La Bielorussia ha ripristinato i controlli alla frontiera con la Russia dopo 28 anni, forse per impedire la fuga dei russi che non vogliono arruolarsi e combattere in Ucraina

Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko e quello russo Vladimir Putin (Mikhail Klimentyev, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)
Il presidente bielorusso Alexander Lukashenko e quello russo Vladimir Putin (Mikhail Klimentyev, Sputnik, Kremlin Pool Photo via AP)

Per la prima volta dopo 28 anni la Bielorussia ha ripristinato i controlli alla frontiera con la Russia, paese con cui confina per circa 1.000 chilometri. La frontiera era stata creata dopo la fine dell’Unione Sovietica nel 1991, con la proclamazione dell’indipendenza da parte della Bielorussia, e i controlli erano rimasti attivi fino al 1995, quando il governo bielorusso e quello russo si accordarono per interromperli. Allora come anche oggi alla presidenza della Bielorussia c’era Alexander Lukashenko, che è uno stretto alleato del presidente russo Vladimir Putin e che sostiene la Russia nella guerra in Ucraina.

Il ministro degli Esteri bielorusso, Sergei Aleinik, ha spiegato mercoledì che i controlli alla frontiera sono stati ripristinati in vista dell’imminente entrata in vigore di un accordo firmato nei mesi scorsi dai governi di Russia e Bielorussia sul riconoscimento reciproco dei visti internazionali: l’accordo prevede che le persone non russe e bielorusse che abbiano il visto di un uno dei due paesi possano entrare liberamente nell’altro.

Ma secondo alcuni rappresentanti di Viasna – ong per i diritti umani fondata dal premio Nobel per la Pace Ales Bialiatski per dare assistenza finanziaria e legale ai prigionieri politici bielorussi e alle loro famiglie – il ripristino dei controlli servirebbe in realtà a impedire ai cittadini russi di fuggire in Bielorussia, per evitare di essere arruolati nell’esercito e andare a combattere in Ucraina.