Franco Di Mare, la Rai e la sua malattia

Il giornalista ed ex inviato di guerra ha raccontato di avere un mesotelioma, e di essere stato trattato con indifferenza dall'azienda per cui ha lavorato per decenni

(Nove)
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Domenica il giornalista ed ex direttore di Rai 3 Franco Di Mare è stato ospite al programma Che tempo che fa, che va in onda su Nove ed è condotto da Fabio Fazio. Collegato da casa per presentare il suo nuovo libro, Le parole per dirlo. La guerra fuori e dentro di noi, Di Mare ha raccontato di avere un mesotelioma, un tumore raro che colpisce più frequentemente gli uomini ed è associato soprattutto all’esposizione all’amianto. Di Mare ha collegato la malattia all’attività che svolse da inviato di guerra tra la fine degli anni Novanta e la prima metà degli anni Duemila: «[Il mesotelioma] si prende perché si respirano particelle di amianto senza saperlo, una volta liberata nell’aria la fibra ha un tempo di conservazione lunghissimo, e quando si manifesta è troppo tardi», ha detto, aggiungendo di essere consapevole di avere «poco da vivere».

Rispondendo alle domande di Fazio, Di Mare ha detto di essere rimasto deluso dall’atteggiamento della Rai, azienda per cui ha lavorato per molti anni, che avrebbe mostrato una certa indifferenza nei confronti di alcune sue richieste relative alla malattia.

Capisco che ci siano ragioni sindacali e legali, io chiedevo lo stato di servizio, l’elenco dei posti dove sono stato per sapere cosa si potrebbe fare. Non riesco a capire l’assenza sul piano umano, persone a cui davo del tu che si sono negate al telefono. Trovo un solo aggettivo: è ripugnante.

Franco Di Mare ha 68 anni: cominciò la sua carriera negli anni Ottanta, lavorando come cronista giudiziario per L’Unità e Radiocor, l’agenzia stampa del Sole 24 Ore. Nel 1991 entrò nella redazione esteri del Tg2, per cui si è occupato di guerre in varie parti del mondo, fra cui la Bosnia, il Kosovo e l’Afghanistan. Dopo aver condotto vari programmi, tra cui Unomattina, Unomattina Weekend e La vita in diretta, dal maggio 2020 al giugno del 2022 è stato direttore di Rai 3.

Di Mare ha parlato del tumore anche in un’intervista pubblicata domenica, poche ore prima dell’inizio di Che tempo che fa, dal Corriere della Sera, in cui ha raccontato che la malattia gli fu diagnosticata nel 2021.

Una fitta terribile mi è esplosa tra le scapole, una coltellata. Credevo fosse un dolore intercostale. Invece era il collasso della pleura, uno pneumotorace. Pensai: non è niente, passerà. Ho cambiato posizione, mi sembrava di sentirla meno. Ci ho dormito su, però respiravo male. Credevo di avere il Covid, ma i test risultavano negativi. Dopo 20 giorni così, mi decisi a fare dei controlli al Policlinico Gemelli.

«Da inviato di guerra sono stato a lungo nei Balcani, tra proiettili all’uranio impoverito, iper-veloci, iper-distruttivi, capaci di buttare giù un edificio», ha detto sempre al Corriere della Sera. «Ogni esplosione liberava nell’aria infinite particelle di amianto. Ne bastava una. Seimila volte più leggera di un capello. Magari l’ho incontrata proprio a Sarajevo, nel luglio del 1992, la mia prima missione. O all’ultima, nel 2000, chissà».

Anche al Corriere ha parlato del trattamento ricevuto in Rai. Ha raccontato di aver chiesto l’elenco delle missioni svolte «per supportare la diagnosi», e di aver mandato almeno dieci mail a diversi dirigenti, dall’amministratore delegato in giù, senza ricevere risposta: «Con alcuni prendevo il caffè ogni mattina. Ero un dirigente come loro, direttore ad interim di Rai 3. Gli ho scritto messaggi sul cellulare chiamandoli per nome: “Ho una malattia terminale”. Mi hanno ignorato».

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