I pochi eletti

La cosa che mi piace di questo referendum sul taglio dei parlamentari è che sembra fatto apposta per introdurre il distanziamento sociale anche nella politica. In questi anni le foto delle aule deserte si sono sprecate, ma l’idea che anche deputati e senatori siano costretti a stare lontani come i ragazzini delle medie, mi affascina. Perché è di questo che tra le opposte fazioni, tra chi si fregia del risparmio e incita alla punizione esemplare inflitta ai politici e chi invece grida alla fine della rappresentanza democratica, nessuno si è ancora occupato.

Che cosa accadrà agli spazi? Che cosa succederà nelle commissioni? A chi andranno gli uffici di deputati e senatori vacanti? Che impatto avrà la riforma sul fatturato del bar? E gli stenografi stenograferanno meno? Che cosa succederà nella mensa? Saranno costretti a ridurre gli ordini e il personale oppure i pochi eletti saranno costretti a mangiare il doppio? Che vita farà il barbiere di Montecitorio? Taglierà meno capelli oppure, visto che i diritti acquisiti sono acquisiti in eterno, li taglierà facendosi pagare dallo Stato – ovviamente non dai parlamentari – il doppio dei soldi per ogni capello? L’idea di dotare gli scranni di rotelle è stata valutata?

La sovrabbondanza di spazio per chi riuscirà a essere eletto non si tradurrà, invece che in un esiguo risparmio, in un altrettanto esiguo spreco di soldi? Respingo da solo la domanda al mittente, quindi a me stesso. È un pensiero venale e volgare. I soldi non sono tutto, in politica è importante anche la dimensione simbolica. Ma mi chiedo se questo referendum sia tutto un complotto per stare più comodi. Dopo il trionfo dei sì, per i pochi eletti sarà come andare a vivere in una casa più grande, a prendere il sole in una spiaggia deserta, a bere champagne nel privée più esclusivo del Billionaire; sarà come ritrovarsi in cinquanta in un ufficio open space che, prima, era concepito per cento, come andare al lavoro in un vagone della metropolitana tutto per sé.

Immagino i pochi deputati e i pochi senatori dei 5 stelle della prossima legislatura – la maggior parte al terzo mandato – che saltelleranno felici per la Buvette, con la faccia incazzosa perché questo prescrive lo sdegno – e prescriverà il risultato delle prossime politiche – ma gongolanti in segreto per l’agiatezza conquistata grazie alle urne. Non dovranno più fare file dal barbiere, al ristorante non dovranno più disputarsi un tavolo o l’attenzione del cameriere con uno del’UDC, avranno a disposizione eserciti di valletti, falangi di stenografi e stuoli di giornalisti assembrati per strappargli un virgolettato.

La fine della casta coincide sempre con il trionfo dell’élite.

P.S. Questa non è una dichiarazione di voto.

Giacomo Papi

Giacomo Papi è nato a Milano nel 1968. Il suo ultimo romanzo si intitola Happydemia, quello precedente Il censimento dei radical chic. Qui la lista dei suoi articoli sui libri e sull’editoria.