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  • Mercoledì 24 aprile 2024

Le cose che si trovano sul fondo del lago di Bolsena, nel Lazio

17 quintali di rifiuti tra pneumatici, estintori, bombole di gas e un lavandino: è stata fatta una pulizia straordinaria in vista di un nuovo percorso subacqueo intorno all'area archeologica sommersa

Un’area del Gran Carro di Bolsena
L'Aiola nel Gran Carro di Bolsena (Immagine tratta dal sito della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Roma e la provincia di Rieti)
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Domenica circa cinquanta sommozzatori hanno partecipato a un’operazione di pulizia straordinaria del lago di Bolsena, in provincia di Viterbo, recuperando in totale 17 quintali di rifiuti vari tra pneumatici, rottami metallici e reti da pesca, ma anche estintori, bombole di gas e un lavandino. L’iniziativa era legata all’ambizioso progetto di aprire un percorso subacqueo attorno a un sito archeologico sommerso nella parte orientale del lago, possibile grazie ai fondi del PNRR, il Piano nazionale di ripresa e resilienza con cui il governo italiano intende spendere i finanziamenti europei del Recovery Fund.

Il lago di Bolsena è il quinto lago più grande d’Italia e il più grande di origine vulcanica in Europa. Si trova nel nord del Lazio, nell’Alta Tuscia, un’area al confine con Toscana e Umbria popolata fin dalla fine del Neolitico, circa 3.500 anni prima di Cristo. Vicino alla sponda orientale del lago c’è appunto il complesso archeologico del cosiddetto Gran Carro di Bolsena, una delle più importanti testimonianze della prima età del ferro nell’Italia centrale: comprende alcune palafitte risalenti al decimo-nono secolo a.C., resti di abitazioni e un complesso a pianta ellittica in pietrame informe chiamato “Aiola”, dalla funzione non chiara, databile grossomodo allo stesso periodo.

Il complesso è noto dagli anni Cinquanta, e da allora è stato largamente studiato: fino al 1985 furono recuperati circa 4.500 reperti in ceramica e bronzo, perlopiù integri, poi dal 2012 sono riprese le analisi a cura della Soprintendenza Archeologica dell’Etruria Meridionale. Nel 2020 grazie a nuove ricognizioni subacquee è stato possibile stabilire che l’Aiola era parte integrante del villaggio, e ipotizzare che fosse una struttura legata alla presenza di sorgenti di acqua termale: come ha notato la Soprintendenza, infatti, dall’Aiola fuoriescono effettivamente sorgenti di gas e acque termali a 30 e 40 °C. Nel 2021, poi, un’esercitazione dei sommozzatori della Guardia di Finanza ha trovato una moneta con la faccia di Costantino, quindi databile intorno al IV secolo dopo Cristo, e un coltello di 15 centimetri che invece è ritenuto molto più antico.

La pulizia del lago di domenica è stata organizzata dalla Soprintendenza, in collaborazione con il Comune di Bolsena, le forze dell’ordine e la protezione civile. All’operazione hanno partecipato in maniera volontaria i sub della fondazione ambientalista Marevivo, assieme a quelli del servizio Archeologia della Soprintendenza, dei carabinieri di Roma e Bolsena e della guardia di Finanza di Civitavecchia. Sempre il Comune di Bolsena si è incaricato dello smaltimento dei rifiuti recuperati.

Al momento non ci sono molti dettagli sul progetto del percorso subacqueo nell’area archeologica del Gran Carro. Come ha scritto ViterboToday, il percorso dovrebbe riguardare l’antica area abitata attorno ai resti delle palafitte e fa seguito al protocollo di intesa firmato a febbraio scorso tra la Soprintendenza e Marevivo per una serie di attività formative, didattiche e divulgative. Nel frattempo, la scorsa estate la Soprintendenza aveva organizzato alcune immersioni sempre nella stessa area del lago, per accompagnare turisti e curiosi nella visita del sito sommerso.

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