caratteri che la compongono quasi non hanno una vita indipendente, e di certo non sono la classica combinazione di sostantivo e aggettivo. Il primo kanji, rei, si usa in parole che significano comando, ordine, imperativo, regola. Il secondo è un carattere che di volta in volta significa armonia, pace, concordia e Giappone; si usa spesso nei nomi dati alle epoche. È chiaro che ognuno può interpretare questa combinazione come vuole, come pace imposta da un ordine imperioso o, come hanno spiegato i ministri con il riferimento a una raccolta poetica dell’ottavo secolo, il vento di primavera che, dopo l’inverno, fa schiudere i boccioli di pruno. Insomma è una pagina bianca che ognuno può riempire come vuole, come un’epoca che sta per cominciare.

Flavio Parisi

Flavio Parisi @pesceriso vive in Giappone dal 2004, insegna italiano all'Istituto Italiano di Cultura di Tokyo, e l'opera lirica in una università giapponese. Il suo blog personale è Pesceriso.