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  • Giovedì 28 dicembre 2023

Il 2023 in 102 prime pagine

Una selezione di quello che è stato importante quest'anno, o che i giornali hanno ritenuto importante, che spesso sono due cose differenti

Malgrado gli ultimi due anni del nostro mondo siano stati drammatici, considerando soprattutto le due grandi e sanguinose guerre iniziate in paesi a noi vicini, l’impressione – a completare l’annuale rassegna delle più memorabili prime pagine dell’anno sui quotidiani – è che intorno a quegli eventi sia successo davvero poco di solido, duraturo, rilevante. Dipenderà anche dalle scelte dei quotidiani stessi, ma sfogliare quelle prime pagine dei mesi passati dà la sensazione che siano passati cinque o dieci anni: notizie durate lo spazio di 24 ore e poi sparite, titoli già incomprensibili oggi, o formule rituali che si ripetono ciclicamente, occupano la gran parte delle aperture dei giornali, con gli “eventi” che svaniscono rapidamente.

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Dipenderà certamente anche dall’intensità e frequenza delle notizie, notifiche, informazioni che riceviamo: e che rende tutto passeggero e confuso. Ma tutto questo, unito a un periodo di scarsissima creatività grafica nel design dei giornali (dopo aver seguito il declino dei contenuti imposto dalle homepage, adesso anche nella forma le prime pagine di carta assomigliano al disordine affollato di certe homepage: per esempio con un uso rarissimo dei titoli a tutta pagina, per lasciare sempre un po’ di spazio a qualcos’altro), conferma una certa delusione di cui già scrivemmo gli scorsi anni.

Una certa maggior creatività, o disponibilità all’uso di immagini o di titoli a tutta pagina, o a liberarsi dalle rigidità dei riquadri (o dalle pigrizie nei titoli), o a costruire convivenze di immagini, titoli e testo, si possono vedere in alcuni esempi dalle precedenti raccolte pubblicate sul Post.

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Questa selezione è quindi quasi sempre una selezione di notizie, più che di forma che è stata data alle notizie: di quello che è stato importante, o che i giornali hanno ritenuto importante, che spesso sono due cose differenti. Come confermano alcune prime pagine che già ci fanno battere la fronte come si fa davanti a una cosa che si era dimenticata. Ma non troverete in questa raccolta – 102 prime pagine su più di 15mila mostrate quest’anno sul Post – tantissime notizie durate lo spazio di un giorno o due (soprattutto di politica); non ci troverete i tanti titoli che – a causa della deriva da gioco di parole – suonano oggi incomprensibili perché non spiegano quale fosse la notizia (facciamo una eccezione per il Manifesto, precursore del genere e che ogni tanto indovina la battuta); non ci troverete i titoli slogan in difesa del governo e contro le opposizioni che sono la scelta quotidiana di alcune testate, o quelli sterilmente contro il governo di altre; non ci troverete le prime pagine che sembravano dare come imminenti le dimissioni di questo o quel membro del governo (Valditara, Santanché, Sgarbi) né quelle che sembravano dare come fondamentale la loro difesa; non ci troverete tutte le occorrenze di “apocalisse”, “terrore”, “bufera”, “calvario”, “allarme”, “choc”, “orrore”, “rabbia”, “lacrime”, “paura”, “morte”, “strage”, ma solo una loro quota inevitabile; non ci troverete qualche fatto storico che invece resterà ma che non ha trovato gran spazio sulle prime pagine italiane (il nuovo presidente argentino, per esempio); non ci troverete molte delle prime pagine sui femminicidi o sulle violenze contro le donne perché a metterle tutte si sarebbe coperto quasi ogni giorno dell’anno.

Ci troverete notizie grosse, notizie sbagliate, notizie importanti per questa o quella regione o città, cose di cui abbiamo parlato, scelte anomale, alcuni titoli buffi, persino qualche rara buona notizia. Un po’ del 2023, quello visto dai quotidiani, che nel bene e nel male continuano a essere responsabili di buona parte di quello di cui parliamo e che sappiamo.