Alle isole Eolie vogliono smettere di strapagare l’acqua

Viene portata ogni giorno via nave con un appalto da milioni di euro all'anno, gestito dal ministero della Difesa: i nuovi impianti dissalatori voluti dal comune di Lipari potrebbero cambiare le cose

L'isola di Stromboli
L'isola di Stromboli (Fabrizio Villa/Getty Images)
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La mancanza di acqua è una delle ragioni per cui è complicato vivere alle isole Eolie: con sole due fonti ormai in stato di abbandono, l’acqua deve essere portata quasi ogni giorno via nave dalla Sicilia, scaricata in grandi cisterne e pompata nelle case. Fare tutto questo costa tantissimo. Finora la fornitura via nave era l’unico modo per avere un approvvigionamento regolare, indispensabile per permettere alle persone di vivere sulle isole e ai turisti di andarci in vacanza. Da circa un anno però il comune di Lipari si è deciso a cambiare approccio: l’idea è di rendere le isole autosufficienti grazie ai dissalatori, impianti che trasformano l’acqua di mare in acqua potabile.

Lipari, Alicudi, Filicudi, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano si trovano nel mar Tirreno, a nordovest di Messina. Il comune di Lipari le amministra tutte ad eccezione di Salina, divisa tra i comuni di Leni, Santa Maria Salina e Malfa. Come per tutte le isole italiane, lo Stato garantisce alle Eolie alcuni benefici per la loro condizione, isolata per definizione: gli approvvigionamenti – oltre all’acqua ce ne sono molti altri, come per la benzina e i medicinali – vengono pagati con soldi pubblici in parte direttamente dallo Stato, in parte con contributi dati agli enti locali. Questa condizione così particolare ha fatto sì che per decenni in pochi si siano posti il problema dei costi di queste forniture essenziali, ma le cose sono cambiate quando ci si è resi conto di quanto siano alti.

Nell’ottobre del 2021 l’autorità anticorruzione, l’ANAC, pubblicò una delibera con un’analisi dell’appalto di fornitura che è gestito dal ministero della Difesa, e per questo difficile da controllare. Il servizio dovrebbe essere garantito direttamente dal ministero, che però nella sua flotta non ha navi cisterna autorizzate al trasporto di acqua potabile.

Gli appalti di questo tipo dovrebbero essere regolati da gare, in questo caso però il mercato è così contenuto che la competizione non esiste. In Italia ci sono solo due aziende autorizzate a trasportare grandi quantità di acqua potabile su navi cisterna. Sono la Marnavi e la Vetor, che insieme hanno creato la Vemar, un’unica società con 15 navi, 6 della Marnavi e 9 della Vetor. Di fatto gli appalti, che oltre alle isole siciliane riguardano le isole della Puglia come le Tremiti e le isole pontine nel Lazio, vengono assegnati in un regime di monopolio.

Il risultato è che i bandi vengono replicati identici da anni, con costi o servizi mai aggiornati. L’appalto per tutte le isole minori della Sicilia (oltre alle Eolie ci sono le Egadi e le Pelagie, come Lampedusa e Linosa) vale poco più di 20 milioni di euro all’anno per il trasporto di 1,7 milioni di metri cubi di acqua potabile. Il prezzo al metro cubo è di 11,67 euro a cui va aggiunta l’IVA agevolata al 10%. Un metro cubo di acqua a Milano costa poco più di 50 centesimi.

Tra i tanti problemi ci sono i controlli, che non si sa bene a chi spettino. Il ministero sostiene che non siano di sua responsabilità nonostante gestisca tutte le procedure, la Regione Siciliana invece dice di avere la competenza delle forniture idriche, ma di non doversi occupare dei controlli sulla regolare consegna dei carichi nelle isole.

Controlli puntuali sono stati fatti dalla procura di Barcellona Pozzo di Gotto, che alla fine del 2023 ha concluso le indagini sull’approvvigionamento idrico delle Eolie. Gli investigatori hanno verificato la quantità di acqua consegnata trovando alcune presunte irregolarità: hanno stimato un danno erariale di 555mila euro, e ipotizzato i reati di frode in contratti e truffa aggravata ai danni dello Stato. L’accusa sostiene che l’azienda Marnavi avrebbe rendicontato più metri cubi di acqua di quelli effettivamente versati nelle cisterne delle isole. In totale sono state indagate 44 persone tra funzionari e dirigenti della società.

Tutti questi problemi non ci saranno più se il piano presentato lo scorso anno dal comune di Lipari andrà a buon fine. Prevede di installare dissalatori sulle isole, cioè impianti che aspirano l’acqua salata del mare, la filtrano e ne ricavano acqua dolce che viene immessa nella rete idrica. Al centro della produzione c’è un processo chiamato osmosi: l’acqua salata viene spinta attraverso una membrana semipermeabile che trattiene il sale e depositata in vasche dove viene analizzata. Successivamente vengono aggiunti ipoclorito di sodio, bicarbonato di sodio e cloruro di calcio per renderla potabile. A quel punto può essere immessa nella rete idrica.

Negli ultimi 20 anni in Italia ne sono stati installati alcuni a partire proprio dalle piccole isole, dove le fonti sono rare e con una portata insufficiente per soddisfare il fabbisogno di abitanti e turisti. Lipari e Vulcano ne hanno uno ciascuno, ma negli ultimi anni sono stati utilizzati al di sotto delle loro capacità. Anche se produrre acqua dai dissalatori è un processo comunque costoso perché serve molta energia, il risparmio rispetto alla fornitura via mare sarebbe significativo: il costo dell’acqua prodotta dalla dissalazione è tra 2 e 3 euro al metro cubo.

Una strada di Stromboli

Una strada di Stromboli (Fabrizio Villa/Getty Images)

Il progetto di installare un dissalatore su ogni isola è stato presentato dall’ingegner Giuseppe Fulco, che ha proposto al comune di Lipari di partecipare a uno specifico bando del PNRR, il piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano intende spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund. Insieme a un gruppo di tecnici, Fulco ha preparato le schede di progetto in modo volontario e gratuito, per dare una mano al comune dove trascorre buona parte dell’anno.

I dissalatori scelti per le Eolie sono piccoli e modulari, cioè possono essere ingranditi a seconda dei bisogni. Inizialmente era stato proposto di installarne 6: a Stromboli, Ginostra, Panarea, Alicudi, Filicudi e nella frazione di Acquacalda di Lipari. Il comune, tuttavia, ha scelto di escludere i dissalatori di Ginostra e Acquacalda. «Essendo di piccole dimensioni hanno tutti un bassissimo impatto ambientale», dice Fulco. «In più abbiamo pensato di ricavare l’energia per farli funzionare da impianti geotermici». L’investimento totale è di circa sette milioni e mezzo di euro: 2,2 milioni per Stromboli, 2,4 per Panarea, 1,8 milioni per Filicudi e 1,1 milioni per Alicudi.

Il comune di Lipari ha firmato la convenzione con il ministero, che ha già dato il primo acconto, ma negli ultimi mesi le procedure non sono andate avanti spedite come fino allo scorso anno. Il sindaco Riccardo Gullo dice che non c’è da temere perché tutto sta andando secondo i piani, e nelle prossime settimane si potranno avere notizie più dettagliate sui cantieri. Secondo Gullo gli impianti saranno una svolta per le isole: «Oltre a essere costoso, portare l’acqua qui è spesso un’impresa: le navi sono spesso bloccate dal mare grosso. Produrre acqua direttamente sulle isole è più sicuro e conveniente».

Nel progetto complessivo del PNRR presentato dalle Eolie ci sono anche un nuovo sistema di raccolta dei rifiuti, impianti di compostaggio, una flotta di veicoli elettrici e ibridi, lavori per migliorare l’efficienza energetica degli edifici pubblici, impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili con sistemi di accumulo. In totale Lipari ha presentato progetti per 53 milioni di euro.

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